Banconote Contraffatte: La Prova Fisica Non È Sempre Decisiva
Il reato di detenzione e spendita di banconote contraffatte, disciplinato dall’art. 455 del Codice Penale, torna al centro di una pronuncia della Corte di Cassazione. La sentenza in esame chiarisce un importante principio processuale: non è sempre necessario acquisire fisicamente il denaro falso per giungere a una condanna, specialmente quando altri elementi probatori ne dimostrano in modo inequivocabile la natura illecita. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.
La Vicenda Processuale
Il caso riguarda un imputato condannato in primo grado e in appello per aver detenuto tre banconote da 50 euro contraffatte, tentando anche di spenderne una senza successo. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, articolando diversi motivi. Tuttavia, a seguito di vicende processuali legate a vizi formali, l’attenzione della Suprema Corte si è concentrata su un’unica, cruciale questione: la presunta contraddittorietà della Corte d’Appello.
Inizialmente, la Corte territoriale aveva disposto d’ufficio l’acquisizione delle banconote sequestrate per valutarne la qualità della contraffazione. Successivamente, però, ha emesso la sentenza di condanna senza che tale acquisizione fosse mai avvenuta, revocando implicitamente la propria precedente ordinanza. Secondo la difesa, questa condotta integrava un vizio di motivazione, poiché la prova (le banconote) era stata ritenuta decisiva in un primo momento e poi ignorata.
La Questione delle Banconote Contraffatte e la Prova Superflua
Il cuore del problema giuridico risiede nel concetto di “prova superflua”. La difesa sosteneva che solo l’esame diretto delle banconote contraffatte avrebbe potuto stabilire se la falsificazione fosse “grossolana” o meno. Una contraffazione grossolana, ovvero così palese da non poter ingannare nessuno, esclude la punibilità.
La Cassazione, tuttavia, ha seguito un ragionamento diverso. Ha stabilito che un giudice può legittimamente revocare un’ordinanza di ammissione di una prova se, sulla base del compendio probatorio già disponibile, si convince della sua inutilità ai fini della decisione. L’importante è che tale cambio di valutazione sia logicamente motivato nella sentenza finale.
L’analisi degli Elementi Già Acquisiti
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che gli atti già presenti nel fascicolo fossero più che sufficienti a dimostrare la falsità del denaro e la sua idoneità a ingannare. In particolare, il verbale di sequestro redatto dalle forze dell’ordine evidenziava due elementi chiave:
1. Numero di Serie Identico: Tutte le banconote riportavano il medesimo numero di serie, un fatto che ne provava inequivocabilmente la falsità.
2. Necessità di Esame Tecnico: La contraffazione non era affatto grossolana, tanto che per accertarla era stato necessario l’uso di un’apparecchiatura a luce ultravioletta, la quale aveva rivelato l’assenza della filigrana.
Questi due elementi, combinati, erano sufficienti per fondare il giudizio di colpevolezza.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha chiarito che la revoca, anche implicita, di un’ordinanza istruttoria non è di per sé illegittima. La coerenza del ragionamento del giudice va valutata nel suo complesso. In questo caso, la Corte d’Appello ha implicitamente dimostrato di aver acquisito la “consapevolezza della superfluità della prova”.
I giudici hanno inoltre smontato l’argomento secondo cui lo stesso numero di serie renderebbe la contraffazione grossolana. Hanno infatti osservato che le banconote contraffatte possono essere spese separatamente, ingannando diverse persone in momenti diversi. La vera natura della contraffazione era insidiosa e rilevabile solo con strumenti specifici, il che esclude la grossolanità e conferma la pericolosità della condotta.
Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato giudicato infondato, in quanto la decisione della Corte d’Appello si basava su un apparato argomentativo solido e coerente, che rendeva del tutto inutile l’esame fisico del denaro falso.
Le Conclusioni
La sentenza consolida un principio di economia processuale e di logica probatoria. La materialità del corpo del reato non deve essere necessariamente portata fisicamente in aula se la sua esistenza e le sue caratteristiche sono già state accertate senza ombra di dubbio tramite altri mezzi di prova affidabili, come un dettagliato verbale di sequestro. Questo precedente ribadisce che la valutazione delle prove è un processo dinamico, in cui il giudice può riconsiderare la necessità di ulteriori accertamenti alla luce di un quadro probatorio che si consolida come sufficiente per la decisione.
È sempre necessario acquisire fisicamente le banconote contraffatte per provare il reato?
No, non è sempre necessario. Se la falsità e la sua non grossolanità emergono chiaramente da altri atti, come il verbale di sequestro che attesta lo stesso numero di serie per più banconote, il giudice può ritenere l’acquisizione fisica una prova superflua.
Un giudice può revocare una propria ordinanza che dispone l’acquisizione di una prova?
Sì, un giudice può legittimamente revocare, in modo implicito o esplicito, una precedente ordinanza istruttoria se, nel corso del processo, acquisisce la consapevolezza che quella prova non è più necessaria ai fini della decisione.
Avere più banconote con lo stesso numero di serie rende la contraffazione grossolana?
No. Secondo la Corte, l’identità del numero di serie non è un elemento sufficiente a rendere la contraffazione grossolana, poiché le banconote possono essere spese separatamente. La non grossolanità è confermata se per scoprire il falso è necessario un esame approfondito, come l’uso di luce ultravioletta.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22547 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22547 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 ottobre 2022 la Corte d’appello di Firenze ha confermato la condanna di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 455 c.p. in merito alla detenzione di tre banconote da 50 euro contraffatte, delle quali cercava di spenderne una senza successo.
Avverso la sentenza l’imputato proponeva ricorso per via telematica ai sensi dell’art. 24 I. n. 176/2020, articolando tre motivi. Con il primo deduceva la mancata assunzione di una prova decisiva in merito alla mancata acquisizione agli atti delle banconote sequestrate al fine della valutazione dell’eventuale grossolanità della contraffazione. Con il secondo motivo denunziava vizi di motivazione, lamentando che la Corte, a fronte della mancata trasmissione delle suddette banconote da parte dell’organo di polizia che aveva proceduto al sequestro, avrebbe implicitamente revocato in maniera contraddittoria la propria ordinanza del 14 luglio 2022 con la quale aveva invece disposto d’ufficio l’acquisizione delle stesse banconote. Con il terzo motivo deduceva erronea applicazione della legge penale in merito al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche, avendo il giudice dell’appello ritenuto di non poter valutare a tal fine l’offerta reale di risarcimento effettuata dall’imputato in ragione della inidonei delle modalità della sua esecuzione, che in realtà corrisponderebbero a quelle indicate 162-ter c.p.
Con ordinanza del 27 dicembre 2022 la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato inammissibile il ricorso ai sensi dell’art. 24 comma 6-sexies I. n. 176/2020 in ragione della mancata apposizione della firma digitale dei difensore in calce agli allegati all’att d’impugnazione, così come richiesto dal comma 6-bis dell’articolo da ultimo citato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ulteriore ricorso l’imputato, eccependo violazione di legge. Osserva in particolare il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale avrebbe dichiarato integralmente inammissibile il ricorso, nonostante gli allegati privi della sottoscrizione digitale fossero riferibili esclusivamente al primo ed al terzo motivo articolati nell’atto impugnazione, risultando dunque irrilevanti ai fini della valutazion delle censure invece proposte con il secondo motivo. Conseguentemente il giudice dell’appello avrebbe dovuto inoltrare il ricorso a quello di legittimità ai fini d decisione del suddetto motivo.
Con provvedimento del 30 gennaio 2024 la Quinta Sezione di questa Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza del 27 dicembre 2022 limitatamente al secondo motivo del ricorso proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 27 ottobre 2022 disponendo l’iscrizione a ruolo del procedimento.
Il 25 marzo 2024 il difensore dell’imputato ha proposto motivi nuovi, con i quali ha eccepito ai sensi dell’art. 606 lett. d) c.p.p. la mancata acquisizione delle banconote contraffatte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Alla luce di quanto illustrato in precedenza, oggetto di sindacato in questa sede è esclusivamente il secondo motivo del ricorso proposto dall’imputato, posto che gli altri due motivi già sono stati ritualmente dichiarati inammissibili dalla Corte d’appello di Firenze ai sensi dell’art. 23 I. n. 176/2020.
Ciò premesso il motivo in esame deve ritenersi infondato, ancorché a tratti inammissibile. Infatti, va ribadito che la revoca – implicita od esplicita che sia parte del giudice dell’appello della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale precedentemente disposta non è di per sé illegittima – attesa la natura processuale dell’ordinanza con cui l’integrazione è stata ordinata -, dovendo invece la stessa essere valutata in relazione alla tenuta del ragionamento probatorio svolto dal giudice (cfr. Sez. 4, n. 34730 del 12 luglio 2011, Allalo, Rv. 251112). In altri termini l’apparente contraddittorietà tra la ritenuta necessità degli accertamenti istruttori nel momento in cui vengono disposti e l’affermazione di responsabilità dell’imputato formulata previa successiva rinunzia alla loro assunzione trova naturale composizione nella motivazione fornita dal giudice a sostegno di tale affermazione, la quale può contenere, come nel caso di specie, l’implicita od esplicita dimostrazione della acquisita consapevolezza res melium perpensa della superfluità della prova di cui era stata disposta alla luce della sufficienza del compendio probatorio già presente in atti. Ed in tal senso la Corte territoriale ha implicitamente giustificato la propria valutazione di sostanzial superfluità dell’acquisizione delle banconote laddove ha evidenziato come dal verbale di sequestro, al di là di ulteriori elementi rivelatori, emergeva in maniera inequivocabile la loro falsità, atteso che le stesse riportavano il medesimo numero di serie. Il giudice del merito ha altresì argomentato sulle ragioni della ritenuta non grossolanità della falsificazione delle singole banconote, sottolineando come sia stato possibile acquisire effettiva evidenza della contraffazione solo attraverso l’accertamento compiuto dal
personale di polizia mediante l’utilizzo di idonea apparecchiatura a luce ultravioletta, accertamento che rivelava come le stesse fossero prive di filigrana. Né ovviamente l’identità del numero di serie è elemento sufficiente a rendere grossolano il falso delle banconote, posto che queste, come pure l’imputato ha cercato di fare, possono essere spese separatamente. Con il descritto apparato argomentativo il motivo in esame non si è sostanzialmente confrontato e dunque, sotto questo profilo, lo stesso, come accennato, risulta dunque anche generico.
È invece inammissibile il motivo nuovo, che non è altro che la riedizione del primo motivo di ricorso già giudicato inammissibile per le ragioni ricordate in precedenza dal giudice dell’appello.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Così deciso il 10/4/