Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29525 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29525 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Perugia del 20.2.2025
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
Il Tribunale aggiunge che nella nuova istanza COGNOME non ha assolto agli oneri di allegazione previsti dal nuovo testo dell’art. 4bis , comma 1bis , ord. pen.
– Relatore –
Sent. n. sez. 1721/2025
CC – 15/05/2025
R.G.N. 11001/2025
Di conseguenza, il Tribunale ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale.
Nonostante abbia dato atto nel proprio provvedimento che il condannato ha la disponibilità di una dimora e di un lavoro, il Tribunale perviene poi alla decisione sfavorevole con una motivazione del tutto assertiva, nella quale non risultano precisate le ragioni per cui la condizione soggettiva del datore di lavoro sia un ostacolo alla concessione del beneficio.
La motivazione dell’ordinanza Ł inoltre illogica laddove trascura che al ricorrente non Ł mai stata contestata l’appartenenza ad organizzazioni criminali e che dalle sentenze non emerge alcun elemento che possa far ritenere che NOME sia in possesso di un patrimonio di conoscenze utili alla giustizia per l’accertamento di fatti ulteriori.
Nell’istruttoria effettuata in occasione della prima istanza, Ł risultata accertata la mancanza di collegamenti attuali del condannato con la criminalità organizzata, come pure precedenti alla commissione del reato.
Invece, il Tribunale di sorveglianza, contraddicendo le risultanze probatorie, ha affermato che COGNOME potrebbe commettere nuovi reati o avere collegamenti con contesti criminali sulla base della sola latitanza di un correo, non tenendo in considerazione che l’istante abbia dichiarato di non conoscerlo.
In secondo luogo, Ł da stigmatizzare la assoluta mancanza di motivazione circa la richiesta subordinata di ammissione al regime di semilibertà, non potendosi ritenere che la assenza dei requisiti per l’affidamento in prova consenta di ritenere implicito anche il rigetto della richiesta di semilibertà, in quanto misure alternative che si fondano su presupposti differenti.
La difesa aveva evidenziato che il ricorrente ha sempre mantenuto un comportamento corretto, improntato al rispetto, all’educazione e al lavoro, senza mai riportare rilievi disciplinari. In proposito, il Tribunale non dubita della regolare condotta e dei progressi trattamentali nel percorso detentivo del condannato, evidenziando come nella relazione di sintesi emerga che un processo di revisione critica da parte del condannato sia stato avviato, di guisa che Ł ancora piø evidente il vizio di omessa motivazione circa la richiesta subordinata di semilibertà.
Con requisitoria scritta trasmessa il 21.4.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta subordinata della semilibertà, in relazione alla quale risulta del tutto pretermessa la
motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il vaglio del ricorso deve necessariamente muovere dal dato che già con precedente ordinanza del 5.9.2024 il Tribunale di Sorveglianza di Perugia avesse ritenuto insussistente, nei confronti di Rexhepi, il requisito della collaborazione impossibile previsto dall’art. 3, comma 2, D.L. n. 162 del 2022 per i condannati prima dell’entrata in vigore del decreto stesso.
Di conseguenza, il nuovo accertamento ha riguardato la sussistenza dei presupposti della nuova disciplina di cui all’art. 4bis , comma 1bis , ord. pen., il quale stabilisce che i benefici penitenziari possano essere concessi, anche in assenza di collaborazione, ai condannati che ‘dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato Ł stato commesso, nonchØ il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile’.
In questa prospettiva, il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto con motivazione congrua che il condannato non avesse assolto ai suddetti oneri di allegazione, nØ con riferimento agli elementi che consentano di escludere il suo collegamento con il contesto nel quale il reato fu commesso ovvero il pericolo del ripristino di tele collegamento, nØ con riferimento alla dimostrazione dell’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna.
Sotto il primo profilo, l’ordinanza richiama i precedenti del ricorrente e la circostanza che tra il 2020 e il 2023 sia stato piø volte controllato in compagnia di pregiudicati; evidenzia, altresì, che COGNOME ha dichiarato di avere un domicilio, risultato però nella disponibilità di un pregiudicato, il quale peraltro Ł anche il titolare della ditta presso cui il condannato lavorava prima della detenzione e che, dalle informazioni di polizia, costituisce un ambiente di lavoro problematico ove la possibilità di contatti con altri pregiudicati e con attività delittuose Ł concreta.
Sotto il secondo profilo, l’ordinanza prende atto che COGNOME non si Ł attivato per provvedere al pagamento delle spese processuali, conformandosi, perciò, al principio, già affermato, secondo cui il condannato per reati ostativi cd. “di prima fascia” che, non avendo collaborato con la giustizia, voglia accedere alle misure alternative alla detenzione ai sensi dell’art. 4bis , comma 1bis , legge 26 luglio 1975, n. 354, deve dimostrare l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, o l’assoluta impossibilità dello stesso, anche nel caso in cui la persona offesa non si sia attivata per ottenere il risarcimento del danno (Sez. 1, n. 16321 del 10/1/2024, COGNOME, Rv. 286347 – 01).
Ciò detto, il ricorso avversa questa motivazione in modo generico, sollecitando, per un verso, una mera interpretazione alternativa degli elementi di fatto che il Tribunale di Sorveglianza ha posto a base della sua decisione, e, per l’altro, valorizzando argomenti inconferenti o comunque subordinati al previo accertamento delle condizioni di cui al comma
1bis dell’art. 4bis , ord. pen., come la disponibilità di lavoro o di domicilio ovvero l’assenza di richieste risarcitorie.
Anche gli elementi, richiamati dal ricorso, della regolare condotta in carcere e della partecipazione critica del detenuto al percorso rieducativo non sono stati trascurati dal Tribunale di Sorveglianza, che tuttavia li ha correttamente giudicati recessivi rispetto al dato testuale dell’art. 4bis , comma 1bis , ord. pen., secondo cui gli elementi dimostrativi dell’assenza di contatti con la criminalità e del pericolo di un loro ripristino devono essere ‘specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza’.
Priva di pregio, poi, Ł da considerarsi anche la censura relativa all’omessa motivazione circa la richiesta subordinata di ammissione al regime di semilibertà, la quale non tiene conto che i presupposti per l’ammissione alle misure alternative previste dal capo VI della L. n. 354 del 1975 – compresa, quindi, la semilibertà – dei condannati per reati di cui all’art. 4bis sono gli stessi: se, dunque, i requisiti in questione non sono stati ravvisati per la misura alternativa dell’affidamento in prova, mancano evidentemente anche per la semilibertà.
BenchØ non specificamente esplicitati, i motivi del rigetto della richiesta subordinata debbono intendersi logicamente contenuti e indirettamente svolti nelle considerazioni esposte dal Tribunale di Sorveglianza per dar conto della soluzione negativa adottata rispetto alla richiesta principale di concessione del beneficio dell’affidamento in prova.
In definitiva, pertanto, il ricorso non arriva ad inficiare l’adeguatezza della motivazione dell’ordinanza impugnata, che, nel rispetto del dettato dell’art. 4bis , comma 1bis , ord. pen., ha ritenuto non superabili le preclusioni ostative alla concessione dei benefici previsti dal comma 1 della medesima disposizione di legge.
Ne consegue, dunque, che il ricorso debba essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME