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Bancarotta preferenziale: dolo e ricorso in Cassazione

Un amministratore, condannato per bancarotta preferenziale per aver favorito sé stesso a danno di altri creditori, ricorre in Cassazione. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, qualificando i motivi come mere doglianze di fatto e sottolineando che una delle eccezioni non era mai stata sollevata in appello. La decisione conferma la condanna e chiarisce i limiti del giudizio di legittimità in materia.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Preferenziale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione in materia di bancarotta preferenziale. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per aver favorito sé stesso a danno degli altri creditori, chiarendo la natura dell’elemento soggettivo del reato e le regole procedurali che governano il giudizio di legittimità.

I fatti del caso: la condanna per bancarotta preferenziale

Il caso riguarda l’amministratore unico e poi liquidatore di una società a responsabilità limitata. Inizialmente accusato del più grave reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, la sua posizione è stata riqualificata dalla Corte di Appello. I giudici di secondo grado lo hanno ritenuto responsabile del meno grave delitto di bancarotta preferenziale.

In sostanza, l’imputato era stato accusato di aver effettuato pagamenti in proprio favore, violando la par condicio creditorum, ovvero il principio secondo cui tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore.

I motivi del ricorso: dolo specifico e tenuità del fatto

L’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione di legge e illogicità della motivazione: Si contestava la sussistenza del dolo specifico, elemento psicologico necessario per integrare il reato di bancarotta preferenziale.
2. Vizio di motivazione: Si criticava il modo in cui i giudici di merito avevano valutato le prove a suo carico.
3. Mancata applicazione della causa di non punibilità: Si lamentava la non applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

La decisione della Cassazione sulla bancarotta preferenziale

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha analizzato distintamente ciascun motivo, fornendo chiarimenti cruciali. I primi due motivi, relativi al dolo e alla valutazione delle prove, sono stati ritenuti manifestamente infondati. La Corte ha specificato che tali censure non denunciavano un reale vizio logico o giuridico nella sentenza impugnata, ma si traducevano in “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, il ricorrente cercava di ottenere dalla Cassazione una nuova e diversa valutazione delle prove, un’operazione che è preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato: per la bancarotta preferenziale, il dolo specifico consiste nella volontà di avvantaggiare un creditore (in questo caso, sé stesso), accettando l’eventualità di danneggiare gli altri (dolo eventuale).

Il terzo motivo, relativo alla mancata applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto, è stato dichiarato inammissibile perché “inedito”. La Corte ha rilevato che questa specifica richiesta non era stata avanzata nel giudizio di appello. La legge processuale (art. 606, comma 3, c.p.p.) impedisce di presentare per la prima volta in Cassazione motivi che non sono stati sottoposti al giudice del grado precedente.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza due principi fondamentali del diritto processuale penale. In primo luogo, il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti; il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Le censure che mirano a una diversa lettura del quadro probatorio sono destinate all’inammissibilità. In secondo luogo, emerge l’importanza di una strategia difensiva completa fin dai primi gradi di giudizio. Tutte le eccezioni, le richieste e le argomentazioni devono essere sollevate davanti al Tribunale e alla Corte d’Appello, poiché non sarà possibile introdurle per la prima volta davanti alla Suprema Corte.

Qual è l’elemento soggettivo richiesto per il reato di bancarotta preferenziale?
Per la configurazione del reato di bancarotta preferenziale è necessario il dolo specifico, che consiste nella volontà di recare un vantaggio a un creditore specifico, con l’accettazione del rischio che ciò possa causare un danno agli altri creditori (dolo eventuale).

Perché la Corte di Cassazione non riesamina le prove del processo?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Tentare di ottenere una riconsiderazione delle prove porta all’inammissibilità del ricorso.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No. Secondo l’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile presentare in Cassazione motivi non sollevati in appello. Tali motivi sono considerati ‘inediti’ e, di conseguenza, inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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