Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9663 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9663 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN PIETRO VERNOTICO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Lette le conclusioni del PG, COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di sorveglianza di Lecce rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 Ord. pe e quella di semilibertà ai sensi dell’art. 50 Ord. pen., formulate da NOME COGNOME, in relazione alla pena complessiva di dieci anni e otto mesi d reclusione, il cui titolo esecutivo è costituito dal cumulo del 12 dicembre 2018 emesso dalla Procura generale presso la Corte di appello di Lecce, a fronte di condanne per i reati di cui agli art 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1970.
Il Tribunale – dopo avere richiamato la novella legislativa introdotta con il d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, che ha previsto all’art. 1, comma 1, lett. a), n l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis ord. pen. e dopo avere ritenuto che al caso di specie dovesse applicarsi la disposizione transitoria di c all’art. 3 del menzionato decreto legislativo – osservato altresì che tale nor non disciplinava l’ipotesi del soggetto non collaborante “per scelta”, riteneva ch per lo scrutinio dell’istanza dovessero applicarsi i principi espressi dalla Co costituzionale, con la sentenza n. 253 del 2019, con cui si è dichiarat l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, Ord. pen. nella parte in cui non prevedeva che, per i delitti ivi contemplati potessero essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità di collegamenti co criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
Valutata, dunque, la posizione del condannato, evidenziava l’ininfluenza della vetustà dei fatti (circa un decennio) rispetto al presupposto del pericolo ricostituzione dei rapporti con il contesto criminale di provenienza, valorizzava in punto di pericolosità concreta – le ragioni espresse in occasione del diniego d un permesso premio (la cui motivazione era integralmente riprodotta nel provvedimento) concernenti «la forte adesione al sodalizio finalizzato al narcotraffico, il coinvolgimento in numerosissimi episodi di cessione di stupefacenti, le violazioni delle prescrizioni inerenti alla misura cautela essendo stato trovato in casa in compagnia di persone diverse dai conviventi» e la «discreta» propensione critica rispetto al proprio agito delinquenziale, come evidenziato nella relazione dell’equipe trattamentale.
Riteneva, dunque, che il detenuto non avesse maturato un sufficiente grado di revisione critica del proprio passato criminale, ritenendo opportuna la prosecuzione dell’osservazione inframuraria.
2. COGNOME propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, affidato a un unico, articolato motivo con il quale lamenta violazione degli art. 4
e 50 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Ord. pen.), nonché la manifesta illogicità della motivazione di rigetto.
Il ricorrente – dopo avere evidenziato alcune inesattezze concernenti il quantum di pena da scontare per il reato ostativo e l’insussistenza della ritenut recidiva – sotto un primo profilo, censura l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato in punto di insufficiente revisione critica che, invece, è stata definita «discreta» dall’equipe che, difatti, aveva espresso parere favorevole alla fruizione delle misure alternative.
Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di considerare la contestazione – “chiusa” all’anno 2013 – della condotta di partecipazione al sodalizio finalizzato al narcotraffico, affermando che, proprio sulla scorta di principi espressi dalla Consulta nella menzionata sentenza n. 253 del 2019, richiamati nel provvedimento, in tema di pericolo di ripristino dei collegamenti con il contesto criminale di provenienza, si sarebbe dovuto valorizzare, in senso favorevole al condannato, il decennio trascorso dalla data di commissione dei reati, nonché i tre anni trascorsi agli arresti domiciliari sen alcun rilievo.
Si lamenta, inoltre, che sarebbe stata trascurata la circostanza dell’entit della pena espiata (essendo imminente il completamento della porzione di pena per il reato ostativo) e l’oggettiva assenza di contatti con persone diverse d familiari.
Tali elementi, si è osservato, avrebbero dovuto essere valorizzati tanto per lo scrutinio dell’stanza del beneficio dell’affidamento in prova al servizio social quanto per quello della semilibertà.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, con conclusioni scritte pervenute il 19 settembre 2023, ha prospettato l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto, sebbene per ragioni parzialmente diverse da quelle dedotte.
L’opzione ermeneutica del Tribunale di sorveglianza – secondo cui il legislatore della novella di cui al d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, nel prevede all’art. 3 la disciplina transitoria avrebbe consapevolmente escluso dall previsione l’ipotesi del non collaborante “per scelta” perché a tale ipotesi applicherebbero i principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
253 del 2019 – non può essere condivisa, poiché trascura che la sentenza del giudice delle leggi in parola non è applicabile alle misure alternative, avendo un perimetro limitato ai permessi premio, sicché ha lasciato intatto il rilie escludente della collaborazione con la giustizia ai fini della concessione dell misure alternative e della liberazione condizionale.
Tant’è, che in merito a quest’ultimo istituto, questa Sezione, con Ord. n. 18518 del 2020, sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, comma 1, e 58-ter ord. pen., e dell’art. 2 d.l. n. 152 del 1991, conv. con nnodif. nella legge n. 203 del 1991, nella parte in cui escludevano che il condannato all’ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 4 bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in es previste, potesse essere ammesso alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia.
Era, dunque, seguita l'”ordinanza-monito” n. 97 del 2021 con la quale la Corte Costituzionale riteneva di rinviare la trattazione del procedimento di un anno per consentire al Parlamento di raggiungere un diverso punto di equilibro tra gli opposti interessi in gioco, ritenuto – ma non dichiarato – incostituzion quello sottoposto al suo esame in ragione della ostatività conseguente alla mancanza di collaborazione con la giustizia e dalla quale consegue l’impossibilità di «sperare nella fine della pena». La Consulta evidenziava, tra le ragioni sostegno della sospensione del giudizio, che «la normativa risultante da una pronuncia di accoglimento delle questioni, conchiusa nei termini proposti dal giudice a quo, vita a un sistema penitenziario caratterizzato, a sua volta, da incoerenza». Invero, in caso di accoglimento delle questioni sottoposte al suo esame, i condannati non collaboranti, che potevano vedersi valutare nel merito l’istanza di permesso premio a seguito della sentenza n. 253 del 2019, avrebbero potuto accedere anche al procedimento di ammissione alla liberazione condizionale; tuttavia, sarebbe rimasto loro inibito l’accesso alle al misure alternative, ossia a quelle misure che «normalmente segnano, in progressione dopo i permessi premio, l’avvio verso il recupero della libertà».
E’ intervenuto, nelle more, il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, sicché con l’ordinanza n. 227 del 2022, la Consulta ha restituito gli atti alla Corte cassazione, ritenendo che spettasse al giudice a quo verificare l’influenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate e procedere alla rivalutazione della loro non manifesta infondatezza. Invero, ha chiarito, «si è i presenza di una modifica complessiva della disciplina interessata dalle questioni di legittimità costituzionale in esame e, per quel che qui particolarmente interessa, di una trasformazione da assoluta in relativa della presunzione d
pericolosità del condannato all’ergastolo per reati ostativi non collaborante (ordinanza n. 227, citata).
Venendo alla fattispecie che ci occupa, l’ipotesi del non collaborante per scelta è ora discipinata dall’art. 1, comma 1, lett. a), n. 2) dell’intervenut 31 ottobre 2022, n. che ha previsto l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis Ord. pen. alla cui stregua il caso di COGNOME doveva essere scrutinato.
Per ciò che qui interessa, la novella legislativa ha trasformato – quale che siano le ragioni della mancata collaborazione, volontaria o involontaria – la presunzione di pericolosità ostativa all’accesso a tutti i benefici da assolut relativa.
I soggetti non collaboranti possono ora essere ammessi ai benefici, in presenza di stringenti condizioni, diversificate a seconda dei reati per i quali intervenuta condanna.
Non solo. Una volta accertata la ricorrenza di queste condizioni, il Tribunale deve svolgere una complessa attività istruttoria (in ordine al perdurar dell’operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale in cui il delitto fu commesso; al profilo criminale del detenuto; alla sua posizion all’interno dell’associazione; alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelar o di prevenzione sopravvenute e alle infrazioni disciplinari commesse in corso di detenzione) e richiedere il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti di c agli artt. 51 comma 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., del pubblico ministero preso il Tribunale del capoluogo del distretto ove à stata pronunciata la sentenza di primo grado, e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; deve, quindi, acquisire informazioni dalla Direzione dell’Istituto di detenzione e disporre accertamenti sulle condizioni reddituali e patrimoniali, sul tenore di vita, sul attività economiche e sulla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali del detenuto, degli appartenenti al suo nucleo familiare o delle persone comunque a lui collegate.
Né è pertinente, nello scrutinio dell’istanza di COGNOME, il richiamo svolto nel provvedimento impugnato all’art. 3 del decreto legge n. 162/2022, che regola la disciplina transitoria che, difatti, non concerne il caso che ci occupa.
Detta disposizione stabilisce la persistenza nell’ordinamento degli istituti della collaborazione “impossibile”, “inesigibile” e “irrilevante”, in favore condannati e internati che abbiano commesso i delitti di cui all’art. 4-bis co. 1 ord. penit. prima della data di entrata in vigore del decreto-legge. Sicch
3M
mentre per i c.d silenti “loro malgrado” trova applicazione il regime transitori dell’art. 3 (che prevede solo l’acquisizione di elementi che escludono l’attualità rapporti con la criminalità organizzata in presenza di altri requisiti quali risarcimento del danno, la partecipazione di minima importanza, ecc.) diversi da quelli previsti dalla disciplina “a regime”, per i collaboratori silenti “per sce quale risulta essere COGNOME, trova immediata applicazione la disciplina dell’art 1.
Ciò chiarito, come già anticipato, la novella legislativa del 2022 richiede l’esercizio del potere valutativo di merito in ordine all’esistenza dei requisit accesso al beneficio penitenziario di cui si tratta, alla luce della qual legislativamente riconosciuta quale relativa, della presunzione di mantenimento di collegamenti con l’organizzazione di appartenenza, in caso di mancata collaborazione processuale.
Tale situazione, infatti, non costituisce più un dato rigidamente preclusivo all’accesso ai benefici penitenziari, restando nell’ambito valutativo del Tribunal di sorveglianza superare detta presunzione, non più assoluta, sulla base degli indici, stringenti e cumulativi, che sono stati introdotti con la nuova regola iuris, e che si sostanziano nella necessità di valutare in concreto il percorso rieducativ del ricorrente e l’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminal organizzata e con il contesto mafioso.
In questa attività, il Tribunale di sorveglianza dovrà avvalersi degli ampliati poteri istruttori previsti dal secondo comma dell’art. 4-bis Ord. pen., introdotti con legge n. 199 del 2022.
Il Tribunale di sorveglianza di Lecce non ha svolto tale articolato scrutinio, sicché l’ordinanza impugnata dev’essere annullata, con rinvio per una valutazione nel merito dell’istanza del ricorrente, alla luce dello ius superveniens.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Lecce.
Così deciso, il 5 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente