Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13780 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13780 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ANCONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/04/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha confermato la condanna di COGNOME NOME in ordine al reato di bancarotta semplice documentale a lui ascritto nella qualità di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, società dichiarata fallita in data 1 ottobre 2014.
Avverso l’indicata pronuncia ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato e al computo della recidiva nonostante la natura colposa della fattispecie.
2.2. Con il secondo si duole della esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., deducendo “travisamento del fatto storico” e contraddittorietà della motivazione che da un lato farebbe leva sulla intensità del dolo e dall’altro riconoscerebbe, invece, l’ipotesi colposa.
Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all’art. 23, comma 8 legge n. 176 del 2020 e successive modifiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo è infondato.
2.1. Sul piano generale, ed al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza della Corte di appello, è necessario ricordare che tale decisione non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, dal momento che la motivazione di entrambe sostanzialmente si dispiega secondo l’articolazione di sequenze logicogiuridiche pienamente convergenti.
Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorché i giudici di secondo grado abbiano esamiNOME le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (tra le ultime Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929 – 01).
2.2. Tutti i profili attinenti alla responsabilità dell’imputato sono stat ampiamente scrutinati già dalla sentenza di primo grado che alle pagine 4 e 5 ha smentito, con argomenti particolarmente calzanti, le deduzioni difensive: è «pacifico che l’imputato non abbia provveduto, pur essendovi obbligato in quanto amministratore unico della fallita, a tenere le scritture contabili obbligatorie, per lo meno successivamente al sequestro avvenuto presso lo studio del commercialista (il che rende, per un verso, irrilevante che non si conosca l’esatto contenuto della scarna documentazione ivi rinvenuta e, per altro verso, superfluo esaminare la giustificazione tentata da COGNOME); l’esperienza dell’imputato,
munito di competenze in materia finanziaria e bancaria ed attivo nel mondo delle imprese fin dagli anni ’80 (pp. 10-11 trascrizioni udienza del 26/11/2019), l’asserito incrinarsi dei suoi rapporti con COGNOME e COGNOME nel 2010-2011, la radicalità dell’omissione della tenuta delle scritture obbligatorie protrattasi per anni prima del fallimento sono elementi che, congiuntamente considerati, rendono inattendibile la dichiarazione dell’imputato di essersi affidato ,n tutto e per tutto per la tenuta della contabilità al commercialista COGNOME per mera leggerezza favorita dal rapporto di conoscenza che lo legava a lui E di essersi perciò negligentemente disinteressato di tali adempimenti».
Lo stesso Tribunale ha ricondotto espressamente al dolo l’elemento soggettivo del reato: l’omissione può serenamente ritenersi sorretta da piena coscienza e volontà (pag. 5).
2.3. La Corte di appello ricalca il percorso motivazionale esposto dal Tribunale, rispondendo ai motivi di appello che, peraltro, costituiscono una replica degli assunti difensivi esposti dall’imputato nel corso del suo interrogatorio e già confutati dal giudice di primo grado.
Così facendo la Corte distrettuale, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, non ha mai mutato il titolo soggettivo di imputazione dal dolo alla colpa.
2.4. Chiarito che nel delitto di bancarotta semplice (art. 217, comma secondo, I. fall.) l’elemento soggettivo può essere costituito dal dolo – ravvisabile quando, come nella specie, l’agente ometta, con coscienza e volontà di tenere le scritture (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 48523 del 06/10/2011, COGNOME, Rv. 251709; Sez. 5, n. 2900 del 02/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630)- va rimarcato come la recidiva reiterata sia stata correttamente ritenuta dal Tribunale in relazione alla ipotesi dolosa (cfr. Sez. 5, n. 38436 del 04/07/2012, Ramundo, Rv. 253743) e come sul punto non sia stato neppure proposto motivo di appello.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
La doglianza è meramente riproduttiva di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (pag. 7 sentenza impugnata).
Il “travisamento del fatto” non rientra nel novero dei vizi deducibili nel giudizio di legittimità.
La pretesa della ritenuta sussistenza, da parte della Corte di appello, dell’ipotesi colposa è non solo totalmente destituita di fondamento ma addirittura intrinsecamente contraddittoria con il primo motivo.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Alla data odierna non risulta decorso il termine massime di prescrizione, par a dieci anni, tenuto conto che è stata contestata e ritenuta la recidiva di cui a 99, comma quarto, cod. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 24/01/2024