Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29457 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29457 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 25/05/1972
avverso la sentenza del 06/06/2024 della CORTE D’APPELLO DI BARI
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 6 giugno 2024, la Corte d’appello di Bari, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Bari, ha ritenuto NOME COGNOME presidente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE responsabile del reato di cui ba ncarotta semplice di cui all’art. 217, comma 1, n. 3), legge fall.,
così riqualificata l’ordinaria contestazione di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose, riducendo la pena irrogata in primo grado.
Avverso tale decisione l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi di censura di seguito riassunti nei limiti stabiliti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all’art. 217, comma 1, n. 3, legge fall. La Corte territoriale, confermando sul punto la pronuncia di primo grado, avrebbe qualificato come operazioni di grave imprudenza commesse per ritard are il fallimento la predisposizione nel 2014 di un ‘Piano di crisi’, nonché di una proposta di ‘transazione fiscale’ avanzata nel 2015 all’Agenzia delle entrate nell’ambito di un accordo di ristrutturazione del debito della società. In realtà tale operazi one, che prevedeva il pagamento dell’intero debito tributario ed era garantita dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE, nei cui confronti la società vantava un cospicuo credito, non poteva qualificarsi come sintomatica di grave imprudenza e contraria alle regole della buona amm inistrazione, avendo un’elevata probabilità di successo ed essendo finalizzata a salvaguardare l’azienda.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e vizio di violazione di legge. In modo illogico e contraddittorio la Corte territoriale avrebbe ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato, qualificando le operazioni suddette come contrarie alle regole della buona amministrazione per poi riconoscere che erano state compiute nell’interesse dell’impresa, in quanto poste in essere al fine di garantire i posti di lavoro e contenere i costi aziendali.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
I motivi di censura, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono privi di pregio.
2.1. La sentenza impugnata ha confermato la decisione di primo grado, che aveva riqualificato l’originaria contestazione di bancarotta fraudolenta da operazioni dolose nella fattispecie di bancarotta semplice per operazioni di grave imprudenza, ai sensi de ll’art. 217, comma 1, n. 3, legge fall.
Dall’istruttoria dibattimentale era emerso che la RAGIONE_SOCIALE operava nel settore della logistica, del facchinaggio e della movimentazione merci per conto di
terzi. Essa partecipava a consorzi ed in particolare alla società consortile RAGIONE_SOCIALE, che le consentiva di ottenere l’affidamento della gestione di magazzini e la movimentazione di merci per conto di importanti aziende nazionali. Tuttavia, il ritardo nei pagamenti da parte della SOA, nei confronti della quale la RAGIONE_SOCIALE aveva accumulato un rilevante credito, aveva provocato nel corso degli anni un forte squilibrio finanziario con accumulo di ingenti debiti verso i fornitori, verso l’Erario e verso l’INAIL.
Ciò aveva portato la società nel 2009 e poi nel 2014 ad adottare un piano ex art. 6, legge n. 142 del 2001, il quale si era rivelato insufficiente a superare la crisi, nonché nel 2015 a presentare delle proposte di transazione fiscale all’Agenzia delle entrate, che però erano state rifiutate.
In tale situazione, la Corte d’appello di Bari ha ritenuto la condotta tenuta dall’imputato contraria alle regole di buona amministrazione. Egli, nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione della società dal 2016, ma già dal 2011 membro del cda, nonostante fosse consapevole della grave situazione debitoria in cui versava la ESDRA, aveva scelto di preservare e garantire lo stato occupazionale della società, proseguendo l’attività. Tale scelta si era rivelata azzardata e imprudente, in qu anto l’esposizione debitoria della società era divenuta insostenibile.
2.2. Le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale sono del tutto in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha chiarito che, in tema di bancarotta semplice, le operazioni di grave imprudenza sono quelle caratterizzate da alto grado di rischio, prive di serie e ragionevoli prospettive di successo economico e che, avuto riguardo alla complessiva situazione dell’impresa, oramai votata al dissesto, hanno il solo scopo, che deve essere riscontrato in sede di accertamento giudiziale del dolo, di ritardare il fallimento (Sez. 5, n. 118 del 26/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282729 -01; Sez. 5, n. 24231 del 20/03/2003, COGNOME, Rv. 225937).
Sono state definite operazioni gravemente imprudenti ai sensi dell’art. 217, n. 3, legge fall. quelle finalisticamente orientate a ritardare il fallimento, ma ad un tempo caratterizzate da grave avventatezza o spregiudicatezza, che superino i limiti dell’o rdinaria ‘imprudenza’; con tale ultimo concetto intendendosi il comportamento che, secondo la comune logica imprenditoriale, può a volte giustificare il ricorso, da parte dell’imprenditore che versi in situazione di difficoltà economica, ad iniziative ‘coraggiose’, da extrema ratio , ma ragionevolmente dotate di probabilità di successo, al fine di scongiurare il fallimento.
Quanto all’elemento soggettivo, si è puntualizzato che la finalizzazione che connota la fattispecie, impone la presenza ed il riscontro in sede di accertamento
giudiziale del carattere doloso delle condotte (Sez. 5, Sentenza n. 24231 del 20/03/2003, Rv. 225938).
2.3. Nel caso in esame le operazioni gravemente imprudenti sono state individuate dalla Corte territoriale non già -come affermato dal ricorrente -nella predisposizione di un piano di risanamento della società e nella proposta di transazione fiscale, avvenute in anni in cui il COGNOME neppure rivestiva il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione di RAGIONE_SOCIALE, bensì nel fatto che, pur essendo stato a conoscenza dell’insuccesso di tali tentativi (essendo all’epoca membro del cda), e pur essendo consapevole delle condizioni economiche in cui versava la società, l’imputato non ha adottato alcuna strategia, né intrapreso alcuna iniziativa (quale, ad esempio, la modifica degli accordi con SOA) per scongiurare il fallimento, ovvero cessare l’attività, continuando invece a man tenere gli stessi livelli occupazionali, nonostante l’assenza di prospettive di risanamento e pur a fronte della crescita del debito verso l’Erario.
Proprio detta consapevolezza è stata correttamente valutata dai giudici del merito quale manifestazione della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Trattasi di conclusione ineccepibile che non è inficiata dalla circostanza, evidenziata dal ricorrente, per cui la stessa sentenza impugnata aveva riconosciuto che tale scelta era stata effettuata nell’interesse dell’impresa.
Ciò che infatti caratterizza la bancarotta semplice, distinguendola da quella fraudolenta è la ‘direzione’ dell’interesse dell’agente, nel senso che, quando l’agente pone in essere operazioni imprudenti idonee a configurare la bancarotta semplice di cui al n. 2 dell’art. 217 I. fall., egli agisce con imprudenza, ma pur sempre nell’interesse dell’impresa, laddove nelle operazioni distrattive che integrano il delitto di bancarotta fraudolenta di cui all’art. 216 legge fall, invece, l’agente agisce dolosamente perseguendo un interesse proprio o di terzi estranei all’impresa e, quindi, con la coscienza e volontà di porre in essere atti incompatibili con la salvaguardia del patrimonio aziendale ed in contrasto con l’interesse dei creditori alla conservazione delle garanzie patrimoniali (Sez. 5, n. 7417 del 01/02/2023, Vecchio, Rv. 284230 -02; Sez. 5, n. 15850 del 26/06/1990, Bordoni, Rv. 185886).
Pertanto, la circostanza che il ricorrente abbia agito nell’interesse dell’impresa, e in particolare per salvaguardare i livelli occupazionali lungi dall’escluderlo, connota la qualificazione della condotta in termini di bancarotta semplice.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 05/06/2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME