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Bilanciamento circostanze: il giudizio del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava il bilanciamento circostanze operato dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ribadito che tale valutazione è un giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non in caso di manifesta illogicità o assenza di motivazione, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bilanciamento Circostanze: Quando la Decisione del Giudice è Inappellabile

Nel processo penale, la determinazione della pena finale non è un mero calcolo matematico, ma il risultato di un’attenta valutazione da parte del giudice. Uno degli snodi cruciali di questo processo è il bilanciamento circostanze, ovvero la ponderazione tra elementi che aggravano il reato (aggravanti) e quelli che lo attenuano (attenuanti). Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25985/2024) ci offre l’occasione per approfondire i limiti entro cui questa valutazione discrezionale può essere contestata.

Il Caso in Analisi

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Milano, ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava proprio il giudizio di comparazione tra le circostanze. Nello specifico, il ricorrente lamentava che il giudice di merito avesse erroneamente considerato le circostanze attenuanti generiche come non prevalenti rispetto alla circostanza aggravante della recidiva, applicando un giudizio di equivalenza.

Secondo la difesa, le attenuanti generiche avrebbero dovuto avere un peso maggiore, portando a una riduzione della pena. La questione posta alla Corte era quindi se questa valutazione, squisitamente discrezionale, potesse essere rivista in sede di legittimità.

La Decisione della Corte sul Bilanciamento Circostanze

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione, netta e perentoria, si fonda su un principio consolidato nel nostro ordinamento giuridico: l’ampia autonomia del giudice di merito nella valutazione dei fatti e, in particolare, nella ponderazione delle circostanze del reato.

L’Autonomia del Giudice di Merito

Il cuore della decisione risiede nel riconoscere che il bilanciamento circostanze è un’attività tipica del giudizio di merito. I giudici di primo e secondo grado hanno il compito di analizzare nel dettaglio la condotta dell’imputato, il contesto del reato e la sua personalità, per poi decidere se le attenuanti debbano prevalere, essere equivalenti o soccombere rispetto alle aggravanti. Questa valutazione è per sua natura discrezionale.

I Limiti del Sindacato di Legittimità

La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si riesaminano i fatti. Il suo ruolo è quello di “giudice della legge”, ovvero di verificare che i tribunali inferiori abbiano applicato correttamente le norme e che le loro sentenze siano sorrette da una motivazione logica e coerente. Pertanto, il sindacato della Suprema Corte sulla valutazione delle circostanze è estremamente limitato. Può intervenire solo se la decisione del giudice di merito è:

* Frutto di mero arbitrio o palesemente illogica.
* Priva di una motivazione sufficiente che ne spieghi le ragioni.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata. I giudici di merito avevano fornito conclusioni “ragionate e argomentate” per giustificare il giudizio di equivalenza tra le circostanze. Citando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 10713/2010), la Corte ha ribadito che è sufficiente una motivazione che ritenga la soluzione adottata (in questo caso, l’equivalenza) come la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena al caso concreto. Non essendo emersa alcuna illogicità o arbitrarietà nel ragionamento dei giudici d’appello, la loro decisione è stata considerata “incensurabile”.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: contestare in Cassazione il bilanciamento delle circostanze è un’impresa ardua. Non è sufficiente proporre una valutazione alternativa o sostenere che le attenuanti meritassero un peso maggiore. Per avere successo, il ricorrente deve dimostrare un vizio grave e manifesto nel ragionamento del giudice, tale da renderlo illogico o arbitrario. In assenza di tali vizi, la valutazione discrezionale del giudice di merito rimane insindacabile, con la conseguenza che il ricorso verrà dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione il modo in cui un giudice ha bilanciato le circostanze attenuanti e aggravanti?
No, di norma non è possibile. Il bilanciamento delle circostanze è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Si può contestare solo se la decisione è frutto di mero arbitrio, palesemente illogica o priva di una motivazione sufficiente, vizi che non sono stati riscontrati nel caso di specie.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato ‘inammissibile’ in questo contesto?
Significa che il motivo del ricorso (la critica al bilanciamento delle circostanze) non rientra tra quelli che la Corte di Cassazione può esaminare. Il ricorso viene quindi respinto senza entrare nel merito della questione, poiché si tratta di una valutazione di fatto riservata ai giudici dei gradi precedenti.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
Come stabilito nell’ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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