Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10593 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10593 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA NOME (NOME) NOME il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE di APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 26/1/2023, per quanto rileva in questa sede, riformando parzialmente la sentenza di condanna pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Imperia il 26/5/2021, ha prosciolto gli imputa dai reati di cui ai capi 9) e 12) ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen. e ha ridotto la inflitta a COGNOME NOME ad anni tre e mesi due di reclusione ed euro 36.666,00 di multa per i reati di cui ai capi 1), 2, 3) e 4) e ha confermato la condanna ad anni tre di reclusio ed euro 12.000,00 di multa inflitta ad NOME (alias NOME) sempre in relazione al reato di cui agli artt. 12, commi 1, 3 lett. a) e d), 3 bis, 3 ter, lett. b) D.Lgvo 286/1998.
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Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno dedotto i seguenti motivi.
AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME deduce il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME in tre motivi deduce:
4.1. Vizio di motivazione, anche con riferimento al travisamento della prova in relazione alla condizione di cittadino extraunionista irregolare del soggetto trasportato e mai identificato indicato nel capo 1) diverso dalla giornalista e quanto alla ritenuta prov della finalità di profitto del trasporto. Nello specifico la difesa rileva che la Corte terr avrebbe fondato la propria conclusione sulla scorta dell’applicazione del criterio della “proprietà transitiva”, cioè ritenendo che quanto era emerso per la giornalista era valido anche per il soggetto ignoto che era trasportato con lei.
4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 12, comma 3, lett. a) D.Ivo 286/1998, che non sarebbe configurabile in quanto nei fatti oggetto del capo 2) non sarebbe stato accertato l’ingresso illegale in Italia ma solo in Slovenia. Argomento questo che era stato proposto con l’atto di appello con il quale il giudice dell’impugnazione non si sarebbe confrontato.
4.3. Violazione di legge in relazione all’art. 12 D.Ivo 286/1998 quanto alla ritenuta sottrazione dell’aggravante di cui al comma 3 al giudizio di bilanciamento.
In data 8 novembre 2023 sono pervenute in cancelleria le conclusioni nelle quali il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO. NOME COGNOME chiede che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Nell’unico motivo di ricorso proposto la difesa di NOME deduce il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle condizioni di proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
La doglianza, formulata in termini generici, è manifestamente infondata.
La Corte territoriale, con motivazione che si salda e integra con la sentenza di primo grado, con gli specifici riferimenti contenuti alle pagine 8, 9 e 17 in ordine a quant accaduto e accertato, ha dato adeguato e coerente conto degli elementi posti a fondamento della dichiarazione di responsabilità e, pertanto, ogni generica censura quanto alla necessità di motivare in ordine alla sussistenza delle condizioni di proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen. è del tutto priva di pregio.
Ad analoghe conclusioni si deve pervenire in merito ai motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME.
3.1. Nel primo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato oggetto del capo 1) di imputazione.
La doglianza è manifestamente infondata.
Anche in questo caso la Corte territoriale, con motivazione che si fonda e integra la sentenza di primo grado, ha fornito adeguate risposte alle medesime censure già sollevate nell’atto di appello.
Con il riferimento alle finalità dell’inchiesta giornalistica, agli elementi emersi accertati nel corso del servizio mandato in onda, infatti, il giudice d’appello ha evidenziat le ragioni per cui ha ritenuto di confermare il giudizio di responsabilità formulato dal prim giudice, ciò anche sottolineando come il fine di profitto e la qualità di cittad extraunionista della persona trasportata insieme alla giornalista erano confermate dalla complessiva attività di indagine svolta dalla polizia giudiziaria.
A fronte di tale motivazione, coerente e logica quanto alla fondatezza dell’accusa, ogni ulteriore critica, che trova peraltro fondamento in una diversa ed alternativa lettur dell’istruttoria dibattimentale, pertanto, risulta inconferente.
Il controllo che la Corte è chiamata ad operare, e le parti a richiedere ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., infatti, è esclusivamente quello di verificare e stab se i giudici di merito abbiano o meno esamiNOME tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Rv 203428; per una compiuta e completa enucleazione della deducibilità del vizio di motivazione, da ultimo Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062: Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217; Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482). : Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284556 – 01).
3.2. Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art 12, comma 3, lett. a) D.Ivo 286/1998, in relazione ai fatti oggetto del capo 2) in quanto non sarebbe stato accertato l’ingresso illegale in Italia ma solo in Slovenia.
La doglianza è manifestamente infondata.
La Corte territoriale, considerato quanto emerso dalle indagini, cioè che i ventuno cittadini extrunionisti fermarti in Slovenia erano attesi in Italia (cfr. pag. 13 della sent
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impugnata), ha correttamente concluso in ordine alla sussistenza della contestata aggravante.
Come evidenziato nella corretta e coerente motivazione, infatti, le fattispecie previste nell’art. 12, comma 3, D.Igs n. 286 del 1998 configurano circostanze aggravanti del reato di pericolo a consumazione anticipata previsto nel comma 1 del medesimo articolo (Sez. U, n. 40982 del 21/06/2018, P., Rv. 273937 – 01).
3.3. Nel terzo motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione all’art. 12 D.Igs 286 del 1998 evidenziando che sottrarre l’aggravante di cui al comma 3 al giudizio di bilanciamento si tradurrebbe in un’applicazione analogica in malam partem del vincolo posto dal successivo comma 3 quater.
La doglianza, formulata in termini assertivi e generici, è manifestamente infondata. Sul punto, infatti, la sentenza impugnata si è conformata a quanto esposto dalle Sezioni Unite di questa Corte che, in assenza di modifiche legislative sopravvenute, si deve ribadire.
Come indicato dalla pronuncia citata, pertanto, l’aggravante di cui all’art. 12, comma 3, T.U.I. può essere riconosciuta prevalente, equivalente o subvalente rispetto alle circostanze attenuanti nel solo caso in cui ricorra una sola delle cinque ipotesi previste nelle lettere a), b), c), d), ed e).
Diversamente, nel caso in cui ricorrano due o più ipotesi previste dal comma 3 e sussista, quindi, l’aggravante di cui al comma 3 bis, il giudice non potrà procedere a bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114 cod. pen. in forza del divieto del comma 3 quater.
Ciò in quanto la ricorrenza dell’aggravante di cui al comma 3 bis sottrae al bilanciamento tra le circostanze anche quella del comma 3 e questo anche se nel divieto di bilanciamento dettato dal comma 3 quater siano menzionate soltanto «le aggravanti di cui ai commi 3 bis e 3 ter», e non quella di cui al comma 3, poiché la norma stabilisce un preciso ordine per l’applicazione delle circostanze: «le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti».
La diversa interpretazione per cui in presenza delle aggravanti di cui ai commi 3 e 3 bis il giudice possa prima operare il bilanciamento tra l’aggravante di cui al comma 3 ed eventuali attenuanti e dopo operare l’aumento previsto dall’aggravante di cui al comma 3 bis, d’altro canto, determinerebbe una disapplicazione dell’ordine dettato dal legislatore e nella sostanza avrebbe l’effetto, inammissibile, di abrogare la previsione normativa.
Il divieto di bilanciamento (con le eccezioni già menzionate), per le stesse ragioni, vige anche nel caso in cui ricorra l’aggravante di cui al comma 3 ter, che può trovare applicazione sia con riferimento ai fatti di cui al comma 1 che con riferimento ai fatti di c al comma 3.
La lettera del comma 3 ter, infatti, comporta una deroga al principio generale stabilito dall’art. 63, comma 4, cod. pen., in base al quale, se ricorrono più circostanze aggravanti ad effetto speciale, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza pi grave ma il giudice può aumentarla: sia quella del comma 3 che quella del comma 3 ter sono aggravanti ad effetto speciale, ma, in conseguenza della previsione contenuta nella seconda, si applicano entrambi gli aumenti da esse previste (in relazione alla concorrenza tra le aggravanti di cui all’art. 416 bis, commi 4 e 6 cod. pen., Sez. U, n. 38518 del 27/11/2014, dep. 2015, Ventrici, Rv. 264674).
In caso di ricorrenza delle aggravanti di cui ai commi 3, 3 bis e 3 ter, quindi, fermo restando il divieto di bilanciamento, il giudice, in forza del comma 3 ter, aumenterà da un terzo alla metà la pena detentiva edittale prevista dal comma 3 e applicherà la multa di euro 25.000 per ogni persona; sulla pena così ottenuta applicherà l’aumento dì cui al comma 3 bis e, infine, opererà le diminuzioni in forza delle eventuali attenuanti (cfr., praticamente testuale, alle pagine 16 e 17 della motivazione di Sezioni Unite n. 40982 del 21/06/2018, P., Rv. 273937 – 01).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa ne determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023
Il Consiglk e estensore