Bilanciamento Circostanze e Recidiva: Il Divieto della Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4425/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: il bilanciamento circostanze e recidiva. La decisione offre importanti chiarimenti sui limiti imposti al giudice nel valutare l’attenuante del risarcimento del danno di fronte a una recidiva qualificata, confermando la rigidità della normativa vigente.
I Fatti del Caso: Dall’Uso Indebito del Bancomat al Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per l’indebito e continuato utilizzo di una carta bancomat di provenienza furtiva. Inizialmente, l’imputata era accusata anche del furto, ma tale reato era stato dichiarato estinto per remissione di querela. La Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità penale per l’uso della carta, riconoscendo l’attenuante del risarcimento del danno (ex art. 62 n. 6 c.p.) ma giudicandola semplicemente equivalente alla contestata recidiva qualificata, senza farla prevalere.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali: una relativa al giudizio di comparazione tra le circostanze e l’altra riguardante la quantificazione della pena per la continuazione del reato.
Il Giudizio di Bilanciamento Circostanze e Recidiva: La Questione Legale
Il primo motivo di ricorso si incentrava sulla presunta violazione di legge nel giudizio di comparazione tra l’attenuante del risarcimento, le attenuanti generiche e la recidiva. La difesa lamentava che l’attenuante non fosse stata considerata prevalente.
La Cassazione ha dichiarato il motivo manifestamente infondato, richiamando il chiaro dettato normativo. L’articolo 69, quarto comma, del codice penale stabilisce un divieto espresso: alcune circostanze attenuanti, tra cui quella del risarcimento del danno, non possono essere ritenute prevalenti sulla recidiva reiterata (prevista dall’art. 99, quarto comma, c.p.). Il giudizio della Corte d’Appello, che aveva stabilito l’equivalenza, era quindi l’esito più favorevole possibile per l’imputata, nel pieno rispetto della legge.
La Legittimità Costituzionale del Divieto
In subordine, la difesa aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma, per presunta violazione degli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione. Anche questa doglianza è stata respinta come manifestamente infondata. La Suprema Corte ha spiegato che il divieto di prevalenza non crea una sproporzione nel trattamento sanzionatorio. Al contrario, esso si limita a valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato, ovvero la particolare inclinazione a delinquere di chi ricade ripetutamente in condotte illecite. La deroga alla disciplina ordinaria del bilanciamento è giustificata dalla necessità di dare adeguato peso alla gravità della recidiva qualificata.
La Quantificazione della Pena per la Continuazione
Il secondo motivo di ricorso contestava l’omessa quantificazione degli aumenti di pena per la continuazione, ovvero per i molteplici prelievi e acquisti effettuati. La Corte ha ritenuto anche questa censura infondata per due ragioni. In primo luogo, l’aumento applicato (un mese di reclusione e 50 euro di multa) era di modestia assoluta rispetto al numero di operazioni illecite. In secondo luogo, la questione non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio (appello), rendendola inammissibile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi sulla manifesta infondatezza di entrambi i motivi proposti. I giudici hanno sottolineato come le argomentazioni della difesa si ponessero in palese contrasto con il dato normativo espresso dall’art. 69, quarto comma, c.p. Tale norma, come chiarito, pone un limite invalicabile alla discrezionalità del giudice nel bilanciamento circostanze e recidiva qualificata. La questione di legittimità costituzionale era già stata affrontata e risolta in passato dalla giurisprudenza, che ha sempre confermato la ragionevolezza di tale divieto. La decisione di inammissibilità ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: L’Intangibilità del Divieto di Prevalenza
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del sistema sanzionatorio penale: la particolare pericolosità sociale del reo, manifestata attraverso la recidiva reiterata, impone limiti precisi alla valutazione delle circostanze attenuanti. Il legislatore ha scelto di non consentire che condotte riparatorie, come il risarcimento del danno, possano ‘cancellare’ la gravità di una persistente carriera criminale. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito sulla necessità di formulare i motivi di ricorso nel rigoroso rispetto delle norme procedurali e sostanziali, evitando di sollevare questioni già ampiamente risolte o in contrasto con chiare disposizioni di legge.
Una circostanza attenuante come il risarcimento del danno può sempre prevalere sulla recidiva?
No. Secondo l’art. 69, comma 4, del codice penale, l’attenuante del risarcimento del danno (art. 62 n. 6 c.p.) non può essere dichiarata prevalente sulla recidiva reiterata (art. 99, comma 4, c.p.). Al massimo, può essere giudicata equivalente.
Il divieto di prevalenza dell’attenuante sulla recidiva reiterata è costituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione, in linea con la giurisprudenza precedente, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. Ha stabilito che tale divieto non crea una sproporzione, ma valorizza correttamente la componente soggettiva del reato legata alla plurima ricaduta in condotte illecite.
È possibile contestare in Cassazione la quantificazione della pena per la continuazione se non lo si è fatto in appello?
No. La sentenza chiarisce che una censura di questo tipo, se non è stata devoluta al giudice d’appello, non può essere proposta per la prima volta in sede di ricorso per Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4425 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4425 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a EBOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiarava l’estinzione del reato di furto sub a) per remissione di querela, confermav penale responsabilità dell’imputata per l’indebito e continuato utilizzo di una carta bancomat, riconosceva l’attenuante ex art. 62 n. 6 cod.pen. come equivalente rispetto alla contestat ritenuta recidiva qualificata e, per l’effetto, rideterminava la pena inflitta;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di leg relazione al giudizio di comparazione fra la circostanza attenuante del risarcimento del dann le già riconosciute attenuanti generiche e la recidiva contestata eccependo, in subordine questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pe manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con i dato normativo dal momento che la ritenuta prevalenza dell’attenuante in esame rispetto all recidiva reiterata incontra un divieto espresso nell’art. 69, quarto c:omma, cod. pen.;
che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazi degli artt. 3, 25 e 27 Cost., dell’art. 69, comma quarto, cod. pen., nella parte in cui p il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. alla recidiva reiterata ex rt. 99, comma quarto, cod. pen., in quanto tale deroga alla ordinaria disciplina del bilanciamento si riferisce ad una circostanza attenuante comune e la s applicazione, quindi, non determina una manifesta sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma si limita a valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva d reato, qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penal sanzionati (in tal senso, Sez. 6, n. 16487 del 23/0.3/2017, Giordano, Rv. 269522 – 01);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la senten impugnata per violazione di legge dovuta all’omessa quantificazione degli aumenti per continuazione è manifestamente infondato, tenuto conto dell’assoluta modestia dell’unitari aumento pari a un mese di reclusione ed euro 50 multa a fronte dei molteplici prelievi acquisti effettuati con la carta di provenienza furtiva; che, inoltre, la censura non devoluta in appello quantunque il primo giudice avesse operato per la continuazione intern un unitario aumento nella stessa misura di quello effettuato dalla sentenza impugnata, senz tener conto dell’aumento minimo imposto dall’art. 81, comma 4 cod.pen. in presenza della recidiva qualificata;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favo della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2024
GLYPH