Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37135 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37135 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VALLECORSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostitut Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria presentata dall’AVV_NOTAIO, il quale, nell’interesse di COGNOME, in replica alla requisitoria del Procuratore generale, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Latina in data 11 gennaio 2017, emessa all’esito di giudizio abbreviato, NOME COGNOME fu condannato, con la diminuente del rito, alla pena di due anni di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla aggravante contestata dei più fatti di bancarotta, dei reati di cui agli artt. 2 comma 1, nn. 1 e 2, 219, comma 2, n. 1 e 223, r.d. n. 267 del 1942, perché, nella qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Latina in data 2 ottobre 2013, distraeva beni di tale società, i particolare cedendo a titolo gratuito, nel gennaio 2007, l’azienda del valore di circa 202.817,00 euro alla neo costituita RAGIONE_SOCIALE, avente medesima compagine sociale e medesimo organo amministrativo della RAGIONE_SOCIALE e perché distruggeva, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le altre scritture contabili della società modo, teneva in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari; in Latina il 2 ottobre 2013. Con lo stesso provvedimento gli furono applicate, per la durata di 10 anni, le pene accessorie previste dall’art. 216, legge fall.
Con sentenza in data 28 giugno 2023, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la durata delle pene accessorie in cinque anni e ha revocato la sospensione condizionale della pena concessa all’imputato con sentenza della Corte di appello di Roma in data 7 maggio 2008, avendo egli commesso, nel quinquennio successivo, i delitti oggetto del presente processo; è ha confermato, nel resto, le precedenti statuizioni.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamen necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 121 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla declaratoria d inammissibilità della memoria depositata dal nuovo difensore, con la quale, secondo la Corte territoriale, erano state prospettate questioni, in fatto e dirit ulteriori e diverse rispetto a quelle contenute nell’atto di appello. Secondo l difesa, la memoria avrebbe contenuto questioni già presenti nell’atto di impugnazione, in particolare in relazione alla valutazione della condotta riparativa
prefallimentare, consistita nel versamento di oltre un milione di euro, nonché alla ricostruzione del reato e dei suoi elementi costitutivi, in particolar all’elemento volitivo, sollecitandosi il potere riqualificatorio del Giudi dell’impugnazione, esperibile anche in assenza di una specifica richiesta. Pertanto, la mancata valutazione della memoria avrebbe comportato una violazione di legge, che, secondo un primo indirizzo, determinerebbe una nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., impedendosi all’imputato di intervenire nel processo ricostruttivo/valutativo del giudice, con una lesione dei diritti intervento o assistenza difensiva dell’imputato; mentre secondo altra opinione, essa influirebbe, comunque, sulla correttezza logico-giuridica della motivazione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 216, r.d. n. 267 del 1942, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli apporti economici effettuati in favore della società per una somma superiore a un milione di euro.
Secondo la Corte territoriale non vi sarebbe prova contabile di tale assegnazione, atteso che gli estratti conto sarebbero stati presenti fino al 2007, mentre il versamento sarebbe stato effettuato nel 2008; e, dato il rilevante importo, non sarebbe verosimile che il medesimo possa essere stato compiuto con modalità non tracciabili. Detta argomentazione sarebbe in contrasto con il paragrafo 2.1 della sentenza, ove si affermerebbe che i fornitori erano stati soddisfatti grazie agli apporti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME, annotati sul libro giorna come confermato dal consulente del Pubblico ministero e dal curatore fallimentare.
La Corte di appello, inoltre, ricostruirebbe tale elargizione in termini «finanziamento», suscettibile, come tale, di costituire una ulteriore voce di debito per la società. Tale assunto contraddirebbe quanto sostenuto dai Giudici di merito, che lamenterebbero l’assenza di contabilità indispensabile per ricostru modalità di acquisizione di tale somma. E che non si trattasse di un «finanziamento» sarebbe dimostrato dal fatto che i creditori non si sarebbero insinuati nel passivo, sicché si sarebbe al cospetto di una condotta riparativa.
Quanto alla condotta distrattiva, la Corte di appello avrebbe valorizzato la cessione gratuita dell’azienda, costituita da beni strumentali e dall’avviamento, sebbene non risulti che la fallita abbia ceduto gratuitamente alcun bene di sua proprietà, né contratti con clienti e/o fornitori. Inoltre, essendo necessario, ai della configurabilità della bancarotta fraudolenta, che la distrazione sia riferita rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili, non potrebbe costituire oggetto di distrazione l’avviamento commerciale di un’azienda, ove questo venga identificato come la prospettiva di costituire rapporti giuridici solo teoricament immaginabili. Infatti, il capannone era di proprietà di terzi e la sua cessione a
altra azienda non avrebbe inciso sul diritto al soddisfacimento dei creditori, i quanto non suscettibile di essere sottoposto a una azione di liquidazione.
Altrettanto carente sarebbe la motivazione della bancarotta documentale, avendo il consulente del Pubblico ministero dichiarato che le omissioni impedivano non una corretta ricostruzione, bensì un’agevole e pronta lettura dell’intera contabilità, ben potendo il patrimonio e i movimenti degli affari essere ricostruit sia pure con un notevole impegno da parte del curatore.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 216 e 217, r.d. n. 267 del 1942, avendo la Corte di appello omesso di riqualificare il fatt come bancarotta semplice, anche alla luce del limitato periodo temporale a cui si riferiscono i libri contabili mancanti e alla possibilità che le omissioni deri soltanto da trascuratezza e non dalla volontà di rendere non ricostruibile il patrimonio e il movimento di affari e dalla consapevolezza del danno ai creditori. Né il dolo generico potrebbe essere desunto dal solo fatto che le scritture contabili siano tali da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, atteso che tale aspetto costituirebbe, al più, l’elemento materiale d reato, comune alla meno grave fattispecie di bancarotta semplice, il cui elemento soggettivo potrebbe essere, indifferentemente, costituito dal dolo o dalla colpa.
In data 26 gennaio 2024 è pervenuta in Cancelleria una memoria con la quale l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di COGNOME, ha dedotto: a) quanto all’omessa valutazione della memoria difensiva, essa avrebbe introdotto questioni determinanti per l’esito del giudizio, che, non integrando motivi ulterior rispetto a quelli contenuti nell’atto di impugnazione, avrebbero dovuto essere sottoposte al vaglio della Corte di appello; b) quanto all’omessa valutazione degli apporti economici in sede prefallimentare, tale profilo sarebbe essenziale per la ricostruzione dei delitti contestati e avrebbe dovuto essere esaminato a prescindere dalla indicazione dei motivi di doglianza nell’atto di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Il primo motivo di doglianza, ripreso anche nella memoria scritta depositata il 26 gennaio 2024, deduce l’omessa valutazione, da parte della Corte di appello, di una memoria difensiva, contenente motivi nuovi, prodotta nel corso del giudizio di secondo grado, in data 21 giugno 2023.
Osserva, al riguardo, il Collegio che la sentenza impugnata ha espressamente evidenziato, a pag. 3, come la mancata valutazione della memoria contenente i
motivi nuovi facesse seguito a una valutazione di inammissibilità per tardività, essendo stata la stessa depositata successivamente allo spirare del termine previsto dall’art. 585, comma 4, cod. proc. pen.
Dinnanzi alla accertata tardività della presentazione, il ricorso, senza confrontarsi con le ragioni della declaratoria di inammissibilità, si è soffermat esclusivamente sugli effetti che, sul piano processuale, conseguirebbero all’omesso esame di una memoria difensiva da parte del giudice di merito, risultando, per questa via, insuperabilmente generico e aspecifico.
Con il secondo motivo, il ricorso si duole della ritenuta irrilevanza deg apporti economici effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE COGNOME per un ammontare pari a circa 1 milione di euro, appostati sotto la voce «finanziamenti», asseritamente utilizzati per soddisfare parte dei debiti societari.
Nondimeno, l’atto d’impugnazione si limita sostanzialmente a valorizzare la relazione del curatore ex art. 33 legge fall., laddove essa riportava, testualmente, che «i fornitori sono stati in parte soddisfatti grazie ad apporti della famig COGNOME (vedasi finanziamento COGNOME NOME di euro 1.064.648, annotato sul libro giornale in data 2/01/2008» (pag. 8). Esso, tuttavia, non si confronta i alcun modo con quanto ritenuto in sentenza, ovvero che il carattere parziale e complessivamente inattendibile della contabilità rinvenuta da parte del curatore fallimentare non consentisse di riconoscere valore probatorio a una mera appostazione contabile, rimasta priva di riscontri obiettivi, considerato, i particolare, che COGNOME aveva prodotto gli estratti conto della società soltant fino al 2007, mentre il versamento delle somme in esame sarebbe stato effettuato nel 2008 e che, dato il rilevante importo, non poteva ritenersi verosimile che il medesimo fosse stato compiuto con modalità non tracciabili.
Né risulta adeguatamente confutata la considerazione, fatta propria dalle due sentenze di merito, secondo cui i versamenti sarebbero da qualificare, stando alla stessa prospettazione difensiva, come «finanziamenti», costituenti, dunque, una nuova voce di debito per la società, in quanto provenienti da un soggetto estraneo alla compagine sociale e implicanti, pur sempre, un obbligo di restituzione. Ciò che, come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata, in ogni caso non consentirebbe, sul piano concettuale, di integrare, secondo le prospettazioni della difesa, una bancarotta riparata. Quest’ultima, infatti, si configura quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dall dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori o anch solo la potenzialità di un danno. Va, invero, ribadito, sul punto, che la bancarotta “riparata” si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno
contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento, così annullando il pregiudizio per creditori o anche solo la potenzialità di un danno (Sez. 5, n. 14932 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284383 – 01; Sez. 5, n. 52077 del 4/11/2014, COGNOME, Rv. 261347 01), sicché l’attività di segno contrario che annulli la sottrazione deve reintegrar il patrimonio dell’impresa prima della dichiarazione di fallimento, evitando che i pericolo per la garanzia dei creditori acquisisca effettiva concretezza (Sez. 5, n. 50289 del 7/07/2015, Mollica, Rv. 265903 – 01); fermo restando che ai fini della configurabilità della bancarotta “riparata” non è necessaria la restituzione del singolo bene sottratto, ma un’attività di integrale reintegrazione del patrimonio anteriore alla declaratoria di fallimento (Sez. 5, n. 34290 del 2/10/2020, COGNOME, non massimata).
3.2. Per quanto, infine, riguarda la bancarotta documentale, la sentenza ha evidenziato come la responsabilità dell’imputalo sia stata affermata sul presupposto che la documentazione rinvenuta dal curatore fallimentare non abbia consentito la completa ricostruzione del movimento degli affari e dell’entità del patrimonio, sicché la contabilità si sia rivelata inidonea alla sua funzione. considerato che la condotta distrattiva era stata realizzata attraverso il subentro a una società fortemente gravata da debiti di altra, costituita e amministrata dagli stessi soggetti, che aveva continuato l’esercizio della medesima attività nello stesso locale, acquisendo gratuitamente l’azienda della fallita, le sentenze di merito hanno ritenuto di ravvisare un chiaro elemento sintomatico della volontà dell’amministratore di agire in pregiudizio dei creditori, in effetti rim
insoddisfatti. A fronte di tale congrua e logica motivazione, la difesa si è limita ad affermare che le omissioni nella contabilità non avrebbero in ogni caso impedito una corretta ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, bensì un’agevole e pronta lettura dell’intera contabilità, obliterando, in questo modo, i consolidato orientamento di legittimità secondo cui il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito s renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 1925 d 26/09/2018, dep. 2019, Cortinovis, Rv. 274455 – 01).
Venendo, infine, al terzo motivo di ricorso, concernente la mancata riqualificazione del fatto contestato in bancarotta semplice per mancanza dell’elemento soggettivo richiesto in caso di bancarotta fraudolenta, la sentenza impugnata ha offerto implicita risposta alla questione dedotta, donde l’infondatezza della censura. La Corte di appello, infatti, ha affermato, come più sopra rilevato, il carattere doloso della cessione del ramo di azienda, integrante una condotta distrattiva, nonché la piena consapevolezza della omessa regolare tenuta delle scritture contabili (peraltro clamorosamente difformi, in misura superiore a 25 milioni di euro, nella rappresentazione delle passività rispetto a quelle accertate in sede fallimentare) e della loro specifica idoneità a celare l’illec operazione in chiaro pregiudizio dei creditori (pag. 5 della sentenza impugnata). Ciò che, conseguentemente, esclude l’integrazione della bancarotta semplice, alla quale è estraneo l’impedimento della ricostruzione del volume d’affari o del patrimonio del fallito (ex plurimis Sez. 5, n. 55065 del 14/11/2016, Incalza, Rv. 268867 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 10 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente