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Beneficio non menzione: diniego implicito legittimo

Un uomo condannato per tentato furto di scarpe ha presentato ricorso in Cassazione lamentando il mancato riconoscimento del beneficio non menzione della condanna. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che il diniego di tale beneficio può essere legittimamente implicito. La motivazione si può desumere dalla valutazione complessiva della gravità del fatto e dei precedenti penali dell’imputato, effettuata dal giudice per determinare la pena.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Beneficio non menzione: Quando il diniego del giudice può essere implicito?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4159 del 2025, affronta un tema cruciale del diritto penale: le condizioni per la concessione del beneficio non menzione della condanna nel casellario giudiziale. La pronuncia chiarisce che il diniego di tale beneficio non necessita sempre di una motivazione esplicita, potendo risultare implicitamente dalle valutazioni del giudice sulla gravità del reato e sulla personalità dell’imputato. Analizziamo nel dettaglio questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Il Tentato Furto e la Condanna

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato furto. L’imputato si era impossessato di un paio di scarpe del valore di circa 94 euro all’interno di un esercizio commerciale. Dopo aver rimosso il dispositivo antitaccheggio, aveva indossato le calzature e superato le casse senza pagare, venendo però fermato da un addetto alla sicurezza. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna a 6 mesi di reclusione e 600 euro di multa, pur riconoscendo la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti contestate.

I Motivi del Ricorso e il beneficio non menzione

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a due motivi principali:
1. La presunta improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela, a seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022).
2. La violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento del beneficio non menzione della condanna, nonostante una richiesta specifica e la sussistenza dei presupposti.

La Decisione della Corte: Il Diniego Implicito è Legittimo

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo entrambi i motivi infondati e fornendo chiarimenti essenziali su entrambi i fronti.

Sulla Procedibilità del Reato

In primo luogo, i giudici hanno definito il motivo sulla procedibilità come aspecifico. La sentenza di primo grado, infatti, attestava la presenza della querela agli atti, un fatto mai contestato dal ricorrente. La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato: il giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti (art. 69 c.p.) influisce solo sulla determinazione della pena, ma non modifica la natura giuridica del reato. Pertanto, se un reato è aggravato e perseguibile d’ufficio, tale rimane anche se le attenuanti vengono ritenute prevalenti ai fini sanzionatori.

Analisi del beneficio non menzione e del Diniego Implicito

Il punto centrale della sentenza riguarda la questione del beneficio non menzione. La Suprema Corte ha confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il rigetto di una richiesta non deve necessariamente essere supportato da una motivazione ad hoc e separata. Può, invece, essere considerato un “diniego implicito” quando le ragioni della decisione emergono dalla struttura argomentativa complessiva della sentenza.

Nel caso di specie, la Corte territoriale, pur riconoscendo le attenuanti, aveva sottolineato elementi negativi per non concedere la massima riduzione della pena. Tali elementi includevano le modalità del fatto (commesso in un centro commerciale, con rimozione delle placche antitaccheggio e occultamento) e i plurimi precedenti specifici dell’imputato. Questa valutazione, basata sui criteri dell’art. 133 c.p. (gravità del reato e capacità a delinquere), è stata ritenuta sufficiente a motivare implicitamente anche il diniego del beneficio previsto dall’art. 175 c.p. In altre parole, gli stessi elementi che hanno sconsigliato una pena più mite sono stati ritenuti validi per negare anche la non menzione.

le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio di economia processuale e sulla visione unitaria della valutazione del giudice. I giudici hanno spiegato che il diniego del beneficio non menzione è implicitamente contenuto nella parte della motivazione in cui il giudice di merito ha valutato gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale per escludere un’ulteriore mitigazione della pena. La Corte ha ritenuto che la valutazione delle modalità della condotta e dei precedenti penali, pur essendo finalizzata alla quantificazione della sanzione, costituisca una base logica sufficiente per giustificare anche il mancato accoglimento della richiesta di non menzione. Non è necessario, quindi, un paragrafo autonomo quando le ragioni del diniego sono chiaramente desumibili dal percorso argomentativo seguito dal giudice.

le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio per la prassi giudiziaria. La decisione di concedere o negare il beneficio non menzione non è un atto slegato dal resto della valutazione del giudice, ma si inserisce nel giudizio complessivo sulla gravità del reato e sulla personalità del condannato. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente lamentare una mancata motivazione esplicita; è necessario dimostrare che l’intera struttura argomentativa della sentenza non contenga elementi idonei a giustificare, anche implicitamente, il diniego. Questa pronuncia ribadisce che la concessione di un beneficio non è mai automatica, ma sempre soggetta a una valutazione discrezionale del giudice basata su tutti gli elementi del caso concreto.

È possibile che un giudice neghi il beneficio della non menzione senza spiegarlo esplicitamente?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diniego può essere implicito e ritenersi legittimamente motivato quando dalla valutazione complessiva della gravità del fatto e dei precedenti dell’imputato, effettuata dal giudice per determinare la pena, emergono ragioni ostative alla concessione del beneficio.

Se le circostanze attenuanti prevalgono sulle aggravanti, un reato diventa automaticamente procedibile a querela?
No. Il bilanciamento delle circostanze incide esclusivamente sulla determinazione della pena e non altera la natura giuridica del reato o le sue condizioni di procedibilità. Se il reato nella sua forma aggravata è procedibile d’ufficio, tale rimane anche in caso di prevalenza delle attenuanti.

La concessione della sospensione condizionale della pena obbliga il giudice a concedere anche il beneficio della non menzione?
No. Si tratta di due benefici distinti, basati su presupposti e valutazioni differenti. La sentenza in esame dimostra che un giudice può concedere la sospensione condizionale ma, sulla base delle modalità del reato e dei precedenti specifici, ritenere non meritevole l’imputato del beneficio della non menzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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