Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5410 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5410 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il 20/01/1961
avverso la sentenza del 17/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 17 giugno 2024, che, in parziale riforma della condanna inflittagli per il delitto di cui agli artt. 216, comma 1, n. 2, 219, comma 2, e 223 L.F., ha riqualificando il fatto ai sensi dell’art. 217, comma 2, L.F. (fatt commesso in Pavia il 20 luglio 2018), con rideterminazione della relativa pena;
che l’atto di impugnativa consta di due motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il primo motivo, con il quale si contesta la sussistenza del reato di cui all’art. 217, comma 2, L.F., è manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità «In tema di bancarotta semplice documentale, l’obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra il reato, viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, indipendentemente dal fatto che manchino passività insolute, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela dell’esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell’impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie» (Sez. 5, n. 20514 del 22/01/2019, Rv. 275261) e che «La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma 2, L.F. può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2, L.F., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore» (Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, Rv. 274630); principi questi di cui si è fatta corretta applicazione nella sentenza impugnata, per il resto censurata tramite mere doglianze di merito non consentite in questa sede;
che il secondo motivo, proteso a censurare l’operata graduazione della pena, oltre che replicare senza alcun elemento di effettiva novità i rilievi articolati con motivi di gravame, pur correttamente e congruamente disattesi dal giudice di appello, prospetta questione non consentita nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondata, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. peri., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in Cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 – dep. 11/01/2008, Rv. 238851), come nel caso di specie (vedasi pag. 6 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025
Il consigliere estensore
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