Bancarotta Semplice Documentale: Il Dolo Non è Necessario per la Condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti in materia di bancarotta semplice documentale, ribadendo un principio fondamentale: per la condanna non è necessaria la prova del dolo, ovvero dell’intenzione cosciente e volontaria di commettere il reato. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne i dettagli e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso Giudiziario
Il caso ha origine dalla condanna di un imprenditore da parte del Tribunale e successivamente della Corte d’Appello di Brescia. Le accuse erano due: bancarotta semplice documentale (capo 1) e l’aver aggravato il dissesto finanziario della propria attività astenendosi dal richiedere il fallimento (capo 2).
L’imprenditore aveva presentato appello, ma il motivo relativo al secondo capo d’accusa era stato giudicato inammissibile per la sua eccessiva genericità. Insoddisfatto, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta contraddittorietà e illogicità nella motivazione della sentenza d’appello.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Bancarotta Semplice Documentale
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha messo un punto fermo sulla vicenda, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna dell’imprenditore, ma stabilisce anche le conseguenze processuali per chi presenta un ricorso senza validi presupposti: la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Irrilevanza del Dolo e Genericità dell’Appello
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi chiari e distinti, che meritano un’analisi approfondita.
L’inammissibilità del motivo d’appello
In primo luogo, la Corte ha implicitamente confermato la correttezza della decisione dei giudici d’appello nel dichiarare inammissibile il motivo relativo all’aggravamento del dissesto. La genericità di un motivo di impugnazione è un vizio grave che impedisce al giudice di valutare nel merito la doglianza, rendendo l’atto inefficace.
L’infondatezza del ricorso per cassazione sulla bancarotta semplice documentale
Il punto centrale della pronuncia riguarda la natura del reato di bancarotta semplice documentale. La difesa sosteneva la necessità di dimostrare un’intenzione fraudolenta, ovvero il dolo. La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi, affermando che il ricorso è “manifestamente infondato in quanto non occorre la sussistenza del dolo per fondare la responsabilità”.
Questo significa che per questo tipo di reato è sufficiente una condotta colposa, come la negligenza, l’imprudenza o l’imperizia nella tenuta delle scritture contabili, senza che sia necessario provare che l’imprenditore volesse specificamente danneggiare i creditori o nascondere la reale situazione patrimoniale.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
L’ordinanza ha implicazioni significative per gli imprenditori e i professionisti che li assistono. La decisione ribadisce che la corretta tenuta della contabilità non è un mero onere formale, ma un dovere giuridico la cui violazione può avere gravi conseguenze penali, anche in assenza di un’intenzione fraudolenta. La responsabilità penale può sorgere anche da una semplice gestione disattenta o negligente. Inoltre, la pronuncia serve come monito sull’importanza di redigere impugnazioni precise e ben argomentate: la genericità dei motivi porta inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità e a ulteriori oneri economici.
È necessario dimostrare il dolo (cioè l’intenzione) per una condanna per bancarotta semplice documentale?
No, secondo l’ordinanza della Corte di Cassazione, per fondare la responsabilità per il reato di bancarotta semplice documentale non è richiesta la sussistenza del dolo. È sufficiente una condotta colposa, come la negligenza.
Cosa accade se un motivo di appello viene considerato troppo generico?
Un motivo di appello ritenuto generico viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che i giudici non possono esaminare la questione nel merito, e il motivo viene di fatto respinto senza essere discusso.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso in Cassazione che viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (fissata a 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36206 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36206 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LOVERE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/12/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza emessa in data 8 maggio 2023 dal Tribunale di Brescia, che aveva confermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per i reati di bancarotta semplice documentale (capo 1) e per aver aggravato il dissesto astenendosi dal richiedere il fallimento (capo 2) e lo aveva condanNOME alla pena di giustizia;
che il motivo di appello relativo al capo 2) era inammissibile per la sua genericità;
che il motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta la contraddittorietà manifesta illogicità della motivazione, è manifestamente infondato in quanto non occorre la sussistenza del dolo per fondare la responsabilità;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/09/2025.