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Bancarotta semplice: quando la difesa non regge

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta semplice documentale. Nonostante sostenesse di non essere a conoscenza del fallimento, la Corte ha ribadito che l’omessa tenuta delle scritture contabili integra il reato, e la prova contraria spetta all’imputato.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta semplice documentale: l’onere della prova grava sull’amministratore

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 28088/2024) ha ribadito principi fondamentali in materia di bancarotta semplice documentale. Il caso riguarda un amministratore unico di una S.r.l. fallita, condannato per non aver tenuto le scritture contabili o, in ogni caso, per non averle consegnate al curatore fallimentare. La difesa basata sulla presunta ignoranza dello stato di fallimento non ha trovato accoglimento, sottolineando la rigorosità degli obblighi che gravano sugli amministratori di società.

I Fatti del Caso

L’amministratore di una società a responsabilità limitata, dichiarata fallita nel novembre 2016, veniva inizialmente condannato dal Tribunale per bancarotta fraudolenta documentale. La Corte di Appello, pur riformando la sentenza e riqualificando il reato in bancarotta semplice documentale, confermava la responsabilità dell’imputato. La contestazione principale era la mancata tenuta e consegna dei libri contabili al curatore.
L’amministratore proponeva ricorso per Cassazione, adducendo due motivi principali:
1. Erronea applicazione della legge e vizio di motivazione: Sosteneva di non essere stato a conoscenza della dichiarazione di fallimento. A prova di ciò, evidenziava che il curatore non era riuscito a rintracciarlo né presso la sua residenza né presso l’indirizzo della società, la quale era peraltro stata cancellata dal registro delle imprese dieci mesi prima del fallimento.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Lamentava una motivazione lacunosa da parte della Corte di Appello sul diniego delle attenuanti.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla bancarotta semplice documentale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. Ha confermato la condanna dell’imputato e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su consolidati principi giurisprudenziali che definiscono la natura e la prova del reato di bancarotta documentale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive.
Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno chiarito che la bancarotta semplice documentale è un reato di mera condotta. Ciò significa che il reato si perfeziona con il semplice inadempimento dell’obbligo legale di tenere regolarmente le scritture contabili. L’imprenditore e l’amministratore sono i destinatari diretti di questo obbligo.

La prova del reato, secondo la Cassazione, è costituita dalla mancata produzione dei libri contabili. A fronte di questa omissione, spetta all’imputato fornire una prova contraria rigorosa, dimostrando due elementi:
1. Di aver effettivamente tenuto le scritture contabili.
2. L’impossibilità incolpevole di produrle.

Nel caso specifico, l’imputato si è limitato ad asserire di non essere a conoscenza del fallimento, deducendolo dalla propria irreperibilità. La Corte ha ritenuto tale argomento irrilevante, sottolineando che l’irreperibilità non esclude la consapevolezza del fallimento e, soprattutto, non dimostra in alcun modo che le scritture siano mai state tenute. Anzi, l’imputato non le ha prodotte nemmeno una volta venuto a conoscenza del procedimento penale a suo carico.

Sul secondo motivo, relativo alle attenuanti generiche, la Corte ha giudicato la motivazione della Corte di Appello sufficiente e congrua. I giudici di merito avevano correttamente negato le attenuanti facendo riferimento ai precedenti penali dell’imputato, in particolare a uno specifico in materia di bancarotta. Questo elemento è stato ritenuto decisivo per escludere un giudizio di meritevolezza.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce la severità con cui l’ordinamento tratta gli obblighi contabili degli amministratori. La responsabilità per bancarotta semplice documentale sorge dalla semplice omissione, e la difesa non può fondarsi su scuse generiche come l’ignoranza dello stato di fallimento. L’onere di dimostrare la corretta tenuta dei libri contabili grava interamente sull’amministratore, che deve essere in grado di produrli in qualsiasi momento, specialmente durante una procedura concorsuale. Questa pronuncia serve da monito per tutti gli amministratori sull’importanza di una gestione contabile diligente e trasparente, pena l’incorrere in gravi responsabilità penali.

È sufficiente dichiararsi all’oscuro del fallimento per evitare una condanna per bancarotta semplice documentale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato si integra con la semplice omissione della tenuta o della consegna delle scritture contabili. La presunta ignoranza dello stato di fallimento è irrilevante se l’amministratore non fornisce la prova rigorosa di aver tenuto i libri e di non aver potuto consegnarli per cause a lui non imputabili.

Cosa deve dimostrare l’amministratore per non essere condannato per questo reato?
L’amministratore deve fornire una duplice e rigorosa dimostrazione: in primo luogo, che le scritture contabili sono state effettivamente e regolarmente tenute; in secondo luogo, che si è verificata un’impossibilità incolpevole di produrle al curatore.

I precedenti penali possono giustificare il diniego delle attenuanti generiche?
Sì. La sentenza conferma che, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice può fare legittimamente riferimento agli elementi ritenuti decisivi, come i precedenti penali dell’imputato, specialmente se sono specifici per la stessa materia (in questo caso, la bancarotta).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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