Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3788 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3788 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a Andria il 29/10/1977 avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Bari del 21/5/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 21/5/2024, il Tribunale di Sorveglianza di Bari ha provveduto su una istanza del detenuto NOME COGNOME di affidamento in prova ai servizi sociali e di semilibertà. La domanda era stata presentata in relazione alla pena di quattro anni, nove mesi e cinque giorni di reclusione, residuo della pena di cinque anni inflitta con sentenza della Corte di Appello di Bari del 29/11/2022
per i reati di cui agli artt. 73 e 74, commi 1, 2, 3 e 4, DPR n. 309 del 1990, e 7 L. n. 203 del 1991, per aver preso parte ad un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, avvalendosi di armi e facendone uso allo scopo di agevolare un sodalizio criminale (fatti accertati dal 2008 al 2014).
Il provvedimento premette che, ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 162 nel 2022, la condizione per l’accesso ai benefici penitenziari di coloro che hanno commesso delitti di cosiddetta prima fascia di cui all’art. 4-bis Ord. Pen. resta la prova, ex art. 58-ter Ord. Pen., che abbiano collaborato con la giustizia o che la collaborazione sia risultata oggettivamente impossibile o rilevante, sempre che sussistano elementi tali da escludere l’attualità dei collegamenti del condannato con la criminalità organizzata; la nuova formulazione della norma, inoltre, ha previsto un’alternativa alla collaborazione, rappresentata da un preciso onere di dimostrazione dell’adempimento degli obbligazioni civili ovvero dell’assoluta impossibilità di dare adempimento, nonché un onere di allegazione di elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso educativo e alla mera dichiarazione di dissociazione, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e con il contesto in cui è stato commesso il reato nonché di escludere il ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi.
Ciò detto, l’ordinanza dà atto che i difensori del condannato hanno chiesto la concessione della misura invocando espressamente il D.L. n. 162 del 2022, dal che si desume il difetto della condizione di collaboratore con la giustizia ex art. 58ter Ord. Pen.; né l’istante ha prospettato elementi specifici relativi alla impossibilità o alla irrilevanza di un’eventuale collaborazione, che è stata richiamata solo in udienza ma senza offrire elementi concreti e specifici a conforto della mera asserzione della inutilità della collaborazione. In mancanza di tale elemento, non è stato adempiuto l’onere di fornire in alternativa gli elementi indicati all’art. 4bis, comma 1-bis, Ord. Pen. nella attuale formulazione.
Nell’istanza vengono indicati, quali elementi sintomatici del distacco del detenuto dalla criminalità organizzata, lo sfaldamento della consorteria criminale, il tenore di vita tenuto in carcere, l’assenza di nuove incriminazioni, l’accertamento dei fatti nelle sentenze di merito, l’assenza di pendenze o di segnali di collegamento con ambienti criminali.
Secondo il Tribunale di Sorveglianza, si tratta, però, di elementi riferiti al percorso carcerario che non soddisfano quanto richiede espressamente la normativa, né l’istanza contiene, in merito alla prova della interruzione certa dei collegamenti con la criminalità organizzata, la rappresentazione di dati significativi di tale rescissione.
Nella sentenza di condanna, è stato accertato dhe il condannato ha avuto un ruolo attivo e per nulla marginale all’interno del sodalizio criminoso dedito al traffico illecito di sostanze stupefacenti, occupandosi in particolare della custodia delle somme di denaro provento della vendita degli stupefacenti e della messa a disposizione del suo autolavaggio per il deposito della droga; e dalla sentenza non emerge alcuna collaborazione utile fornita da COGNOME Né il detenuto ha allegato elementi indicativi dell’integrale accertamento dei fatti ovvero della irrilevanza o della impossibilità della collaborazione.
Nel parere della DDA di Bari e della DNA, risulta che non ci siano elementi attuali da cui desumere una minore operatività dell’organizzazione di appartenenza del detenuto o del mutamento del ruolo del detenuto all’interno della stessa, in quanto durante il periodo di detenzione non sono stati censiti intenti di ravvedimento o di allontanamento dall’associazione. Inoltre, nel parere viene evidenziato, in considerazione del ruolo strategico rivestito dal detenuto nello svolgimento dell’attività delittuosa dell’organizzazione e dei legami familiari con esponenti del narcotraffico di Andria, che egli aveva certamente acquisito importanti elementi di conoscenza del sodalizio capeggiato da COGNOME la cui operatività si è protratta anche successivamente.
Secondo il Tribunale, questi dati sono particolarmente rilevanti, perché confermano l’insussistenza del requisito della irrilevanza o della inesigibilità della collaborazione.
È stato segnalato, altresì, che dagli accertamenti patrimoniali sia emersa una limitata capacità economico-reddituale del nucleo familiare dell’assistito, che dunque si può valutare come indice del fatto che sia il contesto criminale di riferimento a provvedere al suo mantenimento economico. Di contro, la presunzione di pericolosità sociale del detenuto non collaborante non è superabile in virtù della sola regolare condotta in carcere e della mera partecipazione al percorso di educativo, ma solo in forza dell’acquisizione di specifici elementi diversi. E’ emerso, ancora, che il detenuto sia fratello di COGNOME NOME, condannato a quattrodici anni di reclusione per il reato di cui all’art. 74 DPR n. 309 del 1990 con il ruolo di organizzatore dell’associazione: si tratta di elementi che certamente non consentono di escludere che il condannato abbia reciso i contatti con gli ambienti criminali nel contesto dei quali ha realizzato i reati per cui è stato condannato. Di conseguenza, l’istanza è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Sorveglianza di Bari.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME COGNOME articolando un unico motivo, con cui deduce la violazione degli artt. 58-
ter e 4-bis L. n. 354 del 1975, nonché il vizio di motivazione circa la c.d. collaborazione impossibile e/o inutile.
Il ricorso evidenzia che, a seguito della modifica dell’art. 4-bis L. n. 354 del 1975, intervenuta con il DL 162/2022, il comma 1-bis prevede che, in caso di mancata collaborazione, la presunzione relativa di pericolosità può essere superata se il detenuto per reati ostativi dimostri l’adempimento delle obbligazioni civili o l’assoluta impossibilità di tale adempimento, alleghi elementi specifici che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o il pericolo di ripristino di tali collegamenti.
Di conseguenza, è venuta meno la distinzione tra la mancata collaborazione volontaria e la collaborazione impossibile o inesigibile. L’art. 3 D.L. n. 162 del 2022 prevede che per i detenuti che hanno commesso i reati ostativi prima della sua entrata in vigore, il Tribunale di Sorveglianza debba, seguita la procedura di cui al comma 2 dell’art. 4-bis L. n. 354 del 1975, verificare esclusivamente l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e non anche che sussista il pericolo di ripristino di tali collegamenti. Inoltre, nell’ordinanza impugnata la verifica della inesigibilità della collaborazione si è fondata sul parere della DDA di Bari, che non è vincolante.
In ogni caso, la motivazione è inesistente in ordine al profilo dell’assenza, nel lungo tempo trascorso dal reato all’emissione dell’ordine di esecuzione, di segnalazioni relative a comportamenti penalmente rilevanti o a contatti con contesti criminali. E’, inoltre, carente in relazione alla situazione patrimoniale del detenuto e alla valutazione del contenuto dell’osservazione scientifica, da cui risulta che il condannato ha intrapreso un diverso percorso di vita e che la sua condotta in carcere sia positiva.
Con requisitoria scritta trasmessa 1’8.9.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto è generico e non si confronta con il provvedimento impugnato, contestando la motivazione sull’aspetto dell’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ma senza misurarsi con l’aspetto della impossibilità della collaborazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni che saranno di seguito precisate.
Deve premettersi che NOME è detenuto condannato, tra gli altri, per il reato di cui all’art. 74 DPR n. 309 del 1990 e per delitti commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni di cui all’art. 416-bis cod. pen. (commessi dal 2008 al 2014).
L’art. 4, comma 1-bis, L. n. 354 del 1975 – come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. a), D.L. n. 162 del 2022 – prevede che, ai detenuti per questi delitti, le misure alternative alla detenzione possono essere concesse, anche in assenza di collaborazione ai sensi dell’art. 58-ter della stessa legge, “purché gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile”.
Tuttavia, l’art. 3, comma 2, D.L. n. 162 del 2022 ha al contempo previsto che ai condannati prima dell’entrata in vigore del decreto, nei casi – tra gli altri – in cui “l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità con sentenza irrevocabile rendano comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia”, i benefici possono essere concessi secondo la procedura di cui al comma 2 dell’art. 4-bis L. n. 354 del 1975 “purché siano acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamento con la criminalità organizzata …”.
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha innanzitutto dato atto che il ricorrente, pur invocando l’applicazione del D.L. n. 162 del 2022, non abbia prospettato, nella sua istanza di misura alternativa, elementi specifici circa l’impossibilità o l’irrilevanza di una eventuale collaborazione e che, sul punto, solo all’udienza camerale il suo difensore abbia argomentato circa l’inutilità della sua collaborazione nella fase della cognizione, ma senza tuttavia offrire elementi concreti a conforto della asserzione.
In ogni caso, il Tribunale di Sorveglianza ha espressamente preso in considerazione anche la verifica della eventuale attualità dei collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata, in applicazione del disposto dell’art. 3, comma 2, D.L. n. 162 del 2022.
Proprio su quest’ultimo aspetto deve essenzialmente concentrarsi l’attenzione del collegio, anche perché il ricorso, per vero, lamenta contestualmente, da un lato, che il Tribunale avrebbe dovuto procedere alla sola verifica dell’assenza di attualità/con la criminalità, stante l’ormai sopravvenuta/
irrilevanza del requisito della collaborazione, e, dall’altro, che la motivazione del Tribunale circa l’impossibilità/inesigibilità della collaborazione sia assente.
Si tratta, come è chiaro, di due profili non compatibili tra loro, perché il primo rilievo reca con sé quale conseguenza l’applicabilità del nuovo disposto dell’art. 4bis, comma 1-bis, L. n. 354 del 1975, il quale, introducendo una nuova disciplina per la concessione dei benefici penitenziari anche in assenza di collaborazione positiva con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter, prevede però che i condannati assolvano a oneri dimostrativi particolarmente severi. Mentre il secondo rilievo comporta la perdurante applicabilità della disciplina della collaborazione impossibile, inesigibile o irrilevante alle istanze volte alla concessione dei benefici penitenziari in favore dei condannati che abbiano commesso taluno dei delitti previsti dal comma 1 dell’art. 4-bis L. n. 354 del 1975 prima della data di entrata in vigore del D.L. n. 162 del 2022 (art. 3, comma 2): con la conseguenza che, però, in questi casi non operano i più gravosi oneri dimostrativi imposti dalla nuova disciplina.
Giacché il requisito dell’assenza dei collegamenti con la criminalità organizzata resta comune ad entrambe le predette discipline, conviene muovere dalla valutazione che di questo aspetto ha svolto l’ordinanza impugnata.
Sotto questo profilo, si deve ritenere che il Tribunale di Sorveglianza di Bari abbia fatto buon governo del proprio potere valutativo in ordine alla verifica dei requisiti di accesso alle misure alternative, e ciò anche alla luce della nuova qualità – relativa e superabile – della presunzione di mantenimento di collegamenti con l’organizzazione di appartenenza in caso di mancata collaborazione processuale.
A tal proposito, occorre che l’autorità giudiziaria disponga in concreto di specifici elementi significativi della interruzione dei rapporti del detenuto con il contesto criminale di riferimento.
In modo del tutto condivisibile, il Tribunale di Sorveglianza ha osservato che, anche a voler prendere in considerazione la mancata prospettazione della condizione di collaboratore ex art. 58-ter L. n. 354 del 1975 (come in qualche passaggio sollecita anche il ricorso per cassazione), il detenuto avrebbe dovuto adempiere agli oneri di dimostrazione e allegazione previsti dal novellato art. 4bis, comma 1-bis, L n. 354 del 1975.
L’ordinanza, tuttavia, ha congruamente ritenuto che quelli indicati nell’originaria istanza fossero elementi per lo più riferiti al percorso carcerario, che non sono idonei a soddisfare le previsioni della nuova disciplina (la quale, anzi, richiede espressamente l’allegazione di elementi diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo).
Viceversa, il provvedimento impugnato motiva in modo adeguato circa il fatto che non risultino elementi da cui desumere che il detenuto sia attualmente estraneo ai contesti dì criminalità organizzata di cui era profondamente organico, tanto da essere stato condannato per aver ricoperto nell’ambito associativo un ruolo strategico.
cf-ezeanscsagOZ7221)–ins-enso opposto – TE -ggguenti circostanze: a) COGNOME ha legami familiari con esponenti del narco-traffico andriese, fra i quali riveste un ruolo di spicco il fratello NOME, già condannato a quattordici anni di reclusione quale organizzatore dell’associazione alla quale lui stesso apparteneva; b) l’operatività dell’associazione si è protratta anche dopo la sua condanna, caratterizzandosi peraltro per una attività di contrapposizione armata sul territorio ad altre realtà criminali; c) gli accertamenti patrimoniali hanno fatto emergere una limitata capacità economico-reddituale dell’intero nucleo familiare di Losito, ciò che può essere valutato come un indicatore sintomatico del fatto che al suo mantenimento in carcere provveda il contesto criminale di riferimento.
Peraltro, il Tribunale di Sorveglianza giudica nient’affatto illogicamente che le prime due circostanze forniscono anche la dimostrazione che il ricorrente sarebbe ancora in grado di apportare un contributo in termini di conoscenza circa l’operatività del sodalizio criminale di appartenenza.
Con il che si può ritenere risolta anche la eventuale questione della impossibilità/irrilevanza della collaborazione, in relazione alla quale, comunque, resta tuttora valido il principio secondo cui, ai fini del superamento delle condizioni ostative alla fruizione di benefici penitenziari stabilite dagli artt. 4-bis e 58-ter della legge n. 354 del 1975, grava sul condannato l’onere di delineare nell’istanza elementi specifici circa l’impossibilità o l’irrilevanza della sua collaborazione, così da consentire l’esame delle relative richieste nel merito (Sez. 1, n. 47044 del 24/1/2017, Rv. 271474 – 01).
A fronte di ciò, il ricorso si sviluppa per il tramite di doglianze che, in sostanza, consistono in una mera riproposizione degli elementi già contenuti nella originaria istanza di misure alternative e che, già espressamente presi in considerazione dal Tribunale di Sorveglianza, sono stati disattesi con una motivazione né contradditoria, né manifestamente illogica.
In definitiva, quindi, il ricorso non arriva a contrastare specificamente la confutazione che il Tribunale di Sorveglianza aveva già svolto di tali elementi e, di fatto, tende a sollecitare una rilettura degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione impugnata con l’adozione di parametri diversi di valutazione dei fatti, che ritiene maggiormente plausibili rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Viceversa, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei criteri sulla base dei quali valutare se possa essere superata la presunzione relativa di attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, facendo oggetto di valutazione specifica le contrarie allegazioni.
Ne consegue, pertanto, che il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 25.10.2024