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Bancarotta preferenziale: calcolo pena e attenuanti

La Corte di Cassazione analizza un caso di bancarotta preferenziale, confermando la responsabilità degli amministratori per un pagamento che ha violato la par condicio creditorum. La sentenza viene però annullata con rinvio per un errore nel calcolo della pena, specificando che la ‘continuazione fallimentare’ ex art. 219 L. Fall. è un’aggravante da bilanciare con le attenuanti, e se queste prevalgono, non si applica l’aumento di pena.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Preferenziale: La Cassazione Chiarisce il Calcolo della Pena

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35878/2024, è intervenuta su un complesso caso di reati fallimentari, offrendo importanti chiarimenti in materia di bancarotta preferenziale e, soprattutto, sulle modalità di calcolo della pena quando concorrono più reati della stessa indole. La vicenda riguarda due amministratori di una società fallita, condannati per aver favorito un creditore a discapito degli altri e per aver causato il dissesto aziendale con operazioni dolose. La Suprema Corte, pur confermando la loro responsabilità, ha annullato la sentenza per un errore nel trattamento sanzionatorio, dettando un principio fondamentale sul bilanciamento tra aggravanti e attenuanti.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha origine dal fallimento di una società a responsabilità limitata. I due amministratori che si sono succeduti alla guida dell’azienda sono stati accusati di diversi reati fallimentari. In particolare, la Corte d’Appello li aveva condannati per:

* Bancarotta semplice documentale (per uno degli amministratori), per non aver tenuto regolarmente le scritture contabili.
Bancarotta preferenziale (per entrambi), per aver disposto un pagamento di 50.000 euro in favore di una società creditrice, la quale vantava la restituzione di una somma versata in eccesso. Questo pagamento, secondo l’accusa, violava la par condicio creditorum*, poiché la società versava già in una situazione di crisi e aveva altri debiti di importo maggiore, anche privilegiati.
* Bancarotta impropria da operazioni dolose, per aver cagionato il fallimento attraverso il sistematico e protratto inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali.

Le Difese sulla Bancarotta Preferenziale

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, contestando diversi aspetti della decisione di secondo grado. Per quanto riguarda la bancarotta preferenziale, hanno sostenuto che il pagamento era dovuto, trattandosi della restituzione di un indebito oggettivo, e che il relativo credito era da considerarsi prededucibile, cioè da soddisfare con priorità. Hanno inoltre eccepito che il pagamento fosse stato effettuato a una società con un nome simile ma con un codice fiscale diverso da quella amministrata da uno dei ricorrenti. Infine, riguardo la bancarotta da operazioni dolose, hanno addotto la mancanza di dolo, giustificando l’omesso versamento dei contributi con una crisi di liquidità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato la maggior parte dei motivi di ricorso, confermando la sussistenza dei reati contestati. In particolare, ha stabilito che:

1. Il pagamento di 50.000 euro integrava pienamente il reato di bancarotta preferenziale. Anche se il credito fosse stato prededucibile, il pagamento effettuato senza l’autorizzazione degli organi della procedura concorsuale e in violazione dell’ordine di prelazione tra i creditori costituisce una lesione della par condicio creditorum. Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo all’errore sul destinatario del pagamento, in quanto sollevato per la prima volta in sede di legittimità.
2. Il sistematico inadempimento degli obblighi contributivi configura un’operazione dolosa che causa il fallimento, essendo sufficiente la consapevolezza e la volontà di compiere tali operazioni e la prevedibilità del dissesto come conseguenza.

L’unico motivo di ricorso che la Corte ha accolto è stato quello relativo al calcolo della pena, sollevato da uno degli amministratori.

Le Motivazioni

Il punto cruciale della sentenza risiede nella corretta applicazione dell’art. 219, comma 2, n. 1, della Legge Fallimentare. Questa norma prevede un aumento di pena se il colpevole ha commesso più fatti di bancarotta nell’ambito dello stesso fallimento. La giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite, ha chiarito che questa non è una semplice applicazione del reato continuato (art. 81 c.p.), ma una specifica circostanza aggravante, definita “continuazione fallimentare”.

Essendo un’aggravante, essa deve essere sottoposta al “giudizio di bilanciamento” con le eventuali circostanze attenuanti, come previsto dall’art. 69 c.p. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva concesso agli imputati le circostanze attenuanti generiche, ritenendole prevalenti sulle aggravanti contestate. Tuttavia, dopo aver determinato la pena base per il reato più grave, aveva comunque applicato un aumento per gli altri reati fallimentari.

La Cassazione ha giudicato questo procedimento errato. Una volta stabilita la prevalenza delle attenuanti sull’aggravante della continuazione fallimentare, quest’ultima viene “neutralizzata” e non può più produrre il suo effetto di aumento della pena. La Corte d’Appello avrebbe dovuto calcolare la pena base senza applicare alcun aumento per i reati satellite.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 35878/2024 è di notevole importanza pratica. Pur ribadendo la severità con cui l’ordinamento punisce la bancarotta preferenziale e le condotte gestorie che portano al dissesto, essa riafferma un principio di garanzia fondamentale nel diritto penale: le regole sul calcolo della pena devono essere applicate con rigore e coerenza. La qualificazione della “continuazione fallimentare” come circostanza aggravante ha la conseguenza diretta di sottoporla al bilanciamento con le attenuanti. Se le attenuanti prevalgono, l’aumento di pena non deve essere applicato.

Per questo motivo, la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo calcolo della pena. Per il principio di estensione dell’impugnazione, tale decisione si applica anche al coimputato che non aveva sollevato lo specifico motivo, non trattandosi di una questione di natura strettamente personale.

Pagare un debito prededucibile prima del fallimento costituisce bancarotta preferenziale?
Sì, può costituire bancarotta preferenziale. Secondo la sentenza, anche per i crediti prededucibili, il pagamento deve rispettare la par condicio creditorum e l’ordine di soddisfazione stabilito dalla legge. Un pagamento effettuato in una situazione di crisi economica, senza l’autorizzazione degli organi della procedura, viola questo principio e integra il reato, poiché altera l’ordine di ripartizione delle risorse disponibili tra i creditori.

Cos’è la ‘continuazione fallimentare’ e come si differenzia da quella ordinaria?
La ‘continuazione fallimentare’ (art. 219, comma 2, n. 1, L. Fall.) è una norma speciale che unifica, ai soli fini della pena, più reati di bancarotta commessi nell’ambito dello stesso fallimento. A differenza della continuazione ordinaria (art. 81 c.p.), la giurisprudenza la considera una vera e propria circostanza aggravante. Questo significa che deve essere formalmente contestata e soggetta al giudizio di bilanciamento con le attenuanti.

Cosa succede se le circostanze attenuanti prevalgono sulla continuazione fallimentare?
Se il giudice, nel suo giudizio di bilanciamento, ritiene le circostanze attenuanti (ad esempio, quelle generiche) prevalenti sull’aggravante della continuazione fallimentare, quest’ultima viene di fatto ‘annullata’. Di conseguenza, il giudice non deve applicare alcun aumento di pena per i reati di bancarotta commessi in continuazione con il più grave, ma deve determinare la pena finale basandosi unicamente sul reato principale e sulle attenuanti riconosciute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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