Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25972 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25972 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Marano di Napoli il 06/04/1966;
avverso la sentenza del Tribunale di sorveglianza di Roma del 03/04/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria dell’avv. COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la domanda, presentata nell’interesse di NOME COGNOME (collaboratore di giustizia, attualmente in espiazione di pena definitiva il cui termine è fissato al 2 novembre 2046), di detenzione domiciliare ai sensi degli artt. 47-ter Ord. pen., 16-nonies dl. n.8/91 convertito nella 1.82/91 con riferimento alla pena definitiva di cui al provvedimento di cumulo n.2084/2024 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, che ha riunito sette condanne (tre per omicidio con l’aggravante del metodo, una per associazione ex art. 416-bis cod. pen., una per violazione dell’art. 74 d.P.R. 309/90, estorsione di stampo mafioso ed altro).
In particolare, il Tribunale di sorveglianza – pur dando atto della condotta collaborativa del detenuto e della ammissibilità della richiesta – ha ritenuto prematura l’ammissione alla misura alternativa invocata evidenziando, anche alla luce del parere contrario espresso dalla D.N.A.A., la necessità di un ulteriore periodo di osservazione inframuraria.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 16-nonies 1.82/91 ed il vizio di motivazione; al riguardo, osserva che l’ordinanza impugnata ha disatteso la ratio della normativa speciale dettata per i collaboratori di giustizia poiché, pur dando atto della importanza della collaborazione e delle positive valutazioni espresse dalla equipe di osservazione, ha ritenuto necessario un ulteriore periodo di osservazione inframuraria in considerazione della gravità dei reati commessi ignorando (o, addirittura, travisando) le conclusioni della relazione di sintesi, l’avvenuta concessione della liberazione anticipata e la positiva fruizione di numerosi permessi premio da parte del detenuto.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 47-ter Ord. pen. e 16-nonies 1.82/91 in cui è incorso il Tribunale nel respingere la richiesta di detenzione
domiciliare basandosi essenzialmente sulla gravità dei reati commessi e senza tenere conto che vi era la prova di un serio processo di revisione critica del condannato rispetto alle sue pregresse scelte devianti; inoltre, evidenzia che il requisito del ravvedimento non è richiesto ai fini della concessione della detenzione domiciliare per i collaboratori, ma invece per il più ampio beneficio della liberazione condizionale.
2.3. Con il terzo motivo NOME COGNOME si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., della violazione e della illogicità della motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza di Roma fatto proprio, in modo pedissequo, il parere contrario della Direzione Nazionale Antimafia anteponendolo a quello di segno positivo espresso dalla equipe di osservazione e trattamento.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il travisamento del fatto – da parte del Tribunale di sorveglianza – con riferimento alla sanzione disciplinare dell’ammonizione da lui ricevuta il 16 giugno 2023 per possesso di beni non consentiti, poiché in realtà il consiglio di disciplina, dopo averlo ascoltato, ha soprasseduto archiviando il caso.
2.5. Con il quinto motivo il detenuto lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il travisamento del fatto – da parte del Tribunale di sorveglianza – rispetto alla entità della pena residua e della pendenza per violazione della legge stupefacenti a suo carico; al riguardo precisa che non è stato ancora detratto un periodo di presofferto pari ad anni nove e mesi quattro e che la pendenza richiamata nell’ordinanza impugnata è relativa, in realtà, ad un reato per il quale è già intervenuta condanna irrevocabile emessa dalla Corte di appello di Napoli con sentenza del 21 maggio 2002, la cui pena egli ha già espiato per intero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso (i cui motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione) è fondato per le ragioni di seguito indicate.
Invero, risultano fondate le censure con le quali si lamenta la illogicità della motivazione, che avrebbe respinto l’istanza di misura alternativa soltanto sulla base di un mero ed assertivo rimando ad una presunta insufficienza della
osservazione trascurando le evidenze favorevoli al condannato. Questa Corte ha ! già avuto modo di affermare che, ai fini della concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, il requisito del “ravvedimento” previsto dall’art. 16-nonies, comma 3, del dl. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82, non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di ulteriori e specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza, e che il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pur non costituendo regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso dei trattamento penitenziario, tanto più quando il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e della verosimile contiguità del condannato con ambienti delinquenziali di elevato livello. (Sez. 1, n. 42544 del 28 giugno 2022, non nnassimata). Pertanto, pur essendo senz’altro corretta in diritto l’affermazione del Tribunale sulla necessaria gradualità dell’accesso alle misure alternative, in quanto il sistema di accesso ai benefici penitenziari è fondato sulla progressività e gradualità (Sez. 1, n. 22443 del 17/1/2019, COGNOME, Rv. 276213: il Tribunale di sorveglianza, anche quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre), nel caso concreto essa è declinata in modo illogico, in quanto, in presenza di relazioni positive, e dopo la prolungata osservazione del comportamento all’esterno del condannato, avvenuta durante i numerosi permessi premio di cui egli ha goduto sino ad oggi, il Tribunale sarebbe dovuto giungere ad una conclusione più definita, senza rimandare ulteriormente la decisione all’esito di una ulteriore fase di osservazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.1. Degli elementi positivi messi in luce nella relazione dell’equipe il Tribunale di sorveglianza non ha svolto un’adeguata trattazione, risultando insufficiente il mero richiamo al buon comportamento dell’odierno ricorrente senza tenere conto
degli ulteriori positivi elementi che la difesa ha dettagliatamente indicato nel ricorso (come, ad esempio, il conseguimento del diploma scolastico).
2.2. Quanto poi al rapporto con le vittime dei reati commessi, va ricordato che esso può essere validamente surrogato dall’adesione del detenuto a progetti di volontariato, che trova conferma nella relazione del gruppo di osservazione e trattamento. Rispetto alla entità della pena residua, va, poi / ricordato che l’entità della condanna ed il fine pena lontano non sono elementi, di per sé, ostativi alla concessione dei benefici penitenziari ai collaboratori di giustizia; invero, il legislatore ha già valutato tali elementi, permettendo la concessione delle misure alternative anche ai condannati a pene assai elevate e stabilendo il requisito dell’espiazione di un quarto della pena (Sez. 1, n. 38368 del 10/09/2021, non massimata).
2.3. A quanto sopra deve, poi,aggiungersi che non risulta chiaro il riferimento effettuato dal Tribunale di sorveglianza di Roma al fatto che non è emersa la ‘corroborazione’ della revisione critica da parte di NOME COGNOME In particolare, rispetto ai collaboratori di giustizia, nel caso della detenzione domiciliare il ravvedimento non deve essere compiuto (come, invece, richiesto nella ipotesi della liberazione condizionale), ma ragionevolmente probabile; infatti, il citato art. 16-nonies, secondo l’interpretazione costante della giurisprudenza di legittimità, non pretende la certezza del ravvedimento ma una sua “ragionevole probabilità” (fermo restando che, ai fini della liberazione condizionale, sarà necessaria la certezza). La differenza si giustifica con riferimento alle misure che vengono adottate: in particolare, la concessione della detenzione domiciliare al condannato è sicuramente meno incisiva di quella della liberazione condizionale, perché il soggetto rimane sempre in detenzione; d’altro canto, la ‘ragionevole probabilità’ del ravvedimento presuppone due elementi di segno positivo: la collaborazione riconosciuta giudizialmente e l’insussistenza di elementi che indichino collegamenti con la criminalità organizzata.
2.4. L’ordinanza impugnata, inoltre, non spiega come possano negativamente interferire con la citata revisione critica le pendenze risultanti a carico dell’odierno -…, ricorrente, poiché esse non t ‘S – tate collocate temporalmente; invero, tali reati potrebbero assumere rilevanza nel caso in cui risultassero successivi all’ inizio della collaborazione, ma ciò non viene chiarito. Al riguardo, si osserva che – come
dedotto e documentato dal ricorrente – il Tribunale di sorveglianza avrebbe fatto riferimento ad una pendenza costituita dalla condanna in primo grado per
violazione della legge stupefacenti (anni uno e mesi sei di reclusione), sebbene tale sentenza sarebbe già irrevocabile ed indicata, quale precedente, nel cumulo
in esecuzione e con pena espiata tra il 2000 ed il 2007. Quanto poi alla sanzione disciplinare, ritenuta dal Tribunale di sorveglianza come prova della non avvenuta
resipiscenza, il ricorrente ha dedotto che il relativo procedimento disciplinare è
stato archiviato, di talché tale episodio non può assumere la rilevanza negativa riconosciutagli nel provvedimento impugnato, con conseguente travisamento del
fatto.
2.5. Infine, lo stesso parere della Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo è valutato nella ordinanza in modo illogico, perché esso, in realtà,
è favorevole al condannato in quanto dà atto degli elementi positivi relativi alla collaborazione; il parere contrario dell’ufficio, infatti, viene motivato con la
necessità di proseguire nel percorso premiale nell’ottica del principio di gradualità, con una valutazione, quindi, tipicamente “penitenziaria” che non le spetta e al quale è estranea, essendo tenuta la D.N.A. a fornire al Tribunale elementi di conoscenza extra penitenziari sulla collaborazione e sul permanente inserimento criminale del condannato.
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma affinché – in piena autonomia decisionale – tenga conto dei rilievi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2025.