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Benefici di legge: quando il diniego è implicito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13496/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due donne contro la mancata concessione dei benefici di legge (sospensione condizionale e non menzione). La Corte ha stabilito che la motivazione del diniego può essere considerata implicita in quella utilizzata per negare le attenuanti generiche, qualora emerga una prognosi negativa sulla futura condotta delle imputate, basata su elementi come la recidiva, la professionalità nel reato e l’assenza di un’attività lavorativa.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Benefici di legge: Il Diniego Può Essere Implicito?

L’ordinanza n. 13496 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su un tema cruciale del diritto penale: la concessione dei benefici di legge, come la sospensione condizionale della pena e la non menzione nel casellario giudiziale. La Suprema Corte ha confermato un principio consolidato, secondo cui le ragioni del diniego di tali benefici possono essere implicitamente contenute nella motivazione con cui il giudice nega anche le circostanze attenuanti generiche.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda due donne condannate in primo e secondo grado per furto pluriaggravato. La Corte di Appello di Venezia aveva confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Verona. Le imputate hanno presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento dei benefici di legge. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente spiegato le ragioni per cui non sono stati concessi né la sospensione condizionale della pena né il beneficio della non menzione.

La Decisione della Cassazione e i Benefici di Legge

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale pacifico: non è sempre necessaria una motivazione autonoma e specifica per negare i benefici di legge quando il giudice ha già ampiamente argomentato il diniego delle circostanze attenuanti generiche.

La logica di fondo risiede nel fatto che la valutazione per la concessione di entrambi gli istituti (attenuanti e benefici) si basa sugli stessi parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale, ovvero la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Se dalla motivazione emerge un giudizio complessivamente negativo sulla personalità dell’imputato e una prognosi sfavorevole sulla sua futura condotta, tale valutazione è sufficiente a giustificare il rigetto di tutte le richieste premiali.

Le Motivazioni: La Correlazione tra Attenuanti e Benefici

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva negato le attenuanti generiche sulla base di una serie di elementi negativi precisi e convergenti:

* Presenza di aggravanti e recidiva: La sussistenza di due circostanze aggravanti e la recidiva delle imputate indicavano una maggiore gravità del fatto e una spiccata tendenza a delinquere.
* Condizioni di vita: Le donne erano irregolari sul territorio nazionale, non avevano un’attività lavorativa stabile e si presumeva che vivessero con i proventi dei delitti.
* Modalità del reato: Le modalità di commissione del furto sono state giudicate indicative di una certa “professionalità” criminale.

Secondo la Cassazione, questo quadro complessivo delinea chiaramente un giudizio di pericolosità sociale e rende impossibile formulare una “prognosi di non recidivanza”. Di conseguenza, la decisione di non concedere i benefici di legge appare come una logica conseguenza di questa valutazione negativa, rendendo superflua un’ulteriore e distinta motivazione. La motivazione che nega le attenuanti, in questo contesto, “assorbe” e giustifica anche il diniego dei benefici.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza il principio secondo cui la valutazione del giudice sulla personalità dell’imputato e sulla sua pericolosità è centrale e unitaria. Non è richiesta una parcellizzazione della motivazione per ogni singolo istituto premiale richiesto dalla difesa. Se emergono elementi concreti che dipingono un quadro negativo del reo e rendono improbabile un suo futuro ravvedimento, il giudice può legittimamente negare sia le attenuanti generiche sia i benefici di legge con un’unica, coerente e completa argomentazione. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’analisi della motivazione deve essere condotta in modo complessivo, senza isolare le singole statuizioni, per comprendere appieno la logica decisoria del giudice.

Il giudice deve motivare separatamente il diniego delle attenuanti generiche e quello dei benefici di legge come la sospensione condizionale della pena?
No, secondo la Corte di Cassazione non è necessario. Le ragioni per negare i benefici di legge possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice nega le circostanze attenuanti generiche, se da essa emerge una valutazione negativa sulla personalità e sulla futura condotta dell’imputato.

Quali elementi possono portare un giudice a negare i benefici di legge?
Sulla base della sentenza in esame, elementi come la presenza di aggravanti, la recidiva, la mancanza di un’attività lavorativa, lo status di irregolarità sul territorio e modalità di commissione del reato che indicano professionalità possono portare il giudice a formulare una prognosi negativa di non recidivanza e, di conseguenza, a negare i benefici.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è dichiarato “inammissibile”?
Significa che la Corte non entra nel merito della questione sollevata dal ricorrente perché il ricorso è considerato privo dei requisiti legali per essere esaminato, come nel caso in cui i motivi siano ritenuti “manifestamente infondati”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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