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Bilanciamento circostanze aggravanti: furto e pena

La Corte di Cassazione annulla una sentenza per errato calcolo della pena in un caso di furto aggravato. Il giudice di merito aveva operato un bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti generiche, in violazione dell’art. 624 bis, comma 4, cod. pen. La Suprema Corte ha chiarito che il divieto di bilanciamento delle circostanze aggravanti ‘privilegiate’ è assoluto e ha rideterminato la pena partendo dalla fattispecie aggravata.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bilanciamento Circostanze Aggravanti: la Cassazione sul Divieto per il Furto

Il corretto calcolo della pena è un principio cardine del diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di seguire scrupolosamente le norme sul bilanciamento delle circostanze aggravanti, specialmente in relazione al reato di furto previsto dall’art. 624 bis del codice penale. La decisione in esame chiarisce che alcune aggravanti, definite ‘privilegiate’, non possono essere neutralizzate dalle attenuanti generiche, con conseguenze dirette e significative sulla pena finale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. L’imputato era stato ritenuto colpevole di un reato commesso in concorso con altri, con l’aggravante di aver usato violenza sulle cose (art. 625 n. 2 c.p.) e con la contestazione della recidiva.

Nel determinare la pena, il giudice di primo grado aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e le aveva considerate equivalenti all’aggravante e alla recidiva. Sulla base di questo giudizio di bilanciamento, aveva calcolato la pena partendo dalla cornice edittale del reato non aggravato (anni 4 di reclusione), riducendola poi di un terzo per la scelta del rito abbreviato. La pena finale inflitta era stata di 2 anni e 8 mesi di reclusione e 618,00 euro di multa.

Il Ricorso del Procuratore e il Divieto di Bilanciamento delle Circostanze Aggravanti

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una palese violazione di legge. Il fulcro del ricorso verteva sull’errata applicazione del bilanciamento delle circostanze aggravanti.

Secondo il ricorrente, il giudice di merito aveva ignorato il disposto dell’art. 624 bis, comma 4, del codice penale. Tale norma stabilisce un’eccezione alla regola generale del bilanciamento (art. 69 c.p.), prevedendo che le circostanze attenuanti (diverse da quelle specificamente indicate negli artt. 98 e 625 bis) non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle aggravanti di cui all’art. 625 c.p. quando concorrono con il reato di furto in abitazione o furto con strappo. Di conseguenza, il giudice avrebbe dovuto applicare l’aumento di pena per l’aggravante e solo successivamente operare le eventuali riduzioni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno confermato che l’art. 624 bis, comma 4, c.p. introduce un divieto assoluto di prevalenza o equivalenza delle attenuanti comuni sulle aggravanti ‘privilegiate’ del furto, come quella della violenza sulle cose.

L’errore del primo giudice è stato duplice:
1. Ha effettuato un giudizio di bilanciamento vietato dalla legge.
2. Di conseguenza, ha determinato la pena partendo da una base errata, quella del reato semplice, anziché da quella, più severa, prevista per la fattispecie aggravata (art. 624 bis, comma 3, c.p.), che prevede una pena minima di 5 anni di reclusione e 1.000 euro di multa.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla chiara volontà del legislatore di inasprire il trattamento sanzionatorio per determinate tipologie di furto considerate di particolare allarme sociale. Le aggravanti elencate nell’art. 625 c.p. sono state ‘blindate’ per impedire che il loro effetto di aumento della pena potesse essere vanificato dal riconoscimento di attenuanti generiche.

Citando un precedente delle Sezioni Unite (Sent. n. 42414/2021), la Corte ha ribadito che queste aggravanti ‘privilegiate’ sono sottratte al giudizio di comparazione. Pertanto, il calcolo corretto della pena deve necessariamente partire dalla cornice edittale della fattispecie aggravata. L’effetto delle attenuanti generiche, seppur riconosciute, non svanisce del tutto, ma può essere considerato dal giudice nell’ambito dei criteri generali di commisurazione della pena (art. 133 c.p.) per quantificare la sanzione all’interno della forbice edittale aggravata, ma non può mai neutralizzare l’aggravante stessa.

Data la natura dell’errore, puramente di diritto e senza necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio e, avvalendosi dei poteri conferitigli dall’art. 620 cod. proc. pen., ha rideterminato direttamente la pena. Partendo dal minimo edittale di 5 anni e 1.000 euro, ha applicato la riduzione di un terzo per il rito, fissando la nuova pena in 3 anni e 4 mesi di reclusione ed euro 666,00 di multa.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale nel calcolo della pena per i reati di furto aggravato. I giudici di merito non hanno discrezionalità nel bilanciare le attenuanti generiche con le aggravanti speciali previste dall’art. 625 c.p. quando si procede per il delitto di cui all’art. 624 bis c.p. La pena base deve sempre essere quella del reato aggravato, garantendo così che la risposta sanzionatoria sia adeguata alla maggiore gravità del fatto, come voluto dal legislatore. Per gli operatori del diritto, è un monito a prestare la massima attenzione alle norme speciali che derogano alla disciplina generale del concorso di circostanze.

È possibile bilanciare le attenuanti generiche con l’aggravante della violenza sulle cose nel reato di furto in abitazione?
No, l’art. 624 bis, comma 4, del codice penale vieta espressamente che le circostanze attenuanti (diverse da quelle degli artt. 98 e 625 bis) possano essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle aggravanti previste dall’art. 625, tra cui la violenza sulle cose.

Qual è stato l’errore commesso dal giudice di primo grado nel calcolare la pena?
Il giudice ha erroneamente neutralizzato l’aggravante attraverso un giudizio di equivalenza con le attenuanti generiche. Di conseguenza, ha calcolato la pena partendo dalla cornice edittale del reato non aggravato (art. 624 bis, comma 1), anziché da quella, più severa, prevista per la fattispecie aggravata (art. 624 bis, comma 3).

Perché la Corte di Cassazione ha potuto rideterminare direttamente la pena senza rinviare al giudice di merito?
La Corte di Cassazione ha potuto ricalcolare la pena ai sensi dell’art. 620 cod. proc. pen. perché non vi erano margini di discrezionalità. L’errore era puramente di diritto e la correzione consisteva nell’applicare il minimo edittale previsto per la fattispecie aggravata e operare la successiva riduzione di un terzo per il rito abbreviato, un calcolo matematico senza valutazioni di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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