Bilanciamento attenuanti: i limiti al sindacato della Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema del bilanciamento attenuanti generiche con la recidiva, ribadendo i confini del proprio potere di revisione sulle decisioni dei giudici di merito. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena e i requisiti per l’applicazione di specifiche circostanze, come quella del risarcimento del danno.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente lamentava principalmente due aspetti. In primo luogo, contestava il giudizio di equivalenza formulato dai giudici tra le circostanze attenuanti generiche a lui riconosciute e l’aggravante della recidiva. A suo avviso, le attenuanti avrebbero dovuto prevalere. In secondo luogo, si doleva della mancata applicazione dell’attenuante speciale prevista per aver risarcito il danno alla persona offesa.
Il bilanciamento attenuanti e la discrezionalità del giudice
La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo di ricorso manifestamente infondato e inammissibile. Gli Ermellini hanno ricordato un principio consolidato: il bilanciamento attenuanti e aggravanti costituisce una valutazione tipicamente discrezionale, riservata al giudice di merito. Tale valutazione sfugge al sindacato di legittimità, a meno che non sia il risultato di un palese arbitrio o di un ragionamento macroscopicamente illogico.
La Corte ha precisato che la motivazione del giudice di merito può essere ritenuta sufficiente anche quando, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si limita a considerarla la più idonea a garantire l’adeguatezza della pena in concreto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato elementi quali le modalità della condotta, il danno arrecato, la personalità dell’imputato e il suo comportamento processuale, fornendo così un fondamento logico e non censurabile alla propria decisione.
L’attenuante del risarcimento del danno: integralità e tempestività
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata concessione dell’attenuante del risarcimento del danno, è stato respinto. La Cassazione ha evidenziato come la decisione del giudice di merito fosse basata su una motivazione priva di illogicità evidenti.
Nello specifico, la Corte d’Appello aveva rilevato due carenze fondamentali nell’azione risarcitoria dell’imputato: il risarcimento non era stato integrale e, inoltre, era intervenuto tardivamente, solo dopo l’apertura del dibattimento. Questi due elementi, secondo la Suprema Corte, giustificano pienamente il diniego dell’attenuante, che presuppone una riparazione del danno completa e possibilmente tempestiva, quale segno di una reale volontà di emenda.
Le motivazioni della Corte
La motivazione della Corte Suprema si fonda sulla netta distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità. Il potere di valutare come le diverse circostanze del reato incidano sulla pena spetta al giudice che analizza il merito della vicenda. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di grado inferiore, ma solo verificare che quest’ultima sia stata espressa in modo logico e conforme alla legge. Citando un precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 10713/2010), la Corte ribadisce che una motivazione adeguata a giustificare l’equivalenza nel bilanciamento delle circostanze è sufficiente per resistere al vaglio di legittimità. Allo stesso modo, il diniego dell’attenuante per il risarcimento del danno è stato ritenuto correttamente motivato sulla base di fatti concreti e rilevanti (la parzialità e la tardività del risarcimento).
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. Primo, il ricorso in Cassazione non può diventare un terzo grado di giudizio nel merito. Le valutazioni discrezionali sulla pena, come il bilanciamento attenuanti, sono difficilmente attaccabili se sorrette da una motivazione coerente. Secondo, per beneficiare di attenuanti come quella del risarcimento del danno, non basta un gesto qualsiasi, ma è necessaria una condotta che dimostri una riparazione effettiva, integrale e, per quanto possibile, tempestiva del pregiudizio causato alla vittima. La decisione finale, dichiarando l’inammissibilità del ricorso, ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile contestare in Cassazione il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti?
No, di regola non è consentito. Tale valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito ed è sindacabile in sede di legittimità solo se la motivazione è frutto di mero arbitrio o palesemente illogica.
Perché non è stata applicata l’attenuante del risarcimento del danno in questo caso?
L’attenuante non è stata applicata perché il risarcimento del danno offerto dall’imputato non era integrale ed è stato effettuato in ritardo, ovvero dopo l’inizio del dibattimento processuale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30790 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30790 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RIMINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME,
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si contesta il giudizio di comparazio fra le circostanze attenuanti generiche e la contestata recidiva, non è consentito in sede legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbit di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi que che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più i realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito sono incensurabili, nella parte in cui valorizzano le modalità della condotta, il danno arrecato alla persona offesa, personalità dell’imputato e il suo comportamento processuale;
che il medesimo motivo, nella parte in cui contesta la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, co.1, n.6 cod. pen., non è consentito in sed legittimità ed è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, nella quale si evidenzia che il risarcimento del danno, oltre ad essere interve dopo l’apertura del dibattimento, non è stato integrale;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 giugno 2024.