Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7361 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7361 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Trapani 1’01/01/1954
avverso l’ordinanza emessa il 17/10/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 ottobre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Palermo rigettava l’istanza di concessione dei benefici penitenziari della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova al servizio sociale, che erano stati richiesti congiuntamente da NOME COGNOME
Tali misure alternative alla detenzione erano state richieste congiuntamente da NOME COGNOME in relazione alla pena che il condannato doveva scontare per effetto del provvedimento di cumulo di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trapani il 17 novembre 2023, in conseguenza del quale il condannato doveva scontare la pena residua di quattro anni, quattro mesi e sette giorni di reclusione.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con tale doglianza, in particolare, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 47 e 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), conseguenti alla ritenuta insussistenza dei presupposti dei benefici penitenziari della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova al servizio sociale, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Palermo con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto del progetto rieducativo prospettato dal condannato, che veniva valutato negativamente sulla base dei soli pregiudizi penali da cui era gravato.
Si deduceva, al contempo, che il Tribunale di sorveglianza di Palermo non aveva tenuto conto del fatto che NOME COGNOME aveva compiuto il settantesimo anno di età, omettendo di esplicitare le ragioni che, alla luce della sua avanzata condizione anagrafica, imponevano di ritenere il beneficio penitenziario della detenzione domiciliare inidoneo a impedire la ricaduta nel crimine del condannato.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva il Collegio che il ricorso proposto da NOME COGNOME non individua singoli profili del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare una rivalutazione complessiva dei presupposti per la concessione dei benefici penitenziari dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, che, al contrario, risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza di Palermo in conformità delle risultanze processuali e delle informazioni acquisite.
Il Tribunale di sorveglianza di Palermo, invero, valutava correttamente gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria, formulando un giudizio prognostico adeguato sulla spiccata personalità criminale del condannato, che correlava al progetto rieducativo proposto a sostegno dell’istanza di concessione dei benefici penitenziari dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare. Non può, in proposito, non rilevarsi che COGNOME risultava pregiudicata per una pluralità di delitti, commessi in un ampio arco temporale, compreso tra il 1973 e il 2018, tra cui i reati di furto; violazione degli obblighi d assistenza familiare; lesioni personale; violazione di domicilio; associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; ricettazione e detenzione di armi; maltrattamenti in famiglia; minaccia.
Deve, al contempo, evidenziarsi che il giudizio negativo formulato dal Tribunale di sorveglianza di Palermo nei confronti di COGNOME, che appare corroborato dalla spiccata propensione al crimine manifestata dal ricorrente nel corso di un arco temporale particolarmente significativo, veniva correttamente correlato al percorso rieducativo avviato dal condannato, caratterizzata dall’assenza di un percorso di revisione critica dei propri, pregressi, comportamenti criminosi.
Il giudizio prognostico negativo, dunque, si riteneva corroborato dal compendio informativo acquisito dal Tribunale di sorveglianza di Palermo, valutato unitariamente, nel cui contesto, a pagina 3 del provvedimento impugnato, si evidenziava che il compendio informativo induceva a ritenere, allo stato, insufficientemente il processo trattamentale avviato da COGNOME «in rapporto ai fatti-reato commessi, dal momento che non consta che vi sia un esplicito riconoscimento del disvalore delle condotte poste in atto ». Tali dati sintomatici assumevano un rilievo negativo ancora maggiore, considerata «la gravità oggettiva dei reati commessi, lo stile di vita connotato dalla commissione di reati e l’insufficienza del percorso di revisione critica », che imponevano di ritenere il ricorrente non ancora per accedere alle misure alternative invocate con l’istanza presupposta.
3. In questa cornice, il Tribunale di sorveglianza di Palermo valutava correttamente gli elementi informativi di cui disponeva, fondando il giudizio prognostico negativo nei confronti di NOME COGNOME su una valutazione complessiva della sua elevata caratura criminale, che appare rispettosa della giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui, ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione, pur non «potendosi prescindere, dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva» (Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602 – 01).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che costituisce espressione di un orientamento ermeneutico parimenti consolidato, pienamente rispettato nel caso del ricorrente, il principio secondo cui, ai fini della concessione di un beneficio penitenziario, non si può prescindere dal vaglio dei comportamenti del condannato, antecedenti e susseguenti alla commissione dei reati in espiazione, in funzione della valutazione prognostica dei benefici penitenziari richiesti. Tale vaglio deve essere effettuato tenendo conto del processo di revisione critica seguito dall’istante, indispensabile per la formulazione di un giudizio sul suo reinserimento sociale, su cui, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza di Palermo si esprimeva, correttamente, in termini negativi (tra le altre, Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 274993 – 01; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001 – 01; Sez. 1, n. 18388 del 20/02/2008, COGNOME, Rv. 240306 – 01).
Deve, infine, rilevarsi che il percorso argomentativo seguito dal Tribunale di sorveglianza di Palermo appare idoneo a consentire di escludere che COGNOME fosse meritevole di ottenere il beneficio penitenziario della detenzione domiciliare per il solo fatto di essere un soggetto ultrasettantenne, dovendosi, in proposito, richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 1, n. 8712 del 08/02/2012, COGNOME, Rv. 252291 – 01, secondo cui: «La detenzione domiciliare non è misura che debba essere automaticamente concessa ai detenuti ultrasettantenni, dovendo in ogni caso la magistratura di sorveglianza valutarne la meritevolezza e l’idoneità a facilitare il reinserimento sociale».
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 febbraio 2025.