Bilanciamento Circostanze: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile
Il bilanciamento circostanze è uno dei momenti più delicati nel processo penale, in cui il giudice soppesa gli elementi a favore e a sfavore dell’imputato per determinare la giusta pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui questa valutazione può essere contestata, riaffermando la centralità della discrezionalità del giudice di merito. Analizziamo insieme questo importante provvedimento.
I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Valutazione delle Circostanze
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza riguardava il giudizio di comparazione tra le circostanze del reato. In particolare, il ricorrente lamentava che i giudici non avessero fatto prevalere le circostanze attenuanti generiche sull’aggravante specifica contestata (prevista dall’art. 61, n. 2 del codice penale), optando invece per un giudizio di equivalenza.
Secondo la difesa, questa scelta non era adeguatamente motivata e non teneva conto degli elementi a favore dell’imputato, risultando in una pena più severa di quella che sarebbe stata applicata in caso di prevalenza delle attenuanti.
La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: la valutazione e la comparazione delle circostanze costituiscono un’attività tipica del giudizio di merito, che non può essere messa in discussione in sede di Cassazione, a meno che non presenti vizi macroscopici.
Il corretto bilanciamento delle circostanze secondo la Corte
La Corte ha sottolineato che la scelta di ritenere equivalenti le circostanze attenuanti e aggravanti, anziché far prevalere le une sulle altre, è espressione del potere discrezionale del giudice. Questo potere non è sindacabile se la decisione non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico e se è supportata da una motivazione sufficiente.
Le Motivazioni della Corte: la Discrezionalità del Giudice di Merito
Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sul principio della distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) ha il compito di analizzare i fatti, le prove e la personalità dell’imputato per commisurare la pena. Il bilanciamento circostanze rientra pienamente in questa sfera valutativa.
La Corte di Cassazione, invece, esercita un controllo di legittimità: non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma deve solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e completa. Citando un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 10713/2010), la Corte ha ricordato che è sufficiente una motivazione che giustifichi la scelta dell’equivalenza come la soluzione più idonea a garantire l’adeguatezza della pena inflitta nel caso concreto. Le conclusioni argomentate dal giudice di merito, in questo caso, sono state ritenute incensurabili.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sul Bilanciamento Circostanze
Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui il giudizio sul bilanciamento circostanze è difficilmente attaccabile in Cassazione. Per ottenere una riforma della decisione, non è sufficiente proporre una diversa valutazione degli elementi, ma è necessario dimostrare un vizio grave nella motivazione, come una sua palese illogicità o una totale arbitrarietà. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a conferma della temerarietà del ricorso.
È possibile contestare in Cassazione il bilanciamento delle circostanze deciso dal giudice di merito?
Generalmente no. La Cassazione ha stabilito che il bilanciamento delle circostanze è una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, che sfugge al controllo di legittimità a meno che non sia frutto di mero arbitrio, di un ragionamento illogico o non sia sorretta da una motivazione sufficiente.
Cosa si intende per motivazione sufficiente nel giudizio di equivalenza tra circostanze?
Secondo l’ordinanza, una motivazione è ritenuta sufficiente quando il giudice la considera la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto, anche se si limita a giustificare la soluzione dell’equivalenza tra circostanze opposte.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente se il ricorso viene dichiarato inammissibile?
In questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (nel caso specifico, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45736 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45736 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 22/08/1979
avverso la sentenza del 20/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME osservato che l’unico motivo contenuto nel ricorso in esame che contesta i giudizio di comparazione fra opposte circostanze – in particolare lamentand mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche su circostanza aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 2 cod. pen manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica de giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia fru mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivaz tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivale sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito (si ve pag. 3 della sentenza impugnata) sono, pertanto, incensurabili;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.