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Beni culturali: ricorso inammissibile se generico

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per possesso illecito di beni culturali. I motivi, ritenuti generici e volti a un riesame del merito, non superano il vaglio di legittimità, confermando la condanna e impedendo la declaratoria di prescrizione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Beni culturali e processo penale: perché un ricorso generico è destinato a fallire

Il possesso illecito di beni culturali è un reato che mina il patrimonio storico e artistico della nazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22083/2025, offre importanti chiarimenti sui requisiti necessari per contestare efficacemente una condanna in tale materia. Il caso analizzato evidenzia come la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso non solo ne determinino l’inammissibilità, ma precludano anche la possibilità di far valere l’eventuale prescrizione del reato.

I fatti di causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 176 del d.lgs. n. 42/2004, per essersi impossessato di beni culturali appartenenti allo Stato, specificamente monete antiche e altri reperti archeologici, rinvenuti nel sottosuolo. La condanna si basava sul ritrovamento di tali oggetti, insieme a un metal detector, e sulle perizie che attestavano la presenza di incrostazioni di terra compatibili con la zona di ritrovamento. La pena inflitta era di quattro mesi di reclusione e 200 euro di multa, con sospensione condizionale.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, articolando quattro principali motivi di doglianza:
1. Prescrizione del reato: Sosteneva che il tempo trascorso dai fatti (risalenti al 2016) avesse ormai estinto il reato.
2. Violazione di legge e mancanza di prova: Contestava che la sua responsabilità fosse stata provata, affermando che il solo possesso dei reperti e del metal detector non dimostrava che fosse stato lui a trovarli. Aggiungeva che alcuni oggetti erano falsi o di scarso valore.
3. Pena sproporzionata: Lamentava che la pena fosse eccessiva, non tenendo conto della sua incensuratezza e della reale gravità del danno.
4. Vizio di motivazione: Asseriva che la Corte d’Appello si fosse limitata a ‘copiare’ la sentenza di primo grado, senza rispondere specificamente ai motivi di appello.

L’analisi della Corte: beni culturali e ricorso generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato su tutti i fronti. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive, ribadendo principi fondamentali del processo penale di legittimità.

In primo luogo, riguardo al vizio di motivazione, la Corte ha sottolineato che chi lamenta una risposta inadeguata da parte del giudice d’appello ha l’onere di essere specifico. Non basta affermare genericamente che i motivi non sono stati esaminati; è necessario indicare precisamente quali questioni sono state ignorate e riprodurre il contenuto delle doglianze disattese. Il ricorso per Cassazione deve essere ‘autosufficiente’, cioè deve contenere tutti gli elementi per permettere alla Corte di decidere senza dover consultare altri atti. In questo caso, la difesa non aveva soddisfatto tale onere.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha poi analizzato gli altri motivi. La censura sulla mancanza di prove è stata respinta perché, di fatto, mirava a una nuova valutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. I giudici di merito avevano logicamente dedotto la responsabilità dell’imputato dalla presenza congiunta del metal detector, dei reperti e delle incrostazioni di terra tipiche della zona. Questa è una valutazione di fatto, incensurabile in Cassazione se, come in questo caso, la motivazione è logica e non contraddittoria. Le sentenze di primo e secondo grado, essendo conformi (‘doppia conforme’), formavano un unico corpo decisionale solido.

Anche la doglianza sulla pena è stata giudicata infondata. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la decisione è palesemente illogica o arbitraria. Nel caso specifico, la pena era molto vicina al minimo legale e giustificata dalla ‘considerevole quantità di monete rinvenute’.

Infine, e questo è un punto cruciale, l’inammissibilità del ricorso ha impedito alla Corte di dichiarare la prescrizione del reato. Secondo un principio consolidato, un ricorso inammissibile per manifesta infondatezza non instaura un valido rapporto processuale d’impugnazione. Di conseguenza, il giudice non può esaminare cause di non punibilità, come la prescrizione, maturate dopo la presentazione del ricorso stesso.

Conclusioni

La sentenza in esame costituisce un monito importante: la difesa nel processo penale, soprattutto davanti alla Corte di Cassazione, richiede rigore e specificità. Non sono ammesse contestazioni generiche o tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto nei gradi di merito. Per la tutela dei beni culturali, questa decisione rafforza l’efficacia delle sentenze di condanna, impedendo che ricorsi pretestuosi possano portare all’estinzione del reato per prescrizione. L’imputato, oltre alla conferma della condanna, è stato obbligato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

Perché il ricorso per il possesso illecito di beni culturali è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e manifestamente infondati. La difesa non ha specificato quali punti dell’appello fossero stati ignorati dalla corte territoriale e ha tentato di ottenere un riesame dei fatti, attività non consentita in sede di Cassazione.

Se il reato si prescrive dopo la sentenza d’appello, la Cassazione può dichiararlo estinto?
No. Se il ricorso per Cassazione è inammissibile per manifesta infondatezza, non si forma un valido rapporto processuale. Di conseguenza, la Corte non può dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, anche se questa è maturata dopo la presentazione del ricorso.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena inflitta?
La contestazione della misura della pena in Cassazione è ammissibile solo se la decisione del giudice di merito appare palesemente illogica, arbitraria o non motivata. La graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice, e una censura che mira semplicemente a una ‘nuova valutazione’ della congruità della pena è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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