Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37200 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37200 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE) nato a CORATO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/srrtite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 19 marzo 2024 del Tribunale di sorveglianza di Bari, che ha rigettato la richiesta di applicazione delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare e della semilibertà, con riferimento alla pena di anni due di reclusione, di cui alla sentenza del G.u.p. del Tribunale di Trani del 15 dicembre 2022, definitiva H- , in ordine ai reati di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti e di resistenza a un pubblico ufficiale, ai sensi degli artt. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 337 cod. pen., commessi il 23 settembre 2022.
Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che le misure alternative alla detenzione richieste non fossero idonee al completo recupero sociale dell’interessato, gravato da numerosi precedenti penali e procedimenti pendenti, in ordine a condotte poste in essere anche nel corso della misura attualmente in esecuzione degli arresti domiciliari ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen.
2. Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 47 -ter legge 26 luglio 1975, n. 354, e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente ritenuto non idonea l’applicazione delle misure alternative alla detenzione richieste, senza offrire sul punto alcuna valida motivazione e nonostante COGNOME stesse già eseguendo la pena agli arresti domiciliari esecutivi ex art. 656, comma 10, cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, infatti, la mera assenza di affidabilità del datore di lavoro avrebbe – al più – comportato il rigetto dell’applicazione della più ampia misura alternativa dell’affidamento in prova, ma non anche la revoca (di fatto) della misura in esecuzione.
Il Tribunale di sorveglianza, pertanto, avrebbe in maniera apodittica ritenuto che le misure richieste non garantissero il rischio di recidiva del reato solo in forza di una generica e superficiale elencazione di precedenti segnalazioni a carico di COGNOME.
In particolare, nel ricorso si contesta il provvedimento impugnato nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha erroneamente affermato che, in costanza di esecuzione di pena, il condannato avesse posto in essere condotte astrattamente riconducibili ai reati di furto aggravato, ricettazione e detenzione illecita di sostanze stupefacenti quando, dalla lettura degli relativi atti, appariva chiaro che
le condotte contestate erano solo relative al reato di furto e che erano contestate come commesse in data antecedente al 31 luglio 2022, periodo nel quale COGNOME non era ancora sottoposto agli arresti domiciliari esecutivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Osserva preliminarmente il Collegio che il ricorso in esame non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare la rivalutazione dei presupposti per la concessione dei benefici penitenziari richiesti, che risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza in conformità delle risultanze processuali e delle informazioni acquisite.
In particolare, il ricorrente non si confronta con il provvedimento impugnato nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che nessuna delle misure alternative alla detenzione richieste fosse idonea a contenere la pericolosità sociale del soggetto, né a favorire un suo concreto recupero sociale.
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, preso atto dei precedenti penali e dei procedimenti pendenti a carico dell’interessato, ha evidenziato, quali elementi negativi, quanto rappresentato dalla nota della Polizia di Stato di Corato, da cui si evincevano le numerose segnalazioni a carico di COGNOME, indicative di una sua pericolosità sociale attuale e di una volontà divergente da qualsivoglia proposito di reinserimento sociale.
Inoltre, dalla lettura della relazione dell’UEPE di Bari, era emerso come l’interessato si ritenesse del tutto estraneo al reato ascrittogli, circostanza sintomatica di una totale assenza di un suo percorso di resipiscenza e di un concreto rischio di recidiva del reato.
Il Tribunale di sorveglianza, infine, ha evidenziato l’inadeguatezza delle attività lavorative allegate all’istanza, posto che i rispettivi titolari delle azie che avrebbero dovuto assumere il condannato erano soggetti con precedenti penali e di polizia.
L’ordinanza impugnata, pertanto, ha fatto corretta applicazione al caso di specie del principio di diritto, affermato da questa Corte con riferimento all’affidamento in prova in casi particolari ma valido – stante l’identità di ratio e presupposti – per tutte le misure alternative alla detenzione in carcere previste dagli artt. 47 e segg. ord. pen., secondo cui, con tale istituto, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa.
I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunal sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottri dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, ne precedenti penali e nelle pendenze processuali (Sez. 1, n. 1812 del 04/03/1999 COGNOME, Rv. 213062), nelle informazioni di polizia (Sez. 1, n. 1970 del 11/03/199 Caputi, Rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nell condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata strutture di osservazione, posto che in queste ultime risultanze istruttor compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
In tal senso, ai fini della concessione dell’affidamento in prova al serv sociale e degli altri benefici penitenziari, si deve avere riguardo anc comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per i quali è stata inf la condanna in esecuzione, per verificare concretamente se sussistano, o non sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alterna (Sez. 1, n. 31809 del 09/07/2009, COGNOME, Rv. 244322).
Pertanto, il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razional apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il princi stesso del trattamento penitenziario, tanto più quando il reato commesso s sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e della verosimi contiguità del condannato con ambienti delinquenziali di elevato livello.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 05/07/2024