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Beneficio non menzione: quando il giudice può negarlo?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per furto, confermando la decisione dei giudici di merito di negare il beneficio non menzione della condanna. La motivazione si fonda sull’abitualità dell’imputata a commettere illeciti dello stesso tipo, come desunto dal suo casellario giudiziale, ritenendo tale elemento ostativo alla concessione del beneficio.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Beneficio non menzione: la Cassazione chiarisce i limiti in caso di reati abituali

Il beneficio non menzione della condanna nel casellario giudiziale è una misura importante per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito come la tendenza a delinquere dell’imputato, desumibile dai precedenti, possa essere un motivo valido per negare tale beneficio. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso in esame: dal furto al ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un’imputata per il reato di furto aggravato, emessa in primo grado dal Tribunale e parzialmente riformata dalla Corte d’Appello. La pena finale inflitta era di due mesi di reclusione e 60,00 euro di multa.

Nonostante la pena contenuta, l’imputata, tramite il suo difensore, ha deciso di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava la mancata concessione del beneficio non menzione della condanna nel casellario giudiziale. Secondo la difesa, il diniego da parte della Corte d’Appello violava gli articoli 175 e 133 del codice penale e si basava su una motivazione illogica.

L’abitualità nel commettere reati come ostacolo al beneficio non menzione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto il motivo di ricorso manifestamente infondato, in quanto si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte territoriale, senza aggiungere una critica costruttiva alle argomentazioni della sentenza impugnata.

Il punto centrale della decisione risiede nella validità della motivazione addotta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva negato il beneficio sottolineando come dal casellario giudiziale dell’imputata emergesse una chiara dedizione e abitualità nel commettere illeciti della stessa specie. Questo elemento è stato considerato decisivo e contrario all’accoglimento della richiesta.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha confermato che la valutazione del giudice di merito è stata adeguata e logica. I giudici hanno il potere-dovere di valutare la personalità del reo e la sua condotta pregressa per decidere sulla concessione del beneficio non menzione. La presenza di precedenti specifici, che delineano una tendenza a delinquere, è un fattore legittimamente ostativo.

In sostanza, il beneficio è pensato per chi commette un errore isolato e dimostra di potersi reinserire positivamente nella società. Quando, al contrario, il reato si inserisce in una serie di condotte illecite, viene meno il presupposto fiduciario per la concessione della misura. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione rafforza un principio consolidato: il beneficio non menzione non è un diritto automatico del condannato, ma una concessione subordinata a una valutazione complessiva della sua personalità e del suo percorso di vita. La presenza di precedenti penali, soprattutto se specifici e indicativi di un’abitualità nel reato, costituisce un valido motivo per il diniego. La decisione serve da monito, evidenziando che anche per reati di modesta entità, una storia criminale pregressa può avere conseguenze significative sull’applicazione di istituti premiali.

Quando può essere negato il beneficio della non menzione della condanna?
Può essere negato quando il giudice, valutando elementi come il casellario giudiziale, ritiene che l’imputato sia dedito e abituale nel commettere illeciti, venendo meno i presupposti per la concessione del beneficio.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza una necessaria analisi critica della decisione impugnata.

Quale elemento è stato decisivo per la Corte d’Appello nel negare il beneficio?
L’elemento decisivo è stato il casellario giudiziale dell’imputata, dal quale emergeva che la stessa era dedita e abituale nella commissione di illeciti della medesima specie, indicando una tendenza a delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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