LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta preferenziale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un institore contro una sentenza che, pur dichiarando la prescrizione del reato di bancarotta preferenziale, non lo aveva assolto nel merito. La Corte ha stabilito che, in caso di prescrizione, l’assoluzione è possibile solo se l’innocenza emerge ‘ictu oculi’, cioè in modo evidente e incontestabile dagli atti. Il ricorrente non ha fornito tale prova, né ha dimostrato che il pagamento ricevuto non ledesse la par condicio creditorum. Il ricorso è stato ritenuto generico e basato su questioni non sollevate in appello.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Preferenziale: Quando l’Assoluzione è Negata Nonostante la Prescrizione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10152 del 2024, si è pronunciata su un interessante caso di bancarotta preferenziale, delineando i rigidi confini per ottenere un’assoluzione piena nel merito quando il reato è ormai estinto per prescrizione. La decisione sottolinea che, in assenza di prove evidenti e immediate di innocenza, il giudice non può fare altro che constatare l’estinzione del reato. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale riguarda l’amministratore e l’institore di una società, successivamente dichiarata fallita. Entrambi erano accusati di aver disposto pagamenti a proprio favore prima della dichiarazione di fallimento.

In primo grado, il Tribunale aveva qualificato i pagamenti a favore dell’amministratore come bancarotta preferenziale, poiché basati su una delibera assembleare, mentre aveva ritenuto ingiustificati e quindi distrattivi i pagamenti effettuati a favore dell’institore, in quanto non autorizzati da una delibera.

La Corte d’Appello, in riforma della prima sentenza, ha riqualificato anche la condotta relativa ai pagamenti all’institore come bancarotta preferenziale, riconoscendo il suo ruolo attivo nella società e la riferibilità delle somme a interessi societari. Preso atto della revoca della costituzione di parte civile, la Corte ha quindi dichiarato il reato estinto per prescrizione.

Il Ricorso in Cassazione e la Bancarotta Preferenziale

L’institore ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo un’unica tesi: il suo rapporto con la società era di natura subordinata, e di conseguenza il suo credito da lavoro era privilegiato ai sensi dell’art. 2751-bis c.c. Secondo la difesa, questa circostanza avrebbe reso impossibile qualificare il pagamento come bancarotta preferenziale, imponendo una pronuncia di assoluzione nel merito ai sensi dell’art. 129 c.p.p. per insussistenza del fatto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni, offrendo chiarimenti fondamentali sul rapporto tra prescrizione e proscioglimento nel merito.

In primo luogo, la Corte ha ribadito il principio consolidato secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, il giudice può pronunciare una sentenza di assoluzione piena solo se le prove dell’innocenza sono talmente evidenti da emergere ictu oculi, cioè ‘a colpo d’occhio’, senza necessità di alcun approfondimento o valutazione. Il giudice deve ‘constatare’ l’innocenza, non ‘apprezzarla’ attraverso un’analisi complessa.

Nel caso specifico, il ricorso è stato giudicato generico. La tesi del rapporto di lavoro subordinato non emergeva con assoluta evidenza né dalle sentenze di merito né dagli atti. La difesa si è limitata a postulare tale circostanza senza dimostrarla in modo inconfutabile.

In secondo luogo, il ricorso non ha dimostrato un elemento cruciale: che i pagamenti ricevuti non avessero leso la par condicio creditorum. Per escludere la bancarotta preferenziale, non basta affermare la natura privilegiata del proprio credito, ma bisogna provare che il pagamento non ha danneggiato altri creditori con posizione analoga o prevalente (ad esempio, altri dipendenti).

Infine, la questione sulla natura giuridica del credito era una doglianza nuova, mai sollevata nel giudizio d’appello. L’art. 606, comma 3, c.p.p. vieta di dedurre in Cassazione questioni che potevano essere presentate nei gradi di merito, configurando un’ulteriore e autonoma ragione di inammissibilità.

Le Conclusioni della Corte

La Corte di Cassazione ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: l’assoluzione nel merito in presenza di prescrizione è un’eccezione che richiede un’evidenza probatoria schiacciante e immediata. In assenza di tale ‘evidenza’, la declaratoria di estinzione del reato rappresenta l’esito processuale corretto, anche se per l’imputato può risultare meno satisfattorio di una piena assoluzione.

Quando un pagamento a un dirigente configura bancarotta preferenziale?
Un pagamento a un dirigente (come un institore) prima del fallimento può configurare bancarotta preferenziale se viola la parità di trattamento tra i creditori (par condicio creditorum). Anche se il credito del dirigente è privilegiato, il reato sussiste se il pagamento lede gli interessi di altri creditori con pari o superiore privilegio.

È possibile ottenere un’assoluzione piena se il reato è prescritto?
Sì, ma solo a condizioni molto rigorose. Secondo l’art. 129 del codice di procedura penale, il giudice può assolvere nel merito nonostante la prescrizione solo se l’innocenza dell’imputato emerge in modo assolutamente incontestabile dagli atti, ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio), senza necessità di ulteriori accertamenti o complesse valutazioni.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per tre motivi principali: 1) Era generico e non dimostrava con ‘assoluta evidenza’ la tesi difensiva (la natura subordinata del rapporto di lavoro); 2) Non provava che il pagamento non avesse leso gli altri creditori; 3) Sollevava per la prima volta in Cassazione una questione giuridica che doveva essere dedotta in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati