Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46826 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46826 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: 3
NOME nato il 10/10/1979 GLYPH ek”
avverso la sentenza del 06/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6.10.2023 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia emessa in primo grado nei confronti di NOME COGNOME che lo aveva dichiarato colpevole dei reati di cui agli art. 110-483 cod. pen. (capo 1, avente ad oggetto la falsa dichiarazione di ospitalità e la falsa dichiarazione di trasferimento della dimora abituale resa ai fini della iscrizione anagrafica per mutamento della residenza) e di cui agli artt. 110-48-479 cod. pen. (capo 2), ha assolto il predetto dal reato di cui al capo 2, rideterminando la pena – già
condizionalmente sospesa – per il capo 1 in mesi due di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche.
Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con l’unico motivo articolato, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., la nullità della sentenza impugnata. Si lamenta in particolare che la Corte di appello pur avendo riconosciuto le attenuanti generiche sulla base delle motivazioni e delle circostanze di fatto che hanno indotto l’imputato alle false dichiarazioni, tali da ritenere il danno di non grave entità anche tenuto conto delle incensuratezza dello stesso, ha poi negato il beneficio della non menzione nel casellario giudiziale sulla base, unica ed esclusiva, della natura del reato.
Il ricorso è stato trattato – ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi, in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 11, comma 7, d. I. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla I. del 23.2.2024 n. 18, per le impugnazioni proposte sino al 30.6.2024 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Se è vero, infatti, che, come ha già più volte avuto modo di affermare questa Corte, il beneficio della non menzione della condanna di cui all’art. 175 cod. pen. è fondato sul principio della “emenda” e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, sicché la sua concessione è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è necessariamente conseguenziale a quella della sospensione condizionale della pena, è altresì indiscusso che il giudice deve indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 16366 del 28/03/2019, Rv. 275813 – 01).
La valutazione del giudice, riguardo alla concedibilità del beneficio in parola, deve intervenire esclusivamente sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., tenendo conto della ratio di tale istituto diretto a favorire il ravvedimento del
condannato mediante l’eliminazione di conseguenze del reato suscettibili di compromettere o intralciare la sua possibilità di lavoro (Sez. 3, n. 24362 del 22/02/2023, Rv. 284669 – 01; conf.: n. 560 del 1995, Rv. 200029-01), specificamente, mediante l’eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato.
Non è pertanto necessariamente contraddittoria la decisione che – come nel caso di specie – neghi uno dei due benefici e conceda l’altro ovvero riconosca le circostanze attenuanti generiche negando il beneficio della non menzione, purché ovviamente dalla motivazione possano cogliersi le ragioni per le quali la persona sia stata ritenuta meritevole solo dell’uno e non dell’altro beneficio, ben potendo i rispettivi riconoscimenti ruotare intorno ai medesimi aspetti.
Nel caso di specie, la Corte di merito, pur avendo riconosciuto, in accoglimento del relativo motivo di appello, le circostanze attenuanti generiche considerando le motivazioni che avrebbero indotto l’imputato a redigere/utilizzare la dichiarazione falsa – in particolare la circostanza che lo stesso era comunque in possesso di regolare permesso di soggiorno e di regolare residenza nel Comune di Crema, ritenuta indicativa della non particolare gravità del fatto, in uno con lo stato di incensuratezza del ricorrente – ha poi negato la non menzione motivando il diniego sulla base unica ed esclusiva della natura del reato. Assume sul punto la Corte territoriale che l’occasionalità della condotta non è di per sé sufficiente a concedere il beneficio avuto riguardo alla tipologia del reato. Il solo fatto che si tratti, in astratto, di un reato contro la fede pubblica osterebbe, di per sé, al riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale perché in relazione a tale tipo di reato sussisterebbe sempre – secondo i giudici di secondo grado – un ragionevole interesse della comunità a conoscere, anche nei rapporti privati, l’esistenza di tale precedente.
Ebbene, balza evidente il vuoto argomentativo che supporta la decisione impugnata: la Corte di merito nel concedere le attenuanti generiche aveva individuato delle ragioni favorevoli all’imputato con le quali avrebbe dovuto confrontarsi nel negare il beneficio in parola e, soprattutto, non ha solo tralasciato tale aspetto ma ha per di più giustificato la sua valutazione negativa affidandola unicamente alla natura astratta del reato, senza affrontare cioè il tema sotteso al tipo di valutazione che l’istituto in parola richiede: quello dell’incidenza positiva del riconoscimento della non menzione in termine di possibilità di recupero sociale del condannato, sia pure da considerare alla luce degli indicatori di cui all’art. 133 cod. pen., tra i quali non è ricompresa la natura astratta del reato.
Affermando che, trattandosi di un reato contro la fede pubblica, sussisterebbe il preminente interesse della comunità a conoscere anche nei rapporti privati la esistenza di tale precedente, si finisce col frustrare a priori la possibilità di beneficiare della non menzione in ragione del solo titolo di reato, cosa che è in contrasto con la norma che non prevede limitazioni in tal senso; laddove la ratio sottesa al riconoscimento della non menzione non risiede nella pubblicità legata alla tipologia del reato al quale è riferita la condanna prevista a tutela dei terzi (Sez. 3, n. 23841 del 17/05/2022, NOME COGNOME, non mass.), bensì nell’agevolazione al reinserimento sociale ad esclusivo beneficio del condannato; esigenza rispetto alla quale l’interesse dei terzi è stata già dal legislatore ritenuta, a monte, soccombente allorquando ricorrano determinate circostanze enucleabili a lume dell’art. 133 cod. pen. – che militano in favore dell’imputato e del suo reinserimento sociale.
Il giudizio sulla concedibilità del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è subordinato esclusivamente alla valutazione delle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen., sicché resta precluso ogni altro criterio di valutazione (Sez. 1, n. 560 del 22/11/1994, dep. 1995, COGNOME, Rv. 200029 – 01) e deve escludersi che la natura del reato, quali che fossero le ragioni addotte dalla difesa a supporto della richiesta, possa costituire una risposta adeguata ai fini del diniego del beneficio in parola, non afferendo né alla valutazione complessiva del fatto né alla personalità dell’imputato.
2. Ciò posto, tenuto conto che, come hanno avuto modo di affermare le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 24/01/2018, Rv. 271831 – 01), la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti, si può giungere nel caso di specie alla luce di tutto quanto sopra riferito ed argomentato – ad annullare la pronuncia impugnata senza rinvio al giudice di merito, riconoscendo all’imputato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta dei privati.
Tale conclusione poggia sulle stesse considerazioni svolte dai giudici di merito in relazione al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, che hanno evidenziato aspetti – la non particolare gravità del fatto-reato, i motivi a delinquere, l’occasionalità della condotta, l’incensuratezza – che ben possono rilevare – tenuto conto del contesto
complessivo del fatto – anche ai fini della valutazione del beneficio in parola. Aspetti ai quali si aggiunge il rilievo della intervenuta ammissione dell’addebito da parte dell’imputato, di cui si dà atto nella sentenza di primo grado, quale ulteriore indice della meritevolezza del chiesto riconoscimento.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al beneficio della non menzione, che concede.
Così deciso il 26/9/2024.