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Beni archeologici: no restituzione dopo assoluzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6232/2024, ha stabilito che i beni archeologici sequestrati non devono essere restituiti al privato, anche se questo viene assolto dal reato di ricettazione. La Corte ha chiarito che tali beni appartengono allo Stato a titolo originario, a prescindere dall’esito del procedimento penale. L’onere di provare una proprietà legittima, antecedente alla legge del 1909, spetta al privato e, in mancanza di tale prova, la confisca è obbligatoria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Beni Archeologici: Perché Non Vengono Restituiti Anche in Caso di Assoluzione?

L’assoluzione da un’accusa penale non garantisce automaticamente la restituzione dei beni sequestrati, specialmente quando si tratta di beni archeologici. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: i reperti archeologici appartengono allo Stato, e la loro restituzione a un privato è un’eccezione che deve essere rigorosamente provata. Analizziamo questa importante decisione per capire le ragioni giuridiche che separano l’esito di un processo penale dal destino dei reperti di valore storico.

Il Caso in Esame: La Richiesta di Restituzione Dopo l’Assoluzione

Un soggetto, precedentemente accusato del reato di ricettazione di materiale archeologico (ai sensi dell’art. 648 c.p.), veniva assolto con sentenza irrevocabile. In seguito all’assoluzione, l’interessato presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione per ottenere la restituzione dei numerosi reperti che gli erano stati sequestrati durante le indagini. Tali reperti includevano monete di varie epoche (bizantina, preromana, romana), gemme medievali e anelli di epoca ellenistica.

Contrariamente alle aspettative dell’istante, il Tribunale di Catania rigettava la richiesta. La decisione si fondava su una comunicazione della Soprintendenza ai Beni Culturali, la quale aveva confermato l’interesse archeologico dei reperti, qualificandoli come beni appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato e, quindi, non legittimamente detenibili da un privato. L’individuo decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sostenendo che l’assoluzione avrebbe dovuto comportare la restituzione dei beni.

La Proprietà Statale dei Beni Archeologici

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. Il punto centrale della questione non risiede nell’esito del processo penale, ma nella natura giuridica stessa dei beni archeologici.

La Legge del 1909 e la Proprietà a Titolo Originario

I giudici hanno richiamato un principio cardine, introdotto per la prima volta con la legge n. 364 del 1909 e successivamente confluito nel Codice dei Beni Culturali (D.Lgs. 42/2004). Secondo questa normativa, tutti i beni che presentano un interesse archeologico, ovunque si trovino nel territorio nazionale, appartengono allo Stato a titolo originario. Ciò significa che la proprietà dello Stato sorge automaticamente al momento del ritrovamento del bene, senza bisogno di un atto di trasferimento da un precedente proprietario.

L’Onere della Prova a Carico del Privato

Di conseguenza, un privato che affermi di essere il legittimo proprietario di un reperto archeologico non può limitarsi a dimostrare di non aver commesso un reato per ottenerlo. Egli ha l’onere della prova di dimostrare una delle due seguenti circostanze:

1. Di aver acquistato il bene prima dell’entrata in vigore della legge del 1909.
2. Che il bene rientri in una delle rare eccezioni previste dalla legge per la proprietà privata.

In assenza di tale prova, la detenzione del bene da parte del privato è considerata illegittima, poiché il bene appartiene di diritto allo Stato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile i motivi per cui l’assoluzione penale non è sufficiente a giustificare la restituzione. La decisione si fonda su un’analisi giuridica che va oltre la vicenda processuale del singolo individuo, concentrandosi sulla tutela del patrimonio culturale collettivo. Il rigetto dell’istanza di restituzione si basa sull’assunto che la Soprintendenza ai Beni Culturali e Archeologici aveva confermato che i beni sequestrati erano di interesse archeologico. Di conseguenza, il ricorrente non aveva provato di possederli da un’epoca anteriore all’entrata in vigore della legge del 20 giugno 1909, n. 364. Solo in tal caso la detenzione dei reperti, nonostante la loro natura, avrebbe potuto essere considerata legittima. La natura dei beni è stata collegata alla dichiarazione della Soprintendenza, richiamata dal Comando Tutela Patrimonio Culturale. Si evidenziava che gli oggetti in questione, rientrando tra quelli tutelati dal Codice dei Beni Culturali, non erano “lecitamente detenibili dal privato”.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza il principio della proprietà statale dei beni archeologici, un pilastro della legislazione a tutela del patrimonio culturale italiano. La decisione chiarisce che la valutazione sulla legittimità della detenzione di un reperto è indipendente dall’accertamento di una responsabilità penale. L’assoluzione da reati come la ricettazione non scalfisce la presunzione di appartenenza dei beni allo Stato. Per il privato cittadino, l’unico modo per rivendicare la proprietà di un bene archeologico è fornire una prova storica e giuridica della sua acquisizione in un’epoca in cui ciò era ancora consentito dalla legge, ovvero prima del 1909. In mancanza, la confisca diventa un atto dovuto per proteggere un patrimonio che appartiene all’intera collettività.

A chi appartengono i reperti archeologici trovati sul territorio italiano?
Secondo la legge italiana, a partire dalla legge n. 364 del 1909, i beni archeologici appartengono allo Stato a titolo originario, indipendentemente da chi e dove li ritrovi.

L’assoluzione dal reato di ricettazione di beni archeologici dà diritto alla loro restituzione?
No. La sentenza chiarisce che l’esito del processo penale è irrilevante per la questione della proprietà. I beni non vengono restituiti perché sono considerati proprietà dello Stato per la loro stessa natura, non perché sono il provento di un reato.

Come può un privato dimostrare di essere il legittimo proprietario di un bene archeologico?
Il privato deve fornire la prova inequivocabile di aver acquisito il bene in un’epoca precedente all’entrata in vigore della legge n. 364 del 20 giugno 1909, che ha sancito la proprietà statale su tali reperti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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