Bancarotta Semplice Documentale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di bancarotta semplice documentale, offrendo chiarimenti cruciali sui limiti dell’impugnazione e sul rapporto tra giudizio penale e sentenza dichiarativa di fallimento. La decisione sottolinea come motivi di ricorso generici e l’attacco a principi consolidati portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguenze significative anche in termini di prescrizione del reato.
Il Caso: Dalla Bancarotta Fraudolenta alla Condanna per Bancarotta Semplice Documentale
Il procedimento nasce dal ricorso di un imprenditore condannato dalla Corte d’Appello di Bologna per il reato di bancarotta semplice documentale. Inizialmente, l’accusa era più grave, configurata come bancarotta fraudolenta documentale, ma i giudici di secondo grado avevano riqualificato il fatto, confermando comunque la condanna. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, sperando in un annullamento della sentenza.
I Motivi del Ricorso: Una Difesa a Due Punte
La difesa dell’imprenditore si basava su due argomenti principali:
1. Contestazione della sentenza di fallimento: Il primo motivo reiterava una doglianza già sollevata in appello, mettendo in discussione la legittimità della stessa dichiarazione di fallimento. Secondo il ricorrente, mancavano i presupposti oggettivi (lo stato di insolvenza) e soggettivi per la fallibilità dell’impresa.
2. Eccessività della pena: Il secondo motivo era considerato generico dalla Corte, in quanto non si confrontava adeguatamente con le motivazioni della sentenza d’appello. I giudici di merito avevano infatti giustificato una pena superiore al minimo edittale facendo riferimento a precedenti specifici dell’imputato. Inoltre, la difesa aveva evidenziato la consegna di alcuni libri contabili al curatore, un fatto ritenuto però irrilevante dalla Corte.
La Decisione della Cassazione sul caso di bancarotta semplice documentale
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. La Corte ha inoltre chiarito che, data l’inammissibilità, la prescrizione del reato, pur essendo maturata dopo la sentenza d’appello, non poteva essere dichiarata.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte sono nette e si fondano su principi giuridici consolidati.
In primo luogo, riguardo alla contestazione della sentenza di fallimento, i giudici hanno ribadito il principio granitico secondo cui il giudice penale non ha il potere di sindacare nel merito la decisione del tribunale fallimentare. La valutazione dello stato di insolvenza e della fallibilità dell’imprenditore è di competenza esclusiva del giudice civile, e la sua decisione non può essere messa in discussione nel processo penale per bancarotta. Su questo punto, la Corte ha richiamato importanti precedenti delle Sezioni Unite.
In secondo luogo, il motivo relativo alla pena è stato giudicato generico e manifestamente infondato. La Corte territoriale aveva correttamente motivato l’aumento della pena sulla base dei precedenti penali dell’imputato. La parziale consegna delle scritture contabili è stata considerata ininfluente, poiché l’imputato non aveva fornito i libri contabili principali e obbligatori, indispensabili per consentire agli organi della procedura fallimentare di svolgere la loro funzione di ricostruzione del patrimonio aziendale. La mancata consegna di questi documenti integra pienamente il reato di bancarotta semplice documentale.
Infine, per quanto riguarda la prescrizione, la Corte ha applicato un principio fondamentale del diritto processuale: la declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare eventuali cause di estinzione del reato, come la prescrizione, verificatesi in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata. Il ricorso inammissibile, in pratica, ‘cristallizza’ la situazione giuridica al momento della decisione di secondo grado.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza in materia di reati fallimentari. Le implicazioni pratiche sono chiare: è inutile e controproducente basare un ricorso in Cassazione su argomenti che mettano in discussione la sentenza di fallimento o che siano formulati in modo generico. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità che valuta la corretta applicazione della legge. Per gli imprenditori, la lezione è altrettanto chiara: l’obbligo di una corretta tenuta delle scritture contabili è un dovere fondamentale, la cui violazione può portare a conseguenze penali severe, difficilmente superabili nelle successive fasi di giudizio.
Può il giudice penale riesaminare la legittimità di una sentenza che dichiara il fallimento di un’impresa?
No, secondo un principio consolidato, il giudice penale che giudica reati di bancarotta non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento per quanto riguarda i presupposti oggettivi (stato di insolvenza) e soggettivi (fallibilità dell’imprenditore).
La consegna parziale delle scritture contabili al curatore fallimentare può escludere il reato di bancarotta semplice documentale?
No, la consegna di alcuni registri (come il libro dei beni ammortizzabili) non è sufficiente se i principali libri contabili obbligatori, necessari per una ricostruzione utile e completa del patrimonio, non vengono forniti all’organo fallimentare.
Cosa succede se la prescrizione del reato matura dopo la sentenza d’appello ma prima della decisione della Cassazione?
Se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile, la maturazione della prescrizione successiva alla sentenza impugnata non ha alcun effetto. L’inammissibilità del ricorso impedisce di considerare cause di estinzione del reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3683 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3683 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NONANTOLA il 24/09/1945
avverso la sentenza del 06/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME ricorre avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sua condanna per il reato di bancarotta semplice documentale, così riqualificato in appello il fatto originariamente contestato sotto il titolo bancarotta fraudolenta documentale.
Rilevato che il primo motivo, reiterativo di quello proposto con il gravame di merito, è manifestamente infondato per le ragioni correttamente evocate dalla Corte territoriale, che ha fatto buon governo del consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità per cui il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore (Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, COGNOME, Rv. 239398; Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 273188).
Rilevato che il secondo motivo è invece generico, avendo i giudici del merito giustificato le ragioni dello scostamento della pena irrogata dai minimi edittali facendo legittimo riferimento ai precedenti specifici dell’imputato e dunque con motivazione adeguata e con la quale il ricorso non si confronta. Né rileva il fatto che l’imputato abbia consegnato al curatore il libro dei beni ammortizzabili ed altre scritture contabili, atteso che, com risulta dalla sentenza impugnata, egli ha non ha fatto pervenire all’organo fallimentare i principali libri obbligatori necessari per l’effettiva ed utile azione degli organi medesim Stante l’inammissibilità del ricorso non rileva la prescrizione maturata al 12 novembre 2024, ossia successivamente alla pronunzia della sentenza impugnata.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/12/2024
NOME estensore