Bancarotta semplice: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità in materia di bancarotta semplice documentale. La decisione sottolinea la netta distinzione tra la valutazione dei fatti, di competenza esclusiva dei giudici di merito, e il controllo sulla corretta applicazione della legge, unico compito della Suprema Corte. Questo caso offre uno spunto per analizzare quando e perché un ricorso contro una condanna per reati fallimentari può essere dichiarato inammissibile.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imprenditrice, condannata in primo e secondo grado per il reato di bancarotta semplice documentale. La Corte di Appello di Bologna aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo l’imputata responsabile per la tenuta irregolare delle scritture contabili della sua impresa. L’imputata ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su quattro distinti motivi volti a contestare la violazione di norme processuali, la sussistenza stessa del reato, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la commisurazione della pena.
L’analisi della Cassazione sui motivi di ricorso per bancarotta semplice
La Corte di Cassazione ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, dichiarandolo integralmente inammissibile. L’analisi dei singoli punti è fondamentale per comprendere i principi applicati.
Primo motivo: la presunta violazione del divieto di reformatio in peius
La ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse modificato l’imputazione in suo sfavore. La Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato, chiarendo che il giudice di secondo grado si era limitato a condividere e confermare la riqualificazione del fatto già operata dal Tribunale. Inoltre, la Corte ha sottolineato come la difesa non avesse dimostrato perché la condotta di ‘irregolare tenuta’ delle scritture contabili dovesse considerarsi più grave di quella di ‘omessa tenuta’, dato che entrambe le ipotesi sono previste e sanzionate allo stesso modo dall’art. 217 della legge fallimentare.
Secondo motivo: il tentativo di riesame del merito
Con il secondo motivo, la difesa contestava la valutazione dei giudici sulla sussistenza dell’elemento materiale del reato, ovvero l’effettiva irregolarità della contabilità. La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile, ribadendo un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non consente una ‘rilettura’ dei fatti. La Corte non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, se la motivazione di questi ultimi è, come nel caso di specie, esente da vizi logici e giuridici.
Altri motivi di inammissibilità: attenuanti e pena
Anche i restanti motivi sono stati giudicati inammissibili.
Terzo motivo: il diniego delle attenuanti generiche
La ricorrente contestava la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha respinto la censura, evidenziando che la motivazione della sentenza impugnata era logica e coerente. Ha inoltre richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, per negare le attenuanti, il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma è sufficiente che motivi la sua decisione sulla base degli elementi ritenuti decisivi.
Quarto motivo: la discrezionalità nella commisurazione della pena
Infine, la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondato anche il motivo relativo alla quantificazione della pena. La graduazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale deve esercitarla seguendo i criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale. Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che l’onere motivazionale fosse stato adeguatamente assolto.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sul principio fondamentale della separazione tra giudizio di fatto e giudizio di diritto. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, in larga parte, mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e delle circostanze di fatto, un’attività preclusa alla Suprema Corte. La Corte ha affermato che la motivazione dei giudici di merito era logica, coerente e giuridicamente corretta, rendendo così inattaccabili le conclusioni a cui erano giunti sia sulla responsabilità penale sia sulla determinazione della pena e sulla mancata concessione delle attenuanti.
Le conclusioni
La decisione in commento riafferma con chiarezza i confini del sindacato della Corte di Cassazione. Un ricorso ha possibilità di successo solo se denuncia reali violazioni di legge o vizi manifesti di logicità nella motivazione, e non quando si limita a proporre una ricostruzione dei fatti alternativa a quella, motivata, dei giudici di merito. Per chi è accusato di bancarotta semplice, ciò significa che la strategia difensiva deve concentrarsi fin dai primi gradi di giudizio sulla dimostrazione fattuale della regolarità contabile, poiché le possibilità di rimettere in discussione tali accertamenti in Cassazione sono estremamente limitate.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un caso di bancarotta semplice, come la regolarità delle scritture contabili?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto. Il suo compito è limitato a verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della valutazione delle prove.
Perché il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato confermato?
Il diniego è stato confermato perché la motivazione del giudice di merito è stata ritenuta esente da evidenti illogicità. Secondo la giurisprudenza costante, non è necessario che il giudice analizzi tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che fondi la sua decisione su quelli ritenuti decisivi.
Cambiare la qualificazione del reato da ‘omessa tenuta’ a ‘irregolare tenuta’ delle scritture contabili viola il divieto di ‘reformatio in peius’?
Nel caso specifico, la Corte ha stabilito di no. In primo luogo, la riqualificazione era già stata operata dal giudice di primo grado e solo confermata in appello. In secondo luogo, entrambe le condotte sono previste e punite allo stesso modo dalla legge fallimentare, pertanto non si è verificato un peggioramento della posizione dell’imputata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12198 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12198 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FORLI’ il 26/02/1961
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
fr-
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale la ricorrente era stata ritenuta responsabile del delitto di bancarotta semplice documentale; con memoria in data 24.12.2024 ha reiterato i motivi di ricorso insistendo per il loro accogli mento;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale la ricorrente denunzia l’inosservanza di norme processuali nonché la mancanza della motivazione del provvedimento impugnato ritenendolo violativo del divieto di reformatio in peius avendo la Corte di appello provveduto a modificare il capo di imputazione già precedentemente oggetto di variazione da parte del giudice di primo grado – è manifestamente infondato in quanto dall’analisi degli atti processuali emerge invece come il giudice di seconde cure abbia condiviso la riqualificazione operata dal Tribunale così confermando la sentenza impugnata; esso è altresì inammissibile non avendo la ricorrente spiegato le ragioni per cui la configurazione della condotta in termini di irregolare tenuta delle scritture contabili debba ritersi più grave rispetto a quella di omessa tenuta delle stesse, posto che entrambe sono previste e sanzionate nello stesso modo dall’art. 217, comma 2, legge fall.;
Considerato che il secondo motivo di ricorso – con cui la ricorrente censura la violazione della legge ed il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento materiale del delitto di bancarotta semplice con particolare riferimento all’effettiva irregolare tenuta della contabilità – non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 1 e 2); esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
Considerato che il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce l’inosservanza della legge nonché l’illogicità della motivazione in ordine all’omesso riconoscimento della sussistenza dei presupposti per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 3 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che facci
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244);
Considerato che il quarto ed ultimo motivo di ricorso, con cui si denunzia l’inosservanza della legge ed il vizio motivazionale in ordine alla commisurazione del trattamento sanzionatorio, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 3 della sentenza impugnata);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025.