Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1290 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1290 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 27/06/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ACIREALE il 09/06/1968
avverso l’ordinanza del 02/11/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catania rigettava le richieste, proposte da NOME COGNOME volte alla concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell’art. 47 I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.) alla detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47 -ter Ord. pen., alla semilibertà ai sensi degli artt. 48-50 Ord. pen.
Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto le istanze non concedibili, considerata la condanna ad anni 8 di reclusione perii” : rtr: — 72e609-bis cod. pen. e una pendenza in appello, 3- richiamandosi al principio di gradualità nella progressione trattamentale, ricordando che solo di recente il condannato è stato ammesso al beneficio dei permessi premio.
L’interessato ricorre per cassazione, tramite rituale ministero difensivo / affidandosi a un unico motivo.
Con tale motivo, si denuncia la violazione degli artt. 27 Cost. e 47 Ord. pen. e il relativo vizio di motivazione.
L’ordinanza impugnata avrebbe richiamato genericamente un procedimento allo stato ancora pendente a carico del condannato per rigettare l’istanza con l’usoi. una formula di stile, riportandosi in maniera generica al principio della gradualità nella progressione trattamentale, senza verificare gli elementi positivi emersi nel corso del trattamento e nell’osservazione del detenuto durante il lungo periodo di detenzione.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. In tema di misure alternative alla detenzione, il giudice, nell’esaminare le relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del detenuto, non è in alcun modo vincolato dai giudizi di idoneità ivi espressi, ma è tenuto soltanto a considerare le riferite informazioni sulla personalità del medesimo, e sui progressi conseguiti nel corso del trattamento, parametrandone la rilevanza ai fini della decisione alle istanze rieducative sottostanti la misura alternativa invocata, ed ai profili di pericolosità residua dell’interessato, secondo la gradualità e prudenza che governano l’ammissione ai benefici penitenziari (in termini, sostanzialmente, Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Rv. 270016). Nella specie, il Tribunale di sorveglianza ha espressamente preso in esame le risultanze del trattamento, pur non richiamando nel provvedimento gli aspetti favorevoli indicativi della progressiva risocializzazione del condannato, tuttavia, con motivazione non lacunosa ed esente da profili di illogicità, le ha ritenute ancora non sufficienti. Nel valutare ciò
considerato che, secondo l’interpretazione di questa Corte, anche il mantenimento di una condotta positiva non è di per sé determinante, soprattutto ove la condanna in espiazione sia stata inflitta per reati di obiettiva gravità e sia inadeguato periodo di carcerazione sofferto, ma deve essere valutato nell’ambito di un giudizio globale di tutti gli elementi emersi dalle indagini esperite e dalle informazioni assunte, che tenga anche conto della progressività e gradualità dei risultati del trattamento e, conseguentemente, dell’eventuale previa esperienza di permessipremio (Sez. 1, n. 15064 del 6/3/2003, Rv. 224029). Va anche precisato che il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde a un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario; ciò vale particolarmente quando i reati commessi siano sintomatici di una non irrilevante capacità a delinquere e di un rischio di reiterazione, considerato che il procedimento pendente riguarda un ulteriore reato ai danni della medesima persona offesa (Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, Rv.212794).
Seguono la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 27/6/2023