Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4159 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4159 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN GIOVANNI COGNOME il 02/08/1977
avverso la sentenza del 10/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10 gennaio 2024 la Corte d’appello di Bari, dopo aver riconosciuto (anche) l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., ha confermato la sentenza con cui, in data 28 marzo 2022, il Tribunale di Foggia aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di tentato furto, riducendo la pena, in ragione della ritenuta prevalenza delle attenuanti, a mesi 6 di reclusione ed C 600,00 di multa.
Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato si impossessò di un paio di scarpe del valore di euro 94,50 (offerte in vendita ad euro 48,90), prelevandolo dagli scaffali di un esercizio commerciale.
Rimosso il dispositivo antitaccheggio, lo COGNOME indossava le scarpe e, quindi, dopo aver superato l’uscita “senza acquisti”, veniva fermato da un addetto all’esercizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione, pur a fronte di una specifica richiesta, sussistendone i presupposti.
2.2. Anche con il secondo motivo si deduce violazione della legge penale sostanziale e omessa motivazione con riguardo alla richiesta, specificamente avanzata, di proscioglimento per difetto della condizione di procedibilità, in ragione della modifica introdotta dall’art. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1.1. Ragioni di pregiudizialità logico-giuridica impongono di esaminare prima il secondo motivo di ricorso.
Dallo stesso tenore del provvedimento impugnato si evince che l’appellante aveva chiesto il proscioglimento per difetto di querela, invocando l’applicazione l’art. 2 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Richiesta avanzata sebbene la stessa sentenza di primo grado dia atto dell’avvenuta proposizione della querela, presente in atti.
La doglianza mossa dal ricorrente, quindi, soffre di evidente aspecificità: non spiega infatti le ragioni per le quali, pure a fronte della avvenuta proposizione della querela (fatto che, a ben vedere, nemmeno contesta), debba comunque giungersi alla declaratoria di improcedibilità (ad es., per tardività della querela, perché proveniente da soggetto non legittimato).
Ciò rende privo di rilievo anche l’argomento speso dalla parte pubblica, quanto agli effetti del giudizio di bilanciamento sulla procedibilità del reato; in ogni caso, è costante l’orientamento di legittimità secondo cui la ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti all’esito del giudizio di comparazione, influendo solo sulla determinazione della pena e non anche sulla connotazione giuridica della condotta delittuosa, non rende il reato perseguibile a querela di parte, ove questa sia prevista per l’ipotesi non circostanziata (da ultimo, Sez. 2, n. 22952 del 21/12/2020, COGNOME, Rv. 281454 – 01; Sez. 5, n. 44555 del 28/05/2015, L., Rv. 265083 – 01; Sez. 5, n. 37223 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 248426 – 01).
1.2. Il primo motivo è infondato.
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere possibile che il rigetto della richiesta possa fondarsi su una motivazione implicita, ovvero risultante dalla struttura argomentativa della decisione impugnata (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096 – 01; Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420 – 01; Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280244 – 05; Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, deo. 2019, D., Rv. 275635 – 02; Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017, Tempera, Rv. 270033 – 01).
Orientamento, questo, che ha trovato specifica applicazione anche con riferimento al diniego, implicitamente motivato, del beneficio della non menzione (Sez. 2, n. 11992 del 18/02/2020, Nether, Rv. 278572 – 01; Sez. 3, n. 26191 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 276041 – 01; Sez. 3, n. 19648 del 27/02/2019, COGNOME, Rv. 275748).
Ciò posto, nella specie la Corte territoriale, pur riconoscendo (anche) l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., in prevalenza sulle contestate aggravanti, ha poi sottolineato che le modalità del fatto (commesso in pieno pomeriggio in un centro commerciale con rimozione delle tacche antitaccheggio e occultamento delle scarpe sulla propria persona) ed i plurimi precedenti specifici, non consentivano di applicare la riduzione ex art. 69 cod. pen. nella massima estensione.
In tal modo, il diniego del beneficio previsto dall’art. 175 cod. pen. può ritenersi implicito nella parte della motivazione con cui il giudice ha mostrato di
aver valutato gli elementi indicati dall’art.133 cod. pen. per escludere una ulteriore mitigazione del trattamento sanzionatorio (p. 4 sentenza ricorsa) mentre invece il ricorrente si è limitato ad affermare, puramente e semplicemente, che i requisiti richiesti per il beneficio invocato “appaiono tutti sussistenti” (p. 2 ricorso).
Né osta al riconoscimento del diniego implicito la contestuale concessione della sospensione condizionale della pena ed il riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti (cfr., la già citata Sez. 2, Nether, Rv. 278572 – 01).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2024