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Bilanciamento circostanze: il divieto di prevalenza

Un imputato ricorre in Cassazione contestando il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la legge vieta esplicitamente il bilanciamento circostanze a favore delle attenuanti generiche in presenza di recidiva reiterata. La collaborazione con la giustizia, addotta dal ricorrente, era già stata valutata per la concessione delle attenuanti stesse, non per la loro prevalenza.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bilanciamento Circostanze: Quando le Attenuanti non Possono Prevalere sulla Recidiva

Nel diritto penale, la determinazione della pena è un processo complesso che tiene conto di numerosi fattori. Uno degli snodi cruciali è il bilanciamento circostanze, ovvero il giudizio con cui il magistrato soppesa gli elementi a favore (attenuanti) e a sfavore (aggravanti) dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili di questo potere discrezionale, in particolare quando si ha a che fare con la recidiva reiterata.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato dalla Corte di Appello, presentava ricorso in Cassazione. Il fulcro della sua doglianza era uno solo: la mancata applicazione di un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, che gli erano state riconosciute, rispetto all’aggravante della recidiva. In pratica, l’imputato sosteneva che il giudice avrebbe dovuto dare più peso agli elementi a suo favore, come la collaborazione con la giustizia, riducendo di conseguenza la pena in modo più significativo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato” e quindi inammissibile. La decisione si fonda su un principio legale preciso e su un orientamento giurisprudenziale consolidato, che non lasciano spazio a interpretazioni diverse.

Il Divieto di Prevalenza nel Bilanciamento Circostanze

Il cuore della questione risiede in un divieto esplicito previsto dalla legge. La Corte ha sottolineato come la decisione del giudice di merito fosse corretta, poiché l’articolo 69, comma quarto, del codice penale, impedisce di considerare le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulla recidiva reiterata (prevista dall’art. 99, quarto comma, c.p.).

Questa norma non è un mero tecnicismo, ma risponde a una precisa scelta del legislatore: valorizzare la componente soggettiva del reato. Quando un individuo ricade ripetutamente in condotte criminali, dimostrando una persistente inclinazione a delinquere, la legge impone un trattamento sanzionatorio più severo, limitando la discrezionalità del giudice nel bilanciamento circostanze.

La Collaborazione Già Valutata

Il ricorrente aveva tentato di far leva sulla sua collaborazione con la giustizia come elemento decisivo per ottenere un giudizio di prevalenza. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: quella stessa collaborazione era stata la ragione per cui i giudici di merito gli avevano concesso le attenuanti generiche (ex art. 62-bis c.p.).

In altre parole, il comportamento positivo dell’imputato aveva già prodotto il suo effetto benefico, consentendogli di ottenere uno sconto di pena. Pretendere che quello stesso fattore venisse utilizzato una seconda volta per “vincere” il confronto con la recidiva reiterata sarebbe stato contrario alla logica del sistema e, soprattutto, alla lettera della legge.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono ancorate a due pilastri. Il primo è il rispetto del dato normativo: esiste un divieto legale che non può essere aggirato. La Corte ha ribadito che questa norma è stata ritenuta costituzionalmente legittima, in quanto non crea una sproporzione irragionevole nel trattamento sanzionatorio, ma si limita a dare il giusto peso alla pericolosità sociale manifestata dal reo con la sua condotta recidivante. Il secondo pilastro è la logica del giudizio di merito: la discrezionalità del giudice nel bilanciare le circostanze è sindacabile in Cassazione solo se frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”, eventualità che nel caso di specie è stata esclusa. La decisione della Corte d’Appello era, al contrario, pienamente conforme alla legge e alla sua interpretazione consolidata.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei limiti del bilanciamento circostanze nel processo penale. Essa chiarisce che, di fronte a una recidiva reiterata, le circostanze attenuanti generiche, per quanto meritevoli, non possono prevalere. La collaborazione e altri elementi positivi possono e devono essere valutati per concedere le attenuanti, ma non possono scardinare un divieto posto a tutela di esigenze di prevenzione e di proporzionalità della pena rispetto alla gravità complessiva del fatto, inclusa la storia criminale dell’imputato. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una somma alla Cassa delle ammende, a monito contro la proposizione di ricorsi palesemente infondati.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la decisione della Corte d’Appello di non far prevalere le attenuanti generiche sulla recidiva reiterata era corretta, in quanto basata su un esplicito divieto di legge (art. 69, comma 4, cod. pen.).

Le circostanze attenuanti generiche possono prevalere sulla recidiva reiterata?
No. Secondo la Corte di Cassazione e la giurisprudenza consolidata, la legge vieta espressamente che nel bilanciamento circostanze le attenuanti generiche possano essere considerate prevalenti rispetto all’aggravante della recidiva reiterata, come previsto dall’art. 99, comma 4, del codice penale.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente oltre al rigetto del ricorso?
Oltre alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un ricorso privo di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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