Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17828 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17828 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato in Romania il 28/06/1994 avverso la sentenza del 09/12/2024 della Corte d’appello di Milano; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato COGNOME COGNOME alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 600,00 di multa, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e detenzione e spendita di banconote contraffatte in concorso con ignoti, con recidiva specifica, infraquinquennale e reiterata, e con l’ulteriore aggravante di aver commesso il fatto durante l’ammissione ad una misura alternativa alla detenzione.
La Corte d’appello di Milano, pronunciandosi sull’impugnazione Proposta dall’imputato, ha confermato la sentenza di primo grado.
Propone ricorso per Cassazione il difensore del COGNOME, articolandolo in due motivi, in relazione alla detenzione e spendita di banconote cqptraffatte,
2.1. Col primo deduce vizi motivazionali e violazioni di legge, lamentando il mancato accertamento giudiziale della falsità delle banconote.
La Corte d’Appello ha fatto riferimento a un controllo delle banconote spese nel centro scommesse, effettuato dal titolare di tale centro tramite un dispositivo elettronico di verifica banconote posseduto da un negozio vicino. Secondo la difesa sarebbe spettato all’autorità pubblica l’onere di provare la falsità delle banconote, laddove, demandato a un privato, non vi sarebbe certezza sull’efficienza e funzionalità del dispositivo utilizzato. Resterebbe, insomma, dubbia la prova della falsità.
Quanto alla banconota da 50 euro spesa nel minimarket, sarebbe illogico ritenere, come fatto dalla Corte d’appello, che lo stropicciamento della stessa, da parte dell’imputato, ne avesse reso difficile la verifica.
Si menziona, poi, un orientamento giurisprudenziale di legittimità per il quale essenziale sarebbe la perizia che accerti la falsità, non essendo sufficienti all’uopo meri sospetti o le dichiarazioni delle parti coinvolte.
Il ricorso evidenzia che il richiamo all’accertamento della falsità alla banca dati dello SDI era limitato a solo alcune delle banconote da euro 50,00. Su questo punto, la motivazione della Corte d’appello tacerebbe, riportandosi al controllo effettuato dall’esercente del locale scommesse presso il minimarket: confermando così la mancata verifica della falsità di tutte le banconote da parte della Forze dell’ordine.
Inoltre, si lamenta la mancata indicazione dei numeri di matrice delle banconote sospette, omissione che rendeva impossibile la difesa.
2.2. Col secondo motivo, ci si duole di vizi motivazionali e violazioni di legge circa la qualificazione del fatto ex art. 455 cod. pen., che implica la consapevolezza dell’imputato della falsità delle banconote al momento della loro ricezione.
Si sostiene non vi fossero elementi probatori sufficienti per affermare tale consapevolezza, nulla essendo stato accertato riguardo ai tempi, alle circostanze e ai modi in cui l’imputato avrebbe ricevuto le banconote: sicché il fatto andava inquadrato nell’art. 457 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, per vari profili inammissibile, è nel complesso infondato.
1.1. Il primo motivo va disatteso.
La Corte territoriale ha dato correttamente conto delle ragioni che l’hanno indotta a ritenere la responsabilità dell’imputato, uniformandosi alla giurisprudenza di legittimità.
La sentenza d’appello ha richiamato il controllo delle banconote effettuato dal titolare del centro scommesse tramite il dispositivo elettronico posseduto da un negozio vicino, l’anomala condotta di “stropicciamento” della banconota consegnata al gestore del minimarket da parte dell’imputato, dopo il rifiuto del pagamento per la contestata falsità della stessa, e l’ulteriore accertamento della falsità tramite la banca dati SDI per l’ultima banconota trovata in possesso di COGNOME, di cui, peraltro, non si contesta la sicura contraffazione.
Ed ancora, si è sottolineata l’ulteriore condotta dell’imputato, il quale, interrogato sulla provenienza delle banconote, non ha fornito spiegazioni.
Tale motivazione non è per nulla carente o illogica e dà, invece, adeguato conto delle ragioni per cui è stata ritenuta la falsità delle banconote, non essendo affatto necessario, in simili casi, l’espletamento di una perizia.
Infatti, come già rilevato da questa Corte, in tema di falsità di banconote o monete metalliche, l’art. 74 disp. att. cod. proc. pen., nel prevedere che venga nominato come perito un tecnico della direzione generale della Banca d’Italia o della direzione generale del Tesoro, non ha introdotto l’obbligo della perizia nummaria quale prova legale, ma ha semplicemente indicato le categorie dotate di particolare professionalità all’interno delle quali il giudice è tenuto a sceglier l’esperto, nel caso in cui ritenga necessario procedere a tale accertamento peritale (Sez. 5, n. 38291 del 06/04/2016, Mbengue, Rv. 267788-01). Al riguardo, poi, per un precedente analogo – in cui la falsità è stata accertata senza alcuna perizia, e soprattutto in base alle sole parole della persona offesa, che aveva riferito di quelle del commerciante presso il quale gli imputati avevano tentato di spendere, in precedenza, la banconota falsa, il quale aveva riferito di averla riscontrata dal passaggio della stessa nell’apposita macchinetta elettronica in suo possesso – si veda Sez. 5, Sentenza n. 4592 del 12/11/2010, dep. 2011, non massimata.
Infine, la difesa non argomenta quale pregiudizio avrebbe subito dalla mancata trascrizione nel capo d’imputazione del numero seriale di tutte le banconote, sicché la doglianza è generica. Tanto più, poi, che su quella per la quale, invece, tale dato è indicato, parte ricorrente non ha fornito alcun ulteriore elemento per smentire l’accusa.
1.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Come noto, la differenza tra il reato di cui all’art. 457 cod. pen. e quello di cui all’art. 455 cod. pen. consiste nel fatto che per quest’ultimo la scienza della falsità delle monete deve sussistere all’atto della ricezione, mentre per il secondo tale scienza è invece posteriore al ricevimento della falsa moneta (Sez. 5, n. 30927 del 03/06/2010, COGNOME, Rv. 247763-01; Sez. 5, n. 11489 del 24/04/1990, COGNOME, Rv. 185113-01).
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In tema di detenzione di monete contraffatte al fine di metterle in circolazione, di cui all’art. 455 cod. pen., la consapevolezza della falsità del denaro
al momento della sua ricezione, che vale a distinguere il reato dalla diversa ipotesi di buona fede prevista dall’art. 457 cod. pen., può essere desunta dalla pluralità
delle banconote contraffatte detenute nonché dal difetto di una qualsiasi indicazione, da parte dell’imputato, sia della provenienza del denaro che di un
qualunque diverso e lecito fine della sua detenzione (Sez. 5, n. 40994 del
19/05/2014, COGNOME Rv. 261246-01; confronta, negli stessi termini: Sez. 5, n.
10539 del 31/10/2014, dep. 2015, COGNOME Rv. 262684-01).
Orbene, la Corte d’appello ha valorizzato, al riguardo, il comportamento dell’imputato, che aveva fatto acquisti di poco valore, in tal modo tentando di
recuperare quasi l’intero importo delle banconote contraffatte ed aveva, una volta contestatagli, da parte del titolare dell’esercizio commerciale denominato “RAGIONE_SOCIALE
Market”, la falsità di quella da 50 euro consegnata, strappato la stessa di mano al detto esercente, stropicciandola e dileguandosi, invece di chiarire l’accaduto, ma
soprattutto era rimasto silente sull’origine del denaro, opponendosi all’intervento degli agenti, fornendo, infine, una versione postuma – circa la ricezione del denaro da un tale “NOME” per un’attività lavorativa non specificata – priva di qualsivoglia credibile elemento.
Le menzionate circostanze fattuali, e soprattutto la pluralità delle banconote detenute dall’imputato e l’omessa e verificabile spiegazione circa chi gliele aveva consegnate, sono state, per quanto anzidetto in diritto, correttamente ritenute, dal giudice d’appello, idonee a provare la consapevolezza, al momento della loro ricezione, della falsità delle banconote.
La generica richiesta di una difforme valutazione del compendio istruttorio, per giunta in contrasto con la richiamata giurisprudenza, altro non rappresenta se non il tentativo di conseguire un diverso giudizio di merito del quadro probatorio, come noto inammissibile in questa sede.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 08/04/2025.