Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30015 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30015 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 27/02/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Roma lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
1.Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l’istanza di detenzione domiciliare avanzata, ex artt.47 ter Ord. pen. e 16 nonies d. l. n. 8 del 1991, da NOME COGNOME, collaboratore di giustizia, detenuto in espiazione della pena di venti anni, dieci mesi e ventiquattro giornidi reclusione, di cui al provvedimento di cumulo del Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari, in cui sono confluite diverse condanne per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, omicidio e violazione delle misure di prevenzione, furto aggravato ed evasione, con fine pena al 20/11/2037.
Il Tribunale ha in particolare ritenuto, conformemente al parere espresso dalla D.N.A. con nota 26/02/2025, che, pur avendo il COGNOME prestato un prezioso ed efficace contributo collaborativo, non sussistessero ancora le condizioni per ammettere il condannato alla detenzione domiciliare richiesta, in considerazione della gravità e pluralità dei crimini commessi e della durata della pena residua da espiare, essendo «necessario un periodo di osservazione e di trattamento piø lungo, non solo al fine di consolidare i buoni risultati raggiunti, ma anche per raggiungere la piena certezza della autenticità e della irreversibilità della buona revisione critica sin ora condotta».
2.Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME che denuncia violazione di legge e vizio della motivazione dell’impugnata ordinanza.
Il Tribunale, a fondamento del provvedimento di rigetto, e nel disattendere il parere positivo fornito dalla Direzione del carcere di Paliano, ha reso una motivazione apparente, omettendo di valutare compiutamente le emergenze istruttorie.
COGNOME ha iniziato la sua collaborazione nel 2016 (e non nel 2019, come erroneamente
– Relatore –
Sent. n. sez. 2026/2025
CC – 11/06/2025
scritto in ordinanza), ed ha fruito, nell’ultimo anno, di ben otto permessi premio, senza dare adito ad alcun rilievo.
Il Tribunale non ha adeguatamente valutato tutti gli indici positivi, adeguando la sua valutazione al parere immotivato della D.N.A., il cui compito, peraltro, non Ł quello di valutare il ravvedimento in carcere del detenuto, bensì di valutare la collaborazione da questi prestata.
Il Tribunale ha utilizzato formule di stile nel ritenere prematura la concessione della detenzione domiciliare, finendo per utilizzare, erroneamente, i criteri di valutazione necessari per la concessione della liberazione anticipata, anzichØ quelli relativi alla richiesta misura alternativa della detenzione domiciliare.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł infondato.
2.La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che, ai fini della concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, il requisito del «ravvedimento», previsto dall’art. 16nonies , comma 3, d.l. n. 8 del 1991, conv. dalla legge n. 82 del 1991, non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di ulteriori, specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza (Sez. 1, n. 43256 del 22/5/2018, Sarno, Rv. 274517 – 01). Anche per i collaboratori, infatti, vale il criterio di gradualità nella concessione dei benefici penitenziari (v. Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016; Sez. 1, n. 20551 del 04/02/2011, COGNOME, Rv. 250231; Sez. 1, n. 31999 del 06/07/2006, ValfrŁ, Rv. 234889), il quale, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, Ł suggerito dall’esperienza e risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui Ł ispirato il significato stesso del trattamento penitenziario; e ciò vale particolarmente quando i reati commessi siano sintomatici di una non irrilevante capacità a delinquere, manifestata in contesti delinquenziali di elevato livello (Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, dep. 1999, Foti, Rv. 212794). Si Ł puntualizzato, in particolare, che la facoltà di ammettere alle misure alternative, anche in deroga alle disposizioni vigenti, soggetti sottoposti a programma di protezione a norma della legge n. 82 del 1991 non si estende ai presupposti relativi alla loro emenda e alla finalità di conseguire la loro stabile rieducazione, previsti dalle norme dell’ordinamento penitenziario, nØ si sottrae al criterio della valutazione discrezionale da parte del giudice di sorveglianza, che deve riguardare, al di là dell’indefettibile accertamento delle condizioni soggettive di ammissibilità, l’opportunità del trattamento alternativo e concernere le premesse meritorie e l’attingibilità concreta del beneficio, in relazione alla personalità del condannato (Sez. 1, n. 48891 del 30/10/2013, Marino, Rv. 257671 – 01).
Di conseguenza, il Tribunale di sorveglianza, pur quando siano emersi elementi positivi nell’evoluzione del comportamento tenuto dal condannato, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione, anche attraverso l’applicazione di misure piø contenitive di quelle richieste, in modo da verificare concretamente l’attitudine del soggetto ad adeguarsi progressivamente alle prescrizioni imposte (Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Rv. 270016; Sez. 1, n. 27264 del 14/01/2015, Rv. 264037; Sez. 1, n. 15064 del 06/03/2003, Rv. 224029; Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, dep. 1999, Rv. 212794). Il
complessivo giudizio di merito formulato al riguardo, se motivatamente rappresentato, considerando le prudenziali coordinate di verifica idonee a favorire il ragionevole bilanciamento delle esigenze di difesa sociale e di quelle rieducative, non può essere fatto oggetto di censure in sede di legittimità.
3.Nel caso di specie, la motivazione dell’ordinanza impugnata, fondata sulla necessità di un ulteriore periodo di osservazione per ottenere il consolidamento dei risultati raggiunti, rispetta questi canoni, perchØ – ispirandosi ad una prudenza effettivamente giustificata dal passato criminale del condannato (condannato per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, omicidio e violazione delle misure di prevenzione, furto aggravato ed evasione) e dalla durata della pena residua da espiare (essendo il fine pena fissatoal 20/11/2037) – riflette la necessità di saggiare,mediante un opportuno supplemento di osservazione, l’effettività del ravvedimento, nel grado proporzionato ad una misura alternativa.