Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33992 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33992 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOMENOME nato a Caltagirone (CT) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania del 6/06/2023. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo ilo rigetto del ricorso; letta la memoria del difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo nel ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Catania ha parzialmente riformato in punto di circostanze e di trattamento sanzionatorio la sentenza del Tribunale di Caltagirone del 15.06.2021 che condannava COGNOME NOME alla pena ritenuta di giustizia per il reato di furto pluriaggravato consistito nell’impossessamento di barre di alluminio che fungevano da telaio delle cabine elettorali depositate all’interno dell’istituto scolastico Ottavio RAGIONE_SOCIALE COGNOME, smontandole e sottraendole al Comune che ivi le deteneva e custodiva.
1.2 II Giudice di primo grado aveva determinato la pena in anni uno mesi quattro di reclusione ed euro 300,00 di multa, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti a tutte le circostanze aggravanti (art.625, n.2 e 7, e art.99, comma. 4, cod. pen.) muovendo da una pena base di anni due di reclusione ed euro 450,00 di multa, infine ridotta per il rito.
1.3 Con sentenza del 6.06.2023, la Corte di Appello ha escluso la aggravante di cui all’art.625 n.2 cod. pen., ha riconosciuto la diminuente del vizio parziale di mente di cui all’art.89 cod. pen. con giudizio di prevalenza sulle due circostanze aggravanti contestate, e rideterminato la pena in mesi otto di reclusione ed euro 200,00 di multa, partendo da una pena base di anni uno mesi tre di reclusione ed euro 350,00 di multa, ridotta per effetto della riconosciuta diminuente ad anni uno di reclusione ed euro 300,00 di multa, infine ridotta per il rito.
Contro l’anzidetta sentenza, l’imputato propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO affidato a 3 motivi.
2.1 Il primo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art.606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza e/o errata applicazione dell’art.597 cod. proc. pen. in quanto la Corte di merito, nel rideterminare la pena riconoscendo la attenuante del vizio parziale di mente con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, non avrebbe tenuto conto delle già riconosciute circostanze attenuanti generiche revocando implicitamente il beneficio di cui all’art.62 bis cod. pen. riconosciuto in primo grado e non oggetto di impugnazione nonché per violazione del divieto di reformatio in pejus.
2.2 II secondo motivo deduce la violazione dell’art.606 co.2 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza e/ o errata applicazione degli artt. 133 cod. pen. e 27 Cost. in punto di trattamento sanzionatorio laddove determina la pena in modo errato e assolutamente arbitrario. Lamenta il ricorrente che la Corte di merito nel riconoscere la diminuente di cui all’art.89 cod. pen. prevalente sulle
contestate aggravanti di cui all’art.625 n.7 cod. pen. e della recidiva qualificata avrebbe dovuto determinare la pena base nei limiti edittali dell’art.624 cod. pen. e non già in misura sensibilmente superiore al minimo edittale.
2.3 II terzo motivo deduce la violazione dell’art.606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione al mancato accoglimento della richiesta di applicazione della disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis cod. pen., ritenendo erroneamente che la cornice edittale del reato contestato esorbitasse dalla applicabilità della disposizione normativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso che deduce violazione dell’art.606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza e/o errata applicazione dell’art.597 cod. proc. peli. in quanto la Corte di merito nel rideterminare la pena riconoscendo la attenuante del vizio parziale di mente con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, non avrebbe tenuto conto delle già riconosciute circostanze attenuanti generiche revocando implicitamente il beneficio di cui all’art.62 bis cod. pen. riconosciuto in primo grado e non oggetto di impugnazione nonché per violazione del divieto di reformatio in peius, è infondato.
1.2 Per un corretto inquadramento della fattispecie concreta si rende utile ripercorrere, in modo schematico, gli esiti dei vari gradi di giudizio sul trattamento sanzionatorio.
1.3 Il giudice di primo grado, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle contestate aggravanti, ha applicato la pena di anni uno mesi quattro di reclusione ed euro 300,00 di multa così determinata:
pena base: riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza su tutte le contestate aggravanti, anni due di reclusione ed euro 450,00 di multa, motivando lo scostamento dal minimo edittale per le peculiarità della condotta, il profilo soggettivo e la entità del dolo;
come sopra ridotta per il rito.
1.4 La Corte di appello, ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art.625 n.7 cod. pen., riconosciuto all’imputato la diminuente di cui all’art.89 cod. pen. con giudizio di prevalenza sulle due contestate aggravanti, ritenendo di applicare una diminuzione della pena non nella massima estensione, ed ha rideterminato la pena in mesi otto di reclusione ed euro 200,00 di multa, così calcolata:
pena base anni uno mesi tre di reclusione ed euro 450,00 di multa (ridotta rispetto al grado precedente);
diminuita (in misura inferiore ad un terzo) ad anni uno di reclusione ed euro 300,00 di multa ex art. 89 cod. pen.;
come sopra ridotta per la scelta del rito.
Secondo il ricorrente la Corte territoriale, in punto di rideterminazione della pena non avrebbe tenuto conto della riduzione di pena effettuata dal giudice di primo grado per effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche applicate con giudizio di equivalenza su tutte le contestate aggravanti.
Il motivo è infondato.
Invero, la Corte territoriale nel riformare parzialmente la sentenza di primo grado, in punto di determinazione della pena, ha escluso una circostanza aggravante, ed applicato una circostanza attenuante con giudizio di prevalenza sulle due residue circostanze attenuanti, con la precisazione che la diminuzione di pena non veniva effettuata nella massima estensione per effetto del bilanciamento con due circostanze aggravanti (art.625 n.7 e art.99, comma 4, cod. pen.).
Orbene, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non sussiste la dedotta violazione di legge né violazione del divieto di reformatio in pejus e non risulta revocato il beneficio delle circostanze attenuanti generiche riconosciuto dal primo giudice.
Invero, la Corte di merito, nel computo della pena, ha tenuto conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche in termini di equivalenza con le contestate aggravanti, già effettuato dal giudice di primo grado, tant’è che applica la riduzione di pena per effetto della riconosciuta diminuente di cui all’art.89 cod. pen. sulla pena base come determinata, in misura peraltro inferiore rispetto al primo giudice, per effetto della applicazione delle circostanze attenuanti generiche già riconosciute equivalenti con le due residue aggravanti.
In altri termini, la Corte di merito, come il Tribunale, determina la pena base previa applicazione delle attenuanti generiche in termini di equivalenza con le residue contestate aggravanti, muovendo da una pena base (anni uno mesi tre di reclusione ed euro 450,00 di multa) inferiore rispetto a quella determinata dal Tribunale (anni due di reclusione ed euro 450,00 di multa), e applica sulla pena come determinata per effetto del bilanciamento della circostanze la ulteriore riduzione per la diminuente di cui all’art.89 cod. pen. nella misura di anni uno di reclusione ed euro 300,00 di multa, di poco inferiore ad un terzo, pena infine ridotta per il rito a mesi otto di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Ritiene, pertanto, questo Collegio che, nella specie, non vi sia stata revoca del beneficio di cui all’art.62 bis cod. pen. da parte della Corte territoriale che indic
la pena base come già determinata per effetto del su indicato bilanciamento delle circostanze in termini di equivalenza.
La Corte di merito, peraltro, spiega correttamente con motivazione immune da vizi la ragione del diniego della diminuzione nella massima estensione della applicata diminuente del vizio parziale di mente per essere il bilanciamento effettuato con due circostanze aggravanti, l’art.625 n.7 cod. pen. e la recidiva qualificata di cui all’art.99 co.4 cod. pen.
Nel caso in cui la recidiva reiterata concorra con una o più attenuanti, il giudice procede al giudizio di bilanciamento, a norma dell’art. 69, comma quarto, cod. pen., come modificato dalla L. n. 251 del 2005, solo ove ritenga la recidiva reiterata effettivamente idonea ad influire, di per sé, sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede (cfr. sez. 5, n. 22871 del 15.5.2009, Held e altro, rv. 244209). Come si evince dalla sentenza del Tribunale di Caltagirone del 15.06.2021, la recidiva, chiaramente menzionata in dispositivo, è stata oggetto di applicazione e di valutazione, in uno con l’aggravante che poi la corte di appello ha escluso, di equivalenza con le concesse circostanze attenuanti generiche. Correttamente, pertanto, i giudici di merito, con argomentazioni logiche e congrue – ed immuni da vizi giuridici-hanno ritenuto, alla luce della sopra richiamata sentenza delle Sezioni Unite 33752/2013, che, una volta che sia stata ritenuta, ai fini del bilanciamento con le riconosciute circostanze attenuanti generiche, operi per la recidiva contestata il divieto di considerarla minusvalente rispetto alle riconosciute attenuanti generiche. Lo ha condivisibilmente chiarito questa Corte di legittimità – e va qui ribadito allorquando ha affermato che il divieto di prevalenza, nel giudizio di comparazione, delle circostanze attenuanti nel caso di recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen., opera soltanto se il giudice in concreto ritenga di disporre l’aumento di pena per la recidiva, oltre che nel caso in cui la recidiva reiterata sia obbligatoria per essere il nuovo delitto compreso nell’elencazione di cui all’art. 407, comma secondo, lett. a) cod. proc. pen. (Sez. 5 n. 13658 del 30.1.2009, COGNOME, rv. 243600; Sez. 4, Sentenza n. 16628 del 31/03/2016, Rv. 266530 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Questa Corte di legittimità ha chiarito, a Sezioni Unite, che il giudice di appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di “refornnatio in peius”, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione (Sez. Un. n. 33752 del 18.4.2013, Papola, rv. 255660).
In tema di concorso di circostanze del reato, qualora, tra le circostanze attenuanti da bilanciare con la recidiva reiterata, ve ne sia una per la quale non opera il divieto di prevalenza previsto dall’art. 69, comma quarto, cod. pen. nella specie, l’attenuante del vizio parziale di mente ex art. 89 cod. pen., a seguito della sentenza Corte cost. n. 73 del 2020 – il giudizio di comparazione va scisso in due momenti successivi ed operato con modalità differenziate, dovendo, una volta bilanciate in termini di equivalenza con la recidiva le circostanze per le quali vige il divieto, applicarsi la diminuzione sulla pena base per l’altra, se ritenuta prevalente (Sez. 6, Sentenza n. 42568 del 28/09/2022, Rv. 283968 01).
Correttamente, la Corte territoriale ha applicato la riduzione per la ritenuta attenuante del vizio parziale di mente sulla pena base come determinata a seguito del bilanciamento delle circostanze in termini di equivalenza con la recidiva.
Il motivo è manifestamente infondato per carenza di interesse nonché tautologico ed apodittico in quanto non tiene conto che la pena base è stata indicata dal giudice di appello in esito al giudizio di bilanciamento delle circostanze in termini di equivalenza in misura inferiore rispetto a quella indicata dal Tribunale.
Osserva il Collegio che, comunque, non viola il divieto di “reformatio in peius” il giudice d’appello che, a seguito di gravame proposto dal solo imputato, riduca la misura della pena inflitta in primo grado, riconoscendo una diminuente non concessa in primo grado (quella di cui all’art. 89 cod. pen.) e ritenendola prevalente rispetto a due aggravanti ad effetto speciale (art. 625 n. 7 e 99 comma 4 cod. pen.), così irrogando una pena complessiva inferiore a quella stabilita dal primo giudice; ciò anche se non concede le attenuanti generiche, viceversa riconosciute in primo grado come equivalenti alle contestate aggravanti, poiché tale riformulazione del trattamento sanzionatorio non esclude la possibilità di un rinnovato giudizio sulla concessione delle attenuanti generiche, che nella specie, al contrario dell’altra diminuente, non potevano essere riconosciute come prevalenti in forza del divieto di cui all’art. 69 comma 4 cod. pen., né esclude la possibilità di un rinnovato giudizio comparativo tra circostanze aggravanti e attenuanti o diminuenti, nella cui formulazione il giudice di secondo grado conserva piena facoltà di conferma o meno della precedente operazione di bilanciamento, secondo una valutazione insindacabile in cassazione, se congruamente motivata.
2.2 II secondo motivo, che deduce violazione dell’art.606 co.2 lett. b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza e/ o errata applicazione degli artt. 133 cod. pen. e
7’ic-
27 Cost. in punto di trattamento sanzionatorio laddove determina la pena in modo errato e assolutamente arbitrario, in quanto la Corte di merito nel riconoscere la diminuente di cui all’art.89 c.p. prevalente sulle contestate aggravanti di cui all’art.625 n.7 cod. pen. e della recidiva, avrebbe dovuto determinare la pena base entro il limite edittale dell’art.624 cod. pen. e non già in misura sensibilmente superiore al minimo edittale, è infondato.
Invero, correttamente la Corte ha determinato la pena base, previo bilanciamento delle circostanze, entro il limite edittale della disposizione normativa dell’art.624 cod. pen., ossia della fattispecie di reato semplice, in anni uno mesi tre di reclusione ed euro 450,00 di multa, peraltro in misura sensibilmente inferiore a quella del giudice di primo grado.
Lo scostamento dal minimo edittale previsto dal legislatore è peraltro motivato in modo puntuale nella sentenza del Tribunale, cui quella di secondo grado si riporta, in considerazione delle peculiarità che hanno connotato le modalità dell’azione posta in essere dall’imputato, del profilo soggettivo del COGNOME, che annovera numerosi precedenti penali e al momento del fatto si trovava sottoposto a misura cautelare non custodiale emessa in altro procedimento appena due mesi prima dei fatti per cui è processo, nonché della intensità dolo.
In punto di quantificazione della pena, deve ricordarsi che la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di Cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena (v. Cass., Sez. 3^, n. 1182 del 17/10/2007, Olia). Inoltre, le Sezioni Unite hanno puntualizzato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi anche quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (v. Cass., Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME; Cass. Pen., Sez. 5, Sentenza n. 5582 del 30/09/2013).
2.3 II terzo motivo, che deduce la violazione dell’art.606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione al mancato accoglimento della richiesta di applicazione della disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis cod. pen. per avere la Corte ritenuto erroneamente che la cornice edittale del reato contestato esorbitasse dalla applicabilità della disposizione normativa, è inammissibile.
Il motivo non si confronta infatti con la motivazione della Corte territoriale bensì si limita a richiamare la diversa motivazione del Tribunale, sul punto disattesa dalla Corte di merito.
Invero, nella specie, la causa di non punibilità di cui all’art.131 bis cod. pen. è stata negata con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicità e dunque immune da censure in sede di legittimità, sulla base della intrinseca gravità del fatto, posto in essere dal COGNOME durante il periodo in cui era sottoposto a misura cautelare non custodiale in altro procedimento, emergenza dimostrativa di rilevante determinazione a delinquere e di significativa intensità del dolo nonché dell’entità del danno patrimoniale di non marginale rilevanza.
La sentenza ha escluso la particolare tenuità del fatto sulla base delle “modalità della condotta”, connotata da particolare offensività, e della “non esiguità” del danno cagionato alla persona offesa.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23/05/2024.