Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35622 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35622 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 1471/2025
NOME BELMONTE
CC – 07/10/2025
COGNOME COGNOME
Relatore –
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a LUMEZZANE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/03/2025 della Corte d’appello di Brescia
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 19.3.2025, la Corte di Appello di Brescia, all’esito di trattazione scritta, ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME NOME, che l’aveva dichiarato colpevole del reato di bancarotta semplice di cui all’art. 217, comma 2, l. f. per non avere tenuto, nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 30.6.2020, i libri e le altre scritture contabili previsti dalla legge per gli anni 2018, 2019 e 2020.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce la mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale prima, e la Corte d’appello, poi, ritengono provata la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo al COGNOME senza indicare gli
elementi concreti da cui desumere tale conclusione. In particolare, secondo la Corte d’appello la prova dell’elemento soggettivo può essere desunta dalle circostanze che l’imputato non fosse nuovo alla carica di amministratore di società e fosse afflitto da plurimi precedenti penali. Ebbene la circostanza che COGNOME non fosse nuovo a siffatta tipologia di reati non prova certo la sussistenza nel caso di specie dell’elemento soggettivo del reato al medesimo ascritto. La Corte d’appello avrebbe dovuto evidenziare nella propria motivazione gli elementi concreti sulla base dei quali ha ritenuto raggiunta la prova, non solo astratta e presunta, ma anche effettiva e concreta della rappresentazione/consapevolezza della situazione anti doverosa da parte del COGNOME, e non limitarsi a richiamare i precedenti specifici a carico dell’imputato. Né i giudici hanno tenuto in debita considerazione il mero ruolo formale di amministratore di diritto del COGNOME, il quale non ha mai rivestito alcun ruolo effettivo all’interno della società e neppure aveva le competenze tecniche per svolgere il ruolo di amministratore.
2.2.Col secondo motivo deduce vizio di motivazione per omessa valutazione della richiesta espressamente avanzata ex art. 131-bis cod. pen. con l’atto di appello.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – in assenza di richiesta di trattazione orale, senza l’intervento delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso infondato, e in parte inammissibile.
1.Quanto al primo motivo, si osserva che la Corte territoriale ha ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato di bancarotta semplice documentale, che richiede indifferentemente la colpa o il dolo, consistente nella coscienza e volontà di non tenere le scritture contabili obbligatorie, attraverso un percorso motivazionale, in fatto e in diritto, non manifestamente illogico, né contraddittorio.
Nel caso di specie, tale elemento è stato adeguatamente desunto sia dalla qualità di amministratore unico rivestita dall’imputato, sul quale per legge grava il relativo obbligo di tenuta delle scritture contabili, sia dalla sua non occasionalità nell’assunzione di cariche sociali (essendo risultato amministratore di società poi dichiarata, anch’essa, fallita, oltre che titolare di imprese individuali), sia dalla presenza di precedenti penali specifici in materia fallimentare risultanti a suo
carico, circostanze che rendono, evidentemente, implausibile la prospettata inconsapevolezza o inesperienza rispetto alla vicenda in esame.
Secondo questa Corte non può invocarsi l’assenza di rilevanza sul piano penale della totale omessa tenuta delle scritture contabili, come nel caso di specie, nei tre anni antecedenti al fallimento, perché tale condotta omissiva tradisce la funzione propria assegnata dall’ordinamento alle scritture contabili quali strumenti che devono rappresentare con adeguato grado di precisione e chiarezza le vicende economiche e patrimoniali della società (S ez. 5, Sentenza n. 27703 del 28/05/2024, Rv. 286641 – 01).
Pertanto, del tutto indifferente risulterebbe, comunque, il fatto che il curatore sarebbe comunque riuscito, secondo quanto si prospetta genericamente in ricorso al fine di supportare la richiesta di applicazione della fattispecie di cui all’art. 131bis c.p. , a ricostruire lo stato passivo del fallimento, in quanto è estraneo al fatto tipico descritto dell’art. 217, comma secondo, legge fall., l’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito, evento che invece caratterizza una delle fattispecie alternativamente integranti il diverso delitto di bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, n. 32051 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 260774; Sez.5 n. 11390 del 09/12/2020, dep.2021, COGNOME, Rv. 280729).
La motivazione resa dalla Corte di appello, lungi, dunque, dall’essere apparente, si fonda su dati oggettivi e risulta logica e coerente, in conformità all’orientamento di questa Corte secondo cui la prova del dolo può essere desunta da elementi indiziari e dal complesso delle circostanze del caso concreto.
Circostanze del caso concreto che – a differenza di quanto assume il ricorso nel controdedurre genericamente alle ragioni su cui i giudici di merito, nelle conformi pronunce di primo e secondo grado, hanno fondato la ricostruzione dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente – sono state esattamente individuate e qualificate come congruamente idonee a porsi come elementi sintomatici dell’atteggiamento interiore del COGNOME.
3.2. Anche il secondo motivo è destituito di fondamento. La Corte di appello ha implicitamente escluso la particolare tenuità del fatto, avendo evidenziato la gravità della condotta protrattasi per più esercizi sociali e la colpevolezza dell’imputato, valorizzata alla luce dei precedenti specifici. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, la motivazione sul diniego dell’art. 131-bis cod. pen. può essere anche implicita, ove si desuma dal complessivo percorso argomentativo che esprime un giudizio di gravità della condotta e del grado di colpevolezza (Sez. 5, n. 27595 del 11/05/2022, dep. 15/07/2022, Rv. 283420; Sez. 5, n. 15658 del 14/12/2018, dep. 09/04/2019, Rv. 275635-02). Nel caso di specie, tali indici sono stati chiaramente presi in considerazione.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore COGNOME COGNOME
Il Presidente COGNOME