Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46805 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46805 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 04/04/1972
avverso l’ordinanza del 09/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/saatite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 9 luglio 2024 del Tribunale di sorveglianza di Napoli, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza con la quale era stata chiesta l’applicazione delle misure alternative alla detenzione della semilibertà e della detenzione domiciliare, ai sensi degli artt. 48 e 47 -ter legge 26 luglio 1975, n. 354, con riferimento alla pena di anni nove di reclusione, di cui alla sentenza della Corte di appello di Napoli del 24 settembre 2021, definitiva il 21 luglio 2022, in ordine ai reati di associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi degli artt. 416-bis cod. pen. e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commessi nel 2019 con condotta perdurante in Napoli e altrove.
Il ricorrente denuncia erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 47, 50 e 4 -bis Ord. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che, in forza del nuovo comma 1 -ter dell’art. 4 -bis Ord. pen., i benefici accordati dall’Ordinamento penitenziario possono essere concessi anche a chi ha riportato una condanna a reato ostativo anche in assenza di collaborazione con la giustizia, purché sia dimostrato l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione o l’assoluta impossibilità di tale adempimento.
Nel caso si specie, il detenuto aveva tenuto una regolare condotta carceraria, aveva partecipato al percorso rieducativo mediante frequentazione ai programmi di recupero e al conseguimento del diploma di istruzione superiore.
La difesa, inoltre, evidenzia che le condizioni reddituali patrimoniali del nucleo familiare del detenuto, così come indicato nella certificazione ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) dell’anno 2023, erano sintomatiche di un’assoluta impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili.
Il ricorrente, poi, richiamando la giurisprudenza di legittimità in materia di misure cautelari, ritiene che il giudice di merito non avrebbe potuto dichiarare l’inammissibilità delle istanze.
Con memoria del 17 ottobre 2024, infine, il ricorrente insiste nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La disciplina di cui all’art. 4-bis Ord. pen. ha subito un’importante modifica in forza del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (convertito, con modificazioni, dalla le 30 dicembre 2022, n. 199), che ha introdotto una distinzione netta tra il detenu che ha deciso di collaborare con la giustizia e il detenuto che, invece, ha decis non collaborare.
In tale ultimo caso, il legislatore ha previsto che il detenuto condannato ordine al reato di cui agli artt. 416-bis cod. pen. e 74 T.U. stup. sia gravato da un onere di istruttoria rafforzata, volta a dimostrare l’assenza di collegamenti att con la criminalità organizzata e l’assenza di qualunque pericolo di ripristino di reati: ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord. pen., infatti, in assenza di collaborazione, i benefici penitenziari possono essere concessi purché il detenut dimostri «l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazio pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di ta adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regol condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e al , mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con l criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anc indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, d ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibil Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresì la sussisten iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie quelle della giustizia riparativa». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in tema d benefici penitenziari a soggetto condannato per reati ostativi c.d. “di prima fasc che non abbia collaborato con la giustizia, sono applicabili ai procedimenti in cor le modifiche apportate all’art. 4-bis Ord. pen. con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199), in ragione della natura processuale delle norme inerenti ai benefici penitenziari, che, assenza di una specifica disciplina transitoria, soggiacciono al principio del tempus regit actum (Sez. 1, n. 38278 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 285203).
Nel caso di specie, il ricorrente non si confronta con il provvediment impugnato, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che, dal lettura del fascicolo, non emergeva una reale impossibilità del detenuto
collaborare con la giustizia, il quale – in forza dello stato detentivo – aveva solamente messo in quiescenza i suoi rapporti con la realtà associativa.
Nel corso del procedimento di cognizione, infatti, era emerso che COGNOME era il referente dell’associazione di tipo mafioso definita “COGNOME“, per conto della quale si era occupato di estorsioni sin dal 2014 per poi, successivamente, occuparsi della gestione della cessione delle sostanze stupefacenti, come anche confermato dal parere della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dalla lettura dal quale era emersa l’attuale operatività del sodalizio (come confermato da recenti operazioni di polizia che avevano determinato l’applicazione di più misure cautelari di ordinanze di custodia in carcere nei confronti di esponenti apicali del sodalizio).
Il Tribunale di sorveglianza, poi, ha evidenziato che, dalla lettura delle trascrizioni di una intercettazione avvenuta nel marzo 2016, era emerso che il detenuto aveva rivendicato apertamente il proprio percorso criminale e il suo inserimento nell’ambito dell’associazione di tipo mafioso di riferimento, per la quale si era detto disponibile ad affrontare sacrifici pur di salvaguardarne gli interessi.
Secondo il Tribunale di sorveglianza, quindi, tenuto conto del ruolo non marginale posto in essere dal detenuto nell’ambito dell’attività del sodalizio, era possibile sostenere l’esigibilità della sua collaborazione, considerando che lo stesso aveva la possibilità di fornire notizie e informazioni sull’associazione di tipo mafioso.
Per le medesime ragioni, il giudice di merito, preso atto dell’attualità dell’operatività dell’associazione di tipo mafioso, ha evidenziato che, in caso di accoglimento delle richieste, vi sarebbe stato il reale rischio di una ripresa di collegamenti tra il detenuto e la compagine criminale mafiosa di riferimento.
Pertanto, nessun elemento acquisito può fondare con adeguata certezza un giudizio di dissociazione e recupero del ricorrente, come illustrato dal Tribunale di sorveglianza con motivazione che si sottrae a censure di manifesta illogicità.
L’eventuale documentata impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili ed agli obblighi di riparazione, infatti, non determina un automatismo nell’accoglimento della sua istanza: con tale previsione il legislatore ha voluto eliminare un ostacolo formale, la mancanza di riparazione e adempimento, alla concessione del beneficio, ma non ha inteso stabilire che la mera impossibilità determini raccoglimento della richiesta; né possono valere a tal fine la mera buona condotta durante la detenzione, essendo viceversa necessari concreti elementi di fatto che consentano di affermare la recisione del legame con l’associazione criminale e il relativo tessuto sociale.
Parimenti non significativa è l’avvenuta esclusione della recidiva nella sentenza, considerando che il Tribunale era giunto a tale conclusione osservando che i precedenti penali fossero risalenti e non connessi alla partecipazione ad associazioni criminali.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/11/2024