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Bilanciamento circostanze: il peso prevale sul numero

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38770/2024, ha stabilito che nel bilanciamento circostanze aggravanti e attenuanti, il giudice deve valutare il ‘peso’ e l’incidenza di ciascuna sulla gravità del reato, non limitarsi a un mero conteggio numerico. Nel caso specifico, la Corte ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto equivalente l’aggravante del reato associativo con l’attenuante del vizio parziale di mente, anche dopo aver escluso la recidiva dal calcolo, in virtù della particolare offensività del reato contestato.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bilanciamento circostanze: la Cassazione chiarisce che il peso conta più del numero

Il bilanciamento circostanze attenuanti e aggravanti è uno dei momenti più delicati nel processo penale, in quanto incide direttamente sulla determinazione della pena. Con la recente sentenza n. 38770 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema cruciale, ribadendo un principio fondamentale: la valutazione del giudice non può essere un mero calcolo matematico, ma deve basarsi sul ‘peso’ specifico e sulla gravità di ogni singola circostanza. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). All’imputato era stata riconosciuta l’attenuante del vizio parziale di mente. In una precedente fase del giudizio, la Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza d’appello, rilevando un errore di diritto: i giudici avevano erroneamente considerato la recidiva nel giudizio di bilanciamento, nonostante questa fosse stata esclusa in primo grado.

La Corte d’Appello, in sede di rinvio, era quindi chiamata a riesaminare il bilanciamento circostanze tra l’aggravante del reato associativo e l’attenuante del vizio parziale di mente, questa volta senza tenere conto della recidiva. Nonostante l’eliminazione di un’aggravante dall’equazione, la Corte d’Appello ha confermato il precedente giudizio di equivalenza, ritenendo che la particolare offensività del reato contestato fosse di per sé sufficiente a impedire la prevalenza dell’attenuante. L’imputato ha quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte di merito si fosse sottratta al suo compito e che la conferma della stessa pena costituisse una riforma in peggio (reformatio in peius).

La Decisione della Corte di Cassazione sul bilanciamento circostanze

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo gli Ermellini, la precedente sentenza di annullamento si era limitata a correggere un errore di diritto (l’inclusione della recidiva), lasciando al giudice del rinvio la piena autonomia nella valutazione di merito del nuovo bilanciamento circostanze. Quest’ultimo non è un’operazione automatica, ma un giudizio discrezionale che deve essere adeguatamente motivato.

La Corte ha affermato che la motivazione della Corte d’Appello, sebbene sintetica, era sufficiente. I giudici di merito avevano infatti spiegato le ragioni per cui l’aggravante legata al reato di cui all’art. 416-bis c.p. possedeva una gravità tale da giustificare, da sola, un giudizio di equivalenza con l’attenuante. In questo modo, è stato rispettato il compito affidato dalla Cassazione.

Le Motivazioni: Il “Peso” delle Circostanze vs. il Calcolo Numerico

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella riaffermazione di un consolidato principio giurisprudenziale: il giudizio di cui all’art. 69 c.p. non si riduce a un confronto numerico tra aggravanti e attenuanti. Il giudice non deve semplicemente ‘contare’ quante circostanze pendono da un lato e quante dall’altro. Al contrario, egli deve compiere una valutazione qualitativa, ponderando il ‘peso’ di ciascuna circostanza, ovvero la sua concreta incidenza sulla gravità del fatto e sulla personalità del reo.

La Corte richiama un precedente risalente al 1982 (Sez. 2, n. 4357) per sottolineare come il convincimento del giudice debba fondarsi su una ‘valutazione globale’ che consideri l’impatto di ogni elemento. Un’unica aggravante di eccezionale gravità può legittimamente essere considerata equivalente o addirittura prevalente rispetto a molteplici attenuanti di scarso rilievo, e viceversa. Nel caso di specie, la particolare offensività e il disvalore sociale del reato associativo sono stati ritenuti elementi di tale ‘peso’ da bilanciare l’attenuante soggettiva del vizio parziale di mente, anche in assenza della recidiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel bilanciamento circostanze, purché la sua decisione sia supportata da una motivazione logica e coerente che dia conto del percorso valutativo seguito. In secondo luogo, chiarisce che l’eliminazione di un’aggravante in sede di rinvio non comporta automaticamente un esito più favorevole per l’imputato. Il nuovo giudizio deve essere effettivo, ma il suo risultato non è predeterminato. Infine, la decisione ribadisce che la valutazione deve essere qualitativa e non quantitativa, valorizzando la gravità intrinseca delle singole circostanze nel contesto complessivo del reato commesso. Questo principio garantisce che la pena sia realmente proporzionata alla gravità del fatto e alla colpevolezza del reo.

Come viene effettuato dal giudice il bilanciamento delle circostanze secondo questa sentenza?
Il giudice non deve effettuare un mero conteggio numerico delle circostanze aggravanti e attenuanti. Deve invece compiere una valutazione qualitativa e globale, ponderando il ‘peso’ e l’incidenza di ciascuna circostanza rispetto alla gravità complessiva del fatto e alla personalità dell’imputato.

L’esclusione di una circostanza aggravante come la recidiva porta automaticamente a una pena più mite?
No. La sentenza chiarisce che l’esclusione di un’aggravante impone al giudice di effettuare una nuova e corretta valutazione, ma l’esito non è scontato. Un’altra aggravante, se ritenuta di particolare ‘peso’ e gravità, può essere sufficiente a giustificare un giudizio di equivalenza o prevalenza, mantenendo invariata la pena.

Cosa significa che la valutazione delle circostanze è discrezionale?
Significa che la legge conferisce al giudice un margine di autonomia nel decidere se le circostanze attenuanti prevalgano, equivalgano o soccombano rispetto a quelle aggravanti. Questa discrezionalità non è arbitraria, ma deve essere esercitata attraverso una motivazione logica e congrua che spieghi le ragioni della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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