Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14559 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14559 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GRAVINA DI PUGLIA il 21/05/1951 avverso la sentenza del 21/06/2024 della Corte d’appello di Bari Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta la memoria di replica del difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1,Con sentenza del 21.6.2024, la Corte di Appello di Bari, all’esito di trattazion in presenza delle parti, ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME COGNOME che l’aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’ 217, comma 2, I.f. così diversamente qualificato il fatto originariamente ricondott alla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale cd. specifica, di cui all’art. I.f., assolvendolo dal reato di bancarotta fraudolenta documentale generica.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cessazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi – risultando erroneamente indicato col numero 3 il secondo motivo e col numero 4 il terzo – di seguito enunciati nei limiti cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod, proc. per).
2.1.Col primo motivo deduce la violazione degli articoli 521 del codice di rito 216 e 217 della legge fallimentare.
Nel caso di specie si era contestato all’imputato di avere tenuto i libri e scritture contabili obbligatorie in guisa da non consentire la ricostruzione d patrimonio e del movimento degli affari. Era stata quindi chiaramente contestata unicamente un’ipotesi di bancarotta documentale generica. L’impossibilità di ricostruzione sarebbe stata in particolare conseguenza del fatto che l’imputato non consegnava determinate scritture e libri. Il giudice di primo grado ha ritenuto che con tale imputazione il P.M. avesse inteso contestare entrambe le fattispecie dì reato sanzionate dall’art. 216, n. 2, I.f., ossia sia la bancarotta documentale generica, p irregolare tenuta delle scritture contabili, che la bancarotta documentale per omessa tenuta/consegna delle scritture contabili. Dal primo reato l’imputato è stato assolt per insussistenza del fatto, avendo il primo giudice ritenuto che le difficoltà ricostruire il patrimonio aziendale, comunque superate, sarebbero dipese dal mancato deposito di gran parte delle scritture contabili e non dalla irregolare tenut della contabilità. L’imputato è stato, invece, condannato in merito al secondo reato, previa sua derubricazione in bancarotta semplice e colposa, per non avere l’imputato consegnato al curatore il libro giornale, il libro inventario dal 2013 fino alla data fallimento e il libro mastro, uniche scritture su cui il Gu.p. ha soffermato la pro attenzione, trattandosi di scritture, a suo dire, obbligatorie. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con l’atto di appello si era in primo luogo censurata la violazione del principio correlazione tra contestato e giudicato, laddove, a fronte della chiara contestazione di una bancarotta documentale generica, era corrisposta una condanna per bancarotta documentale fraudolenta, sia pur derubricata in bancarotta semplice e colposa. Era stata in ogni caso chiesta la riforma della sentenza di primo grado sia per la mancanza dell’elemento oggettivo del reato, sia per difetto dì prova in merito all’asserita omessa consegna di alcune scritture contabili (una di esse, il libro mastro neppure rientrante tra quelle obbligatorie). La Corte di appello ha respinto gravame, ritenendo innanzitutto conforme all’ordinamento la duplicazione della contestazione, sul presupposto che la condotta contemplata in ímputazìone non può aver riguardato solo la contestazione della bancarotta documentale generica per la semplice ragione che la mancata consegna di determinate scritture contabili
obbligatorie non può costituire specificazione della tenuta delle scritture contabili guisa da pregiudicare la ricostruzione dell’assetto societario.
La Corte di merito ha inoltre ritenuto infondata la doglíanza della difesa in merit alla mancanza di prova circa l’omessa consegna del libro giornale e per contro provata anche l’omessa consegna del registro dei beni ammortizzabili, anch’essa asseritamente rientrante tra le scritture obbligatorie; ha confermato la sussistenza del reato di bancarotta semplice, sul presupposto che è a tal fine sufficiente la mera omessa consegna di anche una sola scrittura obbligatoria, nonostante che l’adeguatezza della documentazione prodotta abbia consentito l’accertamento delle cause del fallimento; ha infine escluso la configurabilità dell’ipotesi di cui all’ar 131-bis cod. pen., parimenti invocata dalla difesa, ravvisando la pluralità dell omissioni commesse dal fallito.
Evidenti sono i plurimi errori di diritto che viziano entrambe le decisioni di merito Mentre il G.i.p. ha ritenuto un concorso formale tra le due fattispecie optando, poi per l’assoluzione per uno e la condanna per l’altro, invece, la Corte di appello ha ritenuto contestate due fattispecie l’una alternativa all’altra e quindi un solo reato.
In realtà, è possibile la contestazione alternativa ma poi il giudizio deve esser unico, si deve, cioè, scegliere tra le diverse opzioni offerte dall’imputazione. invece, nel caso di specie la sentenza di primo grado ha assolto per un reato e condannato per l’altro. La sentenza di primo grado era, quindi, ab origine, nulla per difetto di correlazione tra imputazione e giudicato, mentre quella di appello è vizia nella parte in cui la conferma sulla base di presupposti giuridici e processuali d tutto differenti.
La forzatura della Corte di appello si riflette anche sugli aspetti sostanziali d condanna, avendo, in definitiva, entrambi i giudici finito con l’afferma l’adeguatezza della documentazione prodotta ai fini della ricostruzione della vicenda fallimentare. Tale impostazione non avrebbe potuto giammai consentire una condanna per bancarotta, che non può essere mai ravvisata, neppure nella forma semplice, se le vicende patrimoniali sono state regolarmente ricostruite. La sentenza passata in giudicato contiene infatti un presupposto irrevocabile che elimina in radice la possibilità di poter ravvisare in diritto il reato per il quale è intervenuta condan
Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza di condanna, senza rinvio, per avere gli stessi giudici di merito riconosciuto l’insussistenza dell’elemento oggetti del reato, così violando la disposizione di cui all’articolo 217 legge fallimentare.
2.2.Col secondo motivo deduce vizio dì motivazione per travisamento della prova. La pronuncia dì condanna ara basata sull’omessa consegna di tre specifiche scritture contabili, libro giornale, libro inventario (in parte), libro mastro.
scritture, il libro giornale sarebbe stato completamente pretermesso, mentre il libro inventario sarebbe incompleto dal 2013 alla data del fallimento.
Ebbene, innanzitutto, la sentenza di condanna si fonda anche sull’omessa consegna del libro mastro, ossia su una scrittura non ricompresa tra quelle obbligatorie previste dall’art. 2214 codice civile, che sono le sole che rientrano nel focus di all’art. 217 legge fallimentare. La sentenza di condanna è, dunque, meritevole di annullamento, senza rinvio, nella misura in cui il ricorrente è stato condannato anche per l’omessa consegna del libro mastro.
Quanto alle residue scritture contabili, dal verbale di audizione del fallito 30/11/2017, a firma del curatore, risulta che in tale occasione le predette scrittu sono state regolarmente consegnate nelle mani del curatore, senonché, nella relazione depositata al giudice delegato, il 20 giugno 2018, il curatore ebbe ad attestare una circostanza diversa. A fronte di tale discrasia il G.u.p, utilizzan poteri di integrazione probatoria, ha disposto, di ufficio, la citazione del curator quale ha dichiarato che le scritture contabili effettivamente consegnate il 30/11/2017 non sarebbero quelle indicate nel relativo verbale. Egli si sarebbe avveduto di tale circostanza solo dopo aver esaminato nel dettaglio il contenuto delle scritture contabili. Tale circostanza sarebbe stata fatta formalmente presente al fallito e/o a suo difensore, senza, tuttavia, che a ciò sia mai conseguita la consegna della documentazione mancante. Pur a fronte delle censure di inattendibilità di tali dichiarazioni sollevate dal difensore, il G.u.p. ha condannato l’imputato sulla scort del principio secondo cui, trattandosi di prove documentali, esse sono, non solo pienamente utilizzabili, ma certamente degne di fede perché provenienti dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Non vi sarebbe ragione di dubitare, pure assenza di documentazione a conforto, di quanto rappresentato dal curatore. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La decisione è stata criticata perché, come affermato più volte dalla Corte di Cassazione, le dichiarazioni rese da un pubblico ufficiale non sono di per sé credibil per il solo fatto che provengono da soggetto qualificato, non sono cioè per ciò solo esentate da qualsivoglia vaglio di credibilità intrinseco ed estrinseco. In merito a t censura la Corte di appello non sì è pronunciata; ne ha, tuttavia, implicitamente convalidato la fondatezza nel momento in cui ha proceduto ad un proprio vaglio di attendibilità delle dichiarazioni del curatore. Ma sul punto l’appello si fondava su u questione di carattere preliminare ed assorbente, avendo eccepito l’insuperabilità, in assenza di querela di falso, dell’attestazione contenuta nel verbale di audizìone redatto dal curatore, che, a differenza di quanto assume la Corte di appello, non può ritenersi superata da quanto affermato dal medesimo nella relazione ex art. 33 l.f.
In tal modo la Corte di appello è incorsa in un macroscopico travisamento della prova: contrariamente a quanto affermato in sentenza, infatti, non si tratta d
un’erronea indicazione fornita dal fallito, bensì dì un’attestazione del curatore che n verbale scrive: “al termine dell’audizione viene consegnata al curatore la documentazione di cui al seguente elenco”, elenco indicante, tra l’altro, proprio i libro giornale ed il libro inventario.
Nè potrebbe assumere rilievo il riferimento alla mancanza del libro dei beni ammortizzabili, trattandosi di registro previsto dalle leggi fiscali, laddove l’art 217 si riferisce agli obblighi regolati dall’art. 2214 codice civile.
2.3.Col terzo motivo deduce la violazione dell’art. 131-bis cod. pen., lamentando il mancato riconoscimento della fattispecie della particolare tenuità del fatto, stan l’occasionalità della condotta, il contesto davvero particolare in cui essa si è inser la natura colposa della condotta, riconosciuta dal giudice di primo grado ed, in violazione del divieto di reforrnatio in pejus, trasformata in dolosa dalla Corte di appello, e la pacifica assenza di ricadute negative sulla procedura concorsuale, regolarmente svoltasi e positivamente conclusa.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sens dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – senza l’intervento delle parti, in assenza di istanze di trattazione or che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
il difensore dell’imputato ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.II ricorso è nel suo complesso infondato.
1.1.Con l’articolata ricostruzione svolta col primo motivo di ricorso, in definit si mira a contestare, da un lato, la violazione del principio di corrispondenza t contestazione e sentenza e, dall’altro, la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato dì bancarotta semplice in cui è stato riqualificato il fatto originariam contestato. Sì assume che la sentenza passata in giudicato contiene un presupposto irrevocabile, consistente nell’esclusione dell’impossibilità di ricostruzione de vicende societarie – su cui si fonda l’assoluzione dalla fattispecie di bancarot fraudolenta documentale cd. generica – che eliminerebbe in radice la possibilità di poter ravvisare, in diritto, il reato di bancarotta semplice per il quale è interve condanna, che presuppone, secondo l’impostazione difensiva, anch’esso l’impossibilità di ricostruzione del patrimonio della società.
Ed ancora, quanto al primo profilo, si assume che nella violazione del principio di corrispondenza tra “chiesto e pronunciato” sia, in buona sostanza, incorsa la sentenza di primo grado perché a fronte di una contestazione alternativa, come correttamente ravvisata dalla Corte di appello, ha ritenuto contestate entrambe le fattispecie di bancarotta documentale fraudolenta, sia quella generica, che quella specifica, procedendo all’assoluzione per quella generica e alla riqualificazione d quella specifica in bancarotta semplice. Tale pronuncia sarebbe, quindi, nulla, e viziata sarebbe anche quella di secondo grado che l’ha confermata sulla base di presupposti giuridici e processuali differenti.
1.1.1.0ccorre, dunque, partire dalla contestazione che vede ascritto all’COGNOME il reato di cui all’art. 216 I.f. per avere, quale liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE – dichiarata fallita il 25.9.2017 – tenuto i libri e le altre contabili obbligatorie in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e de movimento degli affari e, in particolare, non consegnava (o non istituiva) il lib giornale, il libro mastro, il registro dei beni ammortizzabili, il libro inventari da al fallimento, il registro iva vendite dal 2013 al fallimento, e il registro iva acqui 2014 al fallimento.
A fronte di tale contestazione, il giudice di primo grado, come detto, ritenendo contestate entrambe le ipotesi di bancarotta fraudolenta, generica e specifica, assolveva l’imputato dal reato di bancarotta fraudolenta documentale generica dal momento che la parte della documentazione contabile e fiscale consegnata era stata ritenuta regolarmente tenuta dal curatore e che le difficoltà di ricostruzione d patrimonio aziendale erano dipese dall’omesso deposito di gran parte delle scritture contabili e non dalla irregolare tenuta di quelle – poche – depositate; il medesim giudice condannava l’imputato, previa riqualificazione del fatto, in ordine al reato bancarotta semplice per omessa consegna (istituzione) dei libri contabili richiamati in imputazione, ritenendo non configurabile nel caso di specie il dolo specifico, ma sicuramente, quanto meno, l’elemento soggettivo della colpa.
Ebbene, appare evidente che, di là della qualificazione dell’imputazione in termini di doppia contestazione o di contestazione alternativa – ipotesi questa che sembra sposata nella sentenza di appello – nessun vulnus si è verificato per l’imputato, che già in primo grado si era difeso anche rispetto alla condotta della tenuta irregolare, si era visto, anzi, assolvere per l’insussistenza del fatto, relativamente, appunto, a fattispecie di tenuta irregolare della contabilità di cui all’art. 216 comma 1, seconda parte, I.f. Con la conseguenza che deve ritenersi oramai intangibile – come peraltro evidenzia lo stesso ricorso e la sentenza di appello non smentisce l’acclarata ed affermata regolarità dei documenti contabili consegnati.
Né potrebbe, di conseguenza, assumere di per sé rilievo la circostanza che, invece, la Corte di appello ha ritenuto di qualificare la contestazione dei due reati come alternativa, e non cumulativa, dal momento che il primo giudice aveva, comunque, optato per la condanna per uno solo di essi, anche sulla base degli argomenti portati avanti dalla difesa nell’ambito del giudizio svoltosi dinanzi a sé.
1.1.2. In definitiva si deve concludere che, come evidenziato anche dai P.G. nella requisitoria scritta, l’asserita violazione dell’art. 521 cod. proc. pen, deve es esclusa, poiché nel caso di specie, i giudici dì merito hanno, in buona sostanza, operato, e condiviso, una mera riqualificazione del fatto originariamente contestato come omessa istituzione di determinati libri contabili.
Va, invero, ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, per aversi mutamento del fatto, rilevante ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che s configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un real pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare violazione dei principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato attraverso liter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta d difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264438 – 01; Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051; Sez. U, sent. n. 16 del 19/06/1996, dep. 22/10/1996, COGNOME, Rv. 205617).
Altrimenti detto, il principio di correlazione tra imputazione e sentenza risul violato quando nei fatti, rispettivamente descritti e ritenuti, non sia possi individuare un nucleo comune, con la conseguenza che essi si pongono, tra loro, in rapporto di eterogeneità ed incompatibilità, rendendo impossibile per l’imputato difendersi (Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, Ogbeífun, Rv. 281477 – 01).
D’altra parte, la giurisprudenza dì questa Corte si è già pronunciata proprio in relazione ad un’ipotesi di riqualificazione di bancarotta fraudolenta cd. specifica quella di bancarotta semplice, affermando che non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, ex art. 521 cod. proc. pen., la condanna per bancarotta documentale semplice dell’imputato di bancarotta documentale fraudolenta, non sussistendo tra il fatto originariamente contestato e quello ritenuto in sentenza u rapporto di radicale eterogeneità o incompatibilità né un “vulnus” al diritto di dife trattandosi di reato di minore gravità (così, Sez. 5, n. 33878 del 03/05/2017 COGNOME, Rv. 271607 – 01).
1.1.3.Quanto al primo motivo, residua solo da precisare che del tutto indifferente risulta il fatto che il curatore sia riuscito a ricostruire in maniera completa, o men movimento degli affari o il patrimonio societario ovvero lo stato attivo e passivo de fallimento – e che vi sia quindi stata pronuncia assolutoria rispetto al reato bancarotta fraudolenta per tenuta irregolare delle scritture contabili contestata i relazione alle scritture pervenute nella disponibilità del curatore – in quant estraneo al fatto tipico descritto dell’art. 217, comma secondo, I.f. l’impediment della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, che inve caratterizza la diversa e più grave fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, incriminata dall’art. 216, comma 1, n. 2, seconda ipotesi, legge fall. (cfr. da ulti Sez. 5, n. 27703 del 28/05/2024, COGNOME, Rv. 286641 – 01; Sez. 5, n. 18482 del 22/03/2023, Rv. 284514 – 01).
Ai fini dell’integrazione della fattispecie della bancarotta semplice per tenut irregolare o incompleta delle scritture contabili, è, dunque, sufficiente che t irregolare tenuta impedisca alle scritture contabili – o anche ad una sola di esse assolvere alla loro – o alla sua – tipica funzione di accertamento, rimanendo irrilevante che il curatore sia riuscito, grazie alle altre scritture, a sopperi carenze determinatesi, ovvero, più in generale, a ricostruire il patrimonio o movimento degli affari.
E tale ultima precisazione relativa alla irrilevanza della circostanza che il curato sia comunque riuscito a ricostruire le vicende societarie, non può, a maggior ragione, valere rispetto all’ipotesi della omessa tenuta – totale o parziale – dei libri e altre scritture contabili obbligatori, parimenti prevista dall’art. 217, comma 2, ravvisata nel caso di specie, non potendo, anche in tal caso, assumere alcun rilievo il fatto che il curatore sia riuscito in altro modo ad assolvere al compito ricostrutti dal momento che l’omessa tenuta delle scritture contabili, o di alcune o anche di una sola di esse, nell’arco temporale indicato dalla norma, tradisce, a monte ed ex se, la funzione propria di accertamento che le scritture contabili assolvono, ciascuna in relazione alla propria specifica identità funzionale.
1.2. Il secondo motivo, che lamenta che i giudici di merito avrebbero superato la valenza probatoria dell’attestazione contenuta nel verbale di audizione del 30.11.2017, pur in mancanza di querela di falso ed in presenza di una chiara certificazione del pubblico ufficiale sul deposito del libro giornale e dei registri IVA 2011 al 2015, è infondato.
Si assume che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte di appello, non si sarebbe trattato di una dichiarazione erronea del fallito, ma di un’attestazione d pubblico ufficiale, in quanto tale non superabile attraverso le successive dichiarazion rese dal medesimo. L’avere, per contro, la Corte di appello inteso ricondurre la
discrasia ad un’erronea, se non addirittura mendace, dichiarazione del fallito, avrebbe conseguentemente privato quel documento della fede privilegiata, che, al contrario, consentiva di ritenere il fatto, in assenza di querela di falso, provat quanto proveniente da un’attestazione di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.
Tuttavia, a differenza di quanto si ritiene in ricorso, non si è, invece, di front una difettosa percezione del materiale probatorio in quanto l’attestazione contenuta nel verbale del 30.11.2017 è superata alla stregua delle precisazioni fornite dal curatore sia per iscritto nella relazione ex art. 33 I.f. che oralmente in udienza, ove indicavano anche le ragioni per le quali quel contenuto, di mera attestazione della consegna di documenti di cui all’elenco redatto a cura dell’imputato, dovesse ritenersi superato a seguito delle verifiche che il curatore aveva effettuato su quanto di fatto, realmente prevenuto nella sua disponibilità (e ciò di là dell’intenzion meno, da parte dell’imputato di creare un’apparenza diversa dalla realtà).
I giudici di merito hanno, giustamente, inteso attribuire valenza alla relazione e art. 33 I.f. e a quanto riferito dal curatore in sede di escussione in giudizio, ave questi, tra l’altro, spiegato, che, una volta avvedutasi della discrasia, si era messo contatto con la parte per segnalare la circostanza.
Evidente è, dunque, l’insussistenza del travisamento di prova denunciato, sotto diversi profili. Questo, infatti, si ha quando si introduce nella motivazione u informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia, laddove nel caso di specie non ricorre nessuna di tali ipotesi.
D’altra parte, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizi “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta l cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato” ( 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370 – 01).
In realtà, nel caso in esame, si censura l’attendibilità del curatore e la valutazio dei giudici di merito sul punto ed il significato che essi hanno attrib all’attestazione del curatore nel verbale del 30.11.2017 – che risulta, invec adeguatamente descritta, dai giudici di merito, nella sua effettiva portata – e no l’errata percezione del suo contenuto.
1.2.1. In definitiva, la motivazione della sentenza è logica e non contraddittori poiché chiarisce come il curatore abbia corretto il tiro sulla base dell’esame concreto della documentazione consegnata, atteso che la consegna delle scritture contabili
era, in realtà, limitata ad alcune annualità (libro inventari fino al 2012; registr vendite fino al 2013; registri IVA acquisto fino al 2012) ed era carente rispetto a annualità successive, oltre che in riferimento al libro giornale, non pervenuto.
1.2.2. Quanto, infine, al riferimento a scritture contabili non obbligatore, ris evidente, leggendo la sentenza impugnata, che il riferimento ad esse, in particolare anche a quelle fiscali, è effettuato al fine di evidenziare la discrasia, poi rilevat curatore, tra quanto attestato come a lui consegnato nel verbale del 30.11.2017 e quanto poi effettivamente riscontrato dal medesimo come effettivamente a lui consegnato.
La sentenza di conferma della Corte di merito si fonda, invero, soprattutto sulle scritture obbligatorie, facendo essa espresso riferimento innanzitutto al libro giornal e al libro inventari (previsti dall’art. 2214, comma 1, c.c.), oltre che al registr beni ammortizzabili (mentre il giudice di primo grado aveva, tra l’altro, citato anche libro mastro).
D’altra parte, la valutazione della omessa tenuta dei libri contabili, che ai fini d integrazione del reato di bancarotta semplice si identificano in quelli obbligatori, n può trascurare che ben possono assumere rilievo anche le scritture di cui al comma secondo dell’art. 2214 c.c., se esse possono considerarsi richieste dalla “natura e dalle dimensioni dell’impresa”, e la necessità di queste scritture – cd. relativament obbligatorie – potrebbe anche risultare in re ipsa nel momento in cui manchino o siano incompleti i libri obbligatori primari.
1,3. Il terzo motivo che lamenta il mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato, risultando congruamente motivata la sentenza anche sul punto, che richiama la consistenza della condotta, ed il suo profilo reiterativo e diversificato – essendosi protratta nel tempo la manca tenuta di diverse scritture contabili – e ciò di là del fattore psicologico, colp doloso, che ebbe a sostenerla.
D’altronde, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilit particolare tenuità del fatto, prevista dall’art.131-bis cod. pen., il giudizio sulla t dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cuì all’art. 133, co primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. del 08/11/2018 Ud., Rv. 274647 – 01, Sez. 7, ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044 – 01); e nel caso di specie si è attribuito precipuo valore negativo all circostanze indicate rispetto alle quali peraltro la difesa adduce rilievi generic inconferenti.
2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, legge,
ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese di procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 11/02/2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente
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