Beneficio non menzione: la Cassazione chiarisce i limiti in caso di reati abituali
Il beneficio non menzione della condanna nel casellario giudiziale è una misura importante per favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito come la tendenza a delinquere dell’imputato, desumibile dai precedenti, possa essere un motivo valido per negare tale beneficio. Analizziamo insieme questa importante decisione.
Il caso in esame: dal furto al ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un’imputata per il reato di furto aggravato, emessa in primo grado dal Tribunale e parzialmente riformata dalla Corte d’Appello. La pena finale inflitta era di due mesi di reclusione e 60,00 euro di multa.
Nonostante la pena contenuta, l’imputata, tramite il suo difensore, ha deciso di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava la mancata concessione del beneficio non menzione della condanna nel casellario giudiziale. Secondo la difesa, il diniego da parte della Corte d’Appello violava gli articoli 175 e 133 del codice penale e si basava su una motivazione illogica.
L’abitualità nel commettere reati come ostacolo al beneficio non menzione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto il motivo di ricorso manifestamente infondato, in quanto si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte territoriale, senza aggiungere una critica costruttiva alle argomentazioni della sentenza impugnata.
Il punto centrale della decisione risiede nella validità della motivazione addotta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva negato il beneficio sottolineando come dal casellario giudiziale dell’imputata emergesse una chiara dedizione e abitualità nel commettere illeciti della stessa specie. Questo elemento è stato considerato decisivo e contrario all’accoglimento della richiesta.
Le motivazioni
La Suprema Corte ha confermato che la valutazione del giudice di merito è stata adeguata e logica. I giudici hanno il potere-dovere di valutare la personalità del reo e la sua condotta pregressa per decidere sulla concessione del beneficio non menzione. La presenza di precedenti specifici, che delineano una tendenza a delinquere, è un fattore legittimamente ostativo.
In sostanza, il beneficio è pensato per chi commette un errore isolato e dimostra di potersi reinserire positivamente nella società. Quando, al contrario, il reato si inserisce in una serie di condotte illecite, viene meno il presupposto fiduciario per la concessione della misura. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa pronuncia della Cassazione rafforza un principio consolidato: il beneficio non menzione non è un diritto automatico del condannato, ma una concessione subordinata a una valutazione complessiva della sua personalità e del suo percorso di vita. La presenza di precedenti penali, soprattutto se specifici e indicativi di un’abitualità nel reato, costituisce un valido motivo per il diniego. La decisione serve da monito, evidenziando che anche per reati di modesta entità, una storia criminale pregressa può avere conseguenze significative sull’applicazione di istituti premiali.
Quando può essere negato il beneficio della non menzione della condanna?
Può essere negato quando il giudice, valutando elementi come il casellario giudiziale, ritiene che l’imputato sia dedito e abituale nel commettere illeciti, venendo meno i presupposti per la concessione del beneficio.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
È stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza una necessaria analisi critica della decisione impugnata.
Quale elemento è stato decisivo per la Corte d’Appello nel negare il beneficio?
L’elemento decisivo è stato il casellario giudiziale dell’imputata, dal quale emergeva che la stessa era dedita e abituale nella commissione di illeciti della medesima specie, indicando una tendenza a delinquere.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33296 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33296 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata in ROMANIA il 17/03/1994
avverso la sentenza del 05/12/2024 della Corte d’appello di L’Aquila dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma de sentenza emessa dal Tribunale di Chieti, ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato previsto dagli artt. 624 e 625 n. 4 cod. pen., condannandola alla pena di mesi 2 di reclusione euro 60,00 di multa.
L’imputata, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello lamentando, con unico motivo, la violazione dell’art. 175 cod. pen. dell’art. 133 cod. pen., nonché l’illogicità della motivazione laddove la Corte ha negato concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione risulta manifestamente infondato in quanto riproduttivo di prof di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice merito e non scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base dell decisione impugnata.
La Corte di appello ha fornito un’adeguata e logica motivazione a foglio 3, laddove ha evidenziato gli elementi contrari all’accoglimento della richiesta di concessione del benefi della non menzione, in particolare il fatto che l’imputata risultasse essere dedita e abit nella commissione di illeciti di tale specie, come rilevato dal casellario giudiziale.
Ne deriva che il ricorso proposto va dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente a pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2025
Il consigliere estensore
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