Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23149 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23149 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Marina di Gioiosa ionica il 14/11/1969 avverso il decreto del Tribunale di Reggio Calabria del 18 novembre 2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato il Tribunale di Reggio Calabria sezione misure di prevenzione, decidendo su rinvio della Corte di Cassazione che aveva disposto un precedente annullamento (sent. Sez. 6, n. 21126 del 30/03/2023), letto l’art. 48 comma 7 -ter d.lgs. 159/2011 ha disposto la vendita a cura dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati e sequestrati del fabbricato ubicato in Siderno, oggetto di confisca definitiva nella misura di due terzi, e in comproprietà con NOME NOME, nel rispetto delle disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili, previa sanatoria dello stesso a spese di tutti i comproprietari.
Avverso detto provvedimento depositato il 19 febbraio 2025 ha proposto ricorso NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli artt. 627 cod. proc. pen. e 48 comma 7-ter Codice antimafia e delle norme civilistiche in tema di divisione di immobili, poiché il Tribunale ha rilevato che, a seguito di sollecitazione da parte dello stesso Collegio, COGNOME non ha mai chiesto l’assegnazione esclusiva dell’intero bene e ha subordinato ogni proposta a conguaglio della somma di euro 95.000. Osserva il ricorrente:
che sul punto la sentenza rescindente di questa Corte aveva riconosciuto che, in relazione al progetto divisionale numero 2, nulla doveva essere posto a carico del COGNOME a titolo di conguaglio, ma il Tribunale ha ritenuto questa affermazione un obiter dictum della Corte di legittimità, non vincolante per la sua decisione, trattandosi di valutazioni in fatto;
che, a dispetto di quanto sostenuto dal Tribunale, il bene è divisibile perché il CTU aveva predisposto i progetti divisionali con i relativi conguagli e il Tribunale aveva attribuito una porzione definita al COGNOME, salvo non riconoscergli la quota delle spese senza motivazione. L’affermazione della cassazione, secondo cui il decreto impugnato avrebbe ritenuto i beni indivisibili, non ne aveva stabilito l’indivisibilità e, quind Tribunale è incorso in un travisamento nell’attribuire alla decisione della Corte di cassazione natura vincolante sulla indivisibilità dei beni;
che, oltre a considerare il fabbricato indivisibile, il Tribunale ha affermato che la quota di 95.000 euro, individuata dal CTU quale conguaglio in favore del COGNOME a titolo di risarcimento dei danni, non può essere riconosciuta poiché non rientrava nel quesito e nelle competenze del CTU, ed esulava dall’oggetto del giudizio;
che, in questa somma, sono invece comprese le spese per la sanatoria, per il collaudo e per l’accatastamento, ma il Tribunale ha travisato la CTU ed è arrivato alla conclusione che questa somma era in realtà un risarcimento che il CTU non poteva determinare.
Inoltre, lo stesso Tribunale, nel disporre la vendita del bene, ha stabilito che la stessa avvenga con le modalità di cui al codice di procedura civile, previa sanatoria dello stesso a spese di tutti i comproprietari: infine, non ha motivato in ordine alla richiesta di integrazione della CTU avanzata all’udienza del 24 novembre 2024.
In conclusione, il Tribunale si è discostato dalle motivazioni e dalle conclusioni della CU con una motivazione apparente; ha errato nel presupposto della ritenuta indivisibilità del fabbricato, quando al contrario lo scioglimento della comunione era ben possibile, attribuendo una delle porzioni con il riconoscimento dei conguagli così come stabiliti dalla CTU.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché propone motivi manifestamente infondati.
1.1. Il motivo con cui si lamenta la violazione dell’art. 627 cod. proc. pen., osservando che la sentenza rescindente non aveva imposto alcun vincolo di indivisibilità del bene confiscato, tanto che il Tribunale aveva accolto i progetti divisionali indicati nella relazione conclusiva del CTU, è generico e non è sostenuto da adeguato interesse. Il decreto impugnato ricostruisce nel dettaglio le fasi del complesso procedimento che è esitato nel provvedimento oggetto dell’odierno ricorso, osservando, in particolare, che, con riferimento al complesso immobiliare, era stata proposta la divisione secondo il progetto numero 2 dell’integrazione peritale, con l’onere a carico del COGNOME di corrispondere a titolo di conguaglio la somma di 71.000 euro, in favore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati. Questa pronunzia era stata oggetto di impugnazione da parte del COGNOME che aveva dedotto violazione di legge sulle risultanze della CTU per omessa valutazione delle conclusioni della CTP; la Suprema Corte ha individuato la questione centrale oggetto della decisione nel rigetto dell’istanza di assegnazione esclusiva dei beni proposta con il secondo motivo di ricorso del COGNOME e ha annullato il provvedimento, sul rilievo che il Tribunale avrebbe dovuto applicare il principio secondo cui il bene indivisibile deve essere assegnato al terzo di buona fede che ne faccia richiesta, a prescindere dal consenso dell’Agenzia nazionale o della titolarità di una quota superiore alla maggioranza.
1.2. Nel giudizio di rinvio, il Tribunale ha affermato che, per effetto della pronunzia della Corte di cassazione, deve ritenersi stabilita in via definitiva l’indivisibili dei beni e ha concluso che tale questione non può più essere messa in discussione; si tratta di affermazione non condivisibile, poiché questa Corte di legittimità ha stabilito un principio di diritto e non affermato in fatto l’indivisibilità dell’immobile de quo, ma la relativa censura risulta irrilevante ai fini del giudizio. Il Tribunale, infatti, dopo a dato atto che non è stata avanzata alcuna richiesta di assegnazione del bene in via esclusiva da parte del COGNOME, ha osservato che anche le ipotesi di divisione indicate nella CTU, non sono state accolte dal COGNOME, che le subordinava al riconoscimento in suo favore di una somma a titolo risarcitorio; di conseguenza, in assenza del consenso del terzo in ordine alle ipotesi di assegnazione parziale del bene, ha correttamente disposto la vendita dell’immobile per consentire la ripartizione del ricavato.
1.3. In conclusione, la questione posta dal COGNOME, circa la inesistenza di una preclusione in ordine all’indivisibilità dei beni, non è sostenuta da un concreto interesse, posto che l’odierno ricorrente nel giudizio di rinvio non ha ritenuto di accogliere nessuna delle ipotesi di divisione, subordinandole al conguaglio indicato dal CTU, e non ha pertanto interesse a porre la questione della ritenuta indivisibilità in questa sede, non potendo ricavare alcun vantaggio dal suo eventuale accoglimento. Ed in effetti il nucleo della questione non è costituito dall’indivisibilità dell’immobile, ma dal diritto del COGNOME al conguaglio indicato dal CTU, cui il predetto ha subordinato ogni proposta di divisione.
1.4. Il Tribunale ha motivatamente ritenuto di non essere vincolato all’inciso di cui alla sentenza rescindente di questa Corte, in merito al conguaglio della somma di 95.000 euro a titolo risarcitorio, e ha escluso la sussistenza di questo diritto di credito in favore del COGNOME sul rilievo che lo stesso non poteva essere determinato dal CTU, poiché non solo non rientrava nei limiti del suo incarico, ma riguardava situazioni già preesistenti al momento del sequestro, che avrebbero dovuto essere approfondite in un giudizio ad hoc; esclusa la possibilità di riconoscere in capo al COGNOME un credito di 95.000 euro, il Tribunale ha preso atto che il ricorrente aveva condizionato l’istanza di assegnazione parziale del bene al riconoscimento del conguaglio, e – come detto – ha disposto la vendita del bene, previa sanatoria a spese di tutti i compartecipi, nel rispetto dell’art. 48 comma 7 Codice antimafia.
1.5. La pretesa violazione dell’art. 627 cod. proc. pen. dedotta dalla difesa è inesistente in quanto il Tribunale è vincolato al principio di diritto statuito dalla sentenza rescindente, che riguardava altra questione, e non al giudizio in merito al diritto al conguaglio, che ha natura fattuale; nessun vincolo incombe sul giudice di rinvio in merito al riconoscimento del conguaglio calcolato dal CTU, poiché la sentenza rescindente non ha statuito al riguardo e ha ritenuto assorbito il primo motivo di censura in ragione dell’accoglimento del secondo; l’obiter dictum non condiziona e non limita il potere del giudice del rinvio, che rimane intatto in merito a valutazioni di merito e questioni di fatto che esulano dal principio di diritto enucleato dalla Corte; manifestamente infondata risulta, peraltro, la pretesa difensiva di voler sostituire ad una decisione giurisdizionale sulla determinazione di un credito controverso inerente gli adempimenti per regolarizzare l’immobile e i danni subiti dall’immobile, la stima peritale sul valore del bene che ricomprenda quel credito futuro.
In conclusione, il Tribunale, dopo avere respinto la richiesta di riconoscimento del conguaglio in favore del COGNOME, ha correttamente disposto la vendita dell’immobile, per ragioni che risultano rispettose delle prerogative del giudice di rinvio e dell’art. 627 cod. proc. pen.
Sul tenore di questa decisione, il ricorrente non oppone alcuna censura specifica, limitandosi a denunziare la violazione dell’art. 627 cod. proc. pen., ed è di logica evidenza che, non essendo percorribile la proposta di assegnazione di una quota del bene al Coluccio, le questioni in merito al diritto al conguaglio riconosciuto dal CTU, vengono superate, dovendosi applicare altri criteri relativi al riparto del ricavato.
2. Per le ragioni sin qui evidenziate si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda, che si ritiene congruo liquidare in euro tremila in ragione del grado di colpa nella presentazione del ricorso
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma 3 giugno 2025
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Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME