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Benefici penitenziari 4-bis: annullata ordinanza

Una donna condannata per favoreggiamento aggravato a un’associazione mafiosa si è vista negare l’affidamento in prova. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che la valutazione per la concessione dei benefici penitenziari 4-bis non può basarsi solo sulla gravità del reato commesso in passato, ma deve considerare l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, tenendo conto di fatti sopravvenuti come l’assoluzione del figlio dall’accusa di associazione mafiosa.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Benefici Penitenziari 4-bis: La Valutazione Deve Essere Attuale, non Ancorata al Passato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34336/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di benefici penitenziari 4-bis: la valutazione sulla pericolosità sociale di un detenuto e sui suoi legami con la criminalità organizzata deve essere basata su elementi attuali e concreti, non potendosi fondare esclusivamente sulla gravità del reato per cui è stata inflitta la condanna. Questa pronuncia annulla l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva negato l’affidamento in prova a una donna, aprendo nuove prospettive sull’interpretazione della normativa.

I Fatti del Caso

Una donna era stata condannata in via definitiva per il reato di favoreggiamento aggravato dall’aver agevolato un’associazione di tipo mafioso (‘ndrangheta). La sua condotta consisteva nell’aver offerto rifugio per oltre un anno a dei latitanti, tra cui un esponente di spicco di una cosca e suo stesso figlio, in un locale sotterraneo appositamente costruito all’interno della sua abitazione. Durante la detenzione, la donna ha richiesto di essere ammessa alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza di Lecce aveva rigettato la richiesta. La decisione si basava principalmente su due argomenti:
1. La particolare gravità dei fatti, ritenuti sintomatici di una vicinanza ai vertici dell’associazione mafiosa.
2. La persistenza di legami familiari con il figlio, all’epoca considerato affiliato a un’associazione mafiosa, interpretata come un dato equivoco che non garantiva l’avvenuta rescissione dei collegamenti con l’ambiente criminale.
In sostanza, il Tribunale aveva ancorato il proprio giudizio negativo alla natura del reato originario, senza dare sufficiente peso agli elementi successivi che potevano indicare un’evoluzione positiva della personalità della detenuta.

Le Motivazioni della Cassazione sui Benefici Penitenziari 4-bis

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, censurando la motivazione del Tribunale di Sorveglianza per essere illogica, carente e contraddittoria. Il ragionamento della Cassazione si articola su due punti cruciali.

1. La Valutazione dei Collegamenti Attuali

I giudici di legittimità hanno chiarito che il compito del Tribunale di Sorveglianza non è ribadire la gravità del reato già accertata in sede di condanna, ma verificare se, a distanza di anni, la contiguità con l’ambiente criminale sia ancora attuale. Nel caso di specie, il Tribunale non aveva adeguatamente considerato un fatto nuovo e decisivo: il figlio della ricorrente era stato nel frattempo assolto dall’accusa di associazione mafiosa. Questa circostanza, sebbene ininfluente sulla condanna definitiva della madre, è fondamentale per valutare se i rapporti affettivi e familiari attuali possano ancora essere considerati un tramite per collegamenti con la criminalità organizzata.

2. La Necessità di un Esame Individualizzato

La sentenza sottolinea come la normativa transitoria (D.L. n. 162 del 2022) richieda un esame concreto degli elementi ‘individualizzanti’ del percorso del detenuto. Il Tribunale avrebbe dovuto analizzare la sopravvenienza di elementi indicativi di una sostanziale distanza della donna da ambienti mafiosi. Invece di limitarsi a un giudizio basato sul passato, avrebbe dovuto approfondire il grado di coinvolgimento originario della donna (potenzialmente influenzato dal marito e dal figlio) e la sua proiezione attuale verso un definitivo recesso dai legami criminali.
La Cassazione ribadisce anche il principio secondo cui l’eventuale dubbio sull’impossibilità di una collaborazione con la giustizia non può risolversi in danno del condannato.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di sorveglianza. Per negare i benefici penitenziari 4-bis non è sufficiente richiamare la gravità del titolo di reato. È necessario un giudizio prognostico basato su una disamina completa e aggiornata della situazione del condannato. Fatti nuovi, come l’esito di altri procedimenti a carico di familiari, devono essere attentamente ponderati per stabilire se i legami un tempo pericolosi abbiano perso la loro connotazione criminale. In definitiva, la valutazione deve essere dinamica e proiettata al futuro, non una statica riaffermazione della colpevolezza passata.

Per i reati legati alla mafia, un tribunale può negare i benefici penitenziari basandosi solo sulla gravità del reato commesso?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la valutazione deve concentrarsi sull’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e non può essere ancorata esclusivamente alla gravità del fatto per cui è intervenuta la condanna.

Come va valutato il legame familiare con una persona inizialmente accusata di mafia ma poi assolta?
L’assoluzione è un fatto sopravvenuto e decisivo. Il giudice deve considerare questa circostanza per stabilire se il legame familiare conservi una valenza di collegamento con ambienti criminali o se sia ormai unicamente un rapporto di tipo affettivo-familiare.

Cosa succede se c’è un dubbio sull’impossibilità per un detenuto di collaborare con la giustizia?
Secondo la sentenza, l’eventuale dubbio sull’impossibilità o sull’irrilevanza della collaborazione con la giustizia non può essere risolto in danno del detenuto che chiede un beneficio penitenziario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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