Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29607 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29607 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME, la quale ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 4 ottobre 2023 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha assolto NOME COGNOME dal delitto di bancarotta fraudolenta di cui al capo 1) perché il fatto non sussiste e, confermata la decisione di primo grado, quanto all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il delitto di bancarotta preferenziale di cui al capo 2), ha provveduto a rideterminare la pena inflitta.
In particolare, al COGNOME, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 5 settembre 2018, era stato contestato di avere eseguito, prima della procedura fallimentare, allo scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di loro, pagamenti in favore del socio NOME COGNOME, suo padre: i due versamenti contestati, dell’importo di 131.000 e di 40.000 euro, erano stati effettuati, rispettivamente, in data 13 luglio 2016 e 23 novembre 2017.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali rilevando che la Corte territoriale, nell’assolvere l’imputato dal reato di cui al capo 1), aveva sottolineato che nel febbraio 2016 la società non versava in stato di insolvenza, per poi ritenere invece sussistente tale situazione a distanza di soli cinque mesi, in data 13 luglio 2016. Osserva il ricorrente: a) che il fatto che al 31 dicembre 2016 il saldo dei conti correnti esistenti presso la Banca Popolare di Sondrio e il Credito Valtellinese fosse negativo per circa 450.000 euro non dimostrava che il saldo fosse negativo anche nella precedente data del 13 luglio 2016; b) che, in ogni caso, un saldo negativo di conto corrente non implica che il titolare del conto versi in stato di insolvenza; c) che, d’altra parte, uno stato di insolvenza infrannuale non può ricavarsi dai dati del bilancio al 31 dicembre (nella specie, del 2016) anche perché come detto, con riguardo alla data del febbraio 2016, la stessa Corte aveva ritenuto insussistente lo stato di insolvenza; d) che era mancato un esame approfondito dell’intera struttura operativo – finanziaria dell’imprenditore; e) che, d’altra parte, anche la perdita di esercizio registrata alla fine dell’esercizio 2016 non implicava alcuno stato di insolvenza, tenuto conto che, come la stessa sentenza impugnata riconosce, tale perdita poteva essere coperta, senza alcuna incidenza sul patrimonio netto, con la rinuncia da parte del socio al rimborso di una parte del proprio finanziamento, come di fatto era avvenuto, secondo quanto documentato dalla delibera di approvazione del
bilancio del 2016; f) che, alla fine, il patrimonio netto era rimasto attivo per 215.000 euro circa.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare, con evidente travisamento della prova, che solo venti giorni prima dell’operazione del 13 luglio 2016 la società aveva liquidità bancaria attiva sui due conti correnti ricordati nell’esame del precedente motivo per 333.653,11 euro.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali violazioni di legge per avere la Corte omesso di accertare l’esistenza nello stato passivo del fallimento, in effetti mai acquisito (così come era mancato qualunque accertamento dell’attivo fallimentare), di un creditore alla data del 13 luglio 2016, destinato a essere soddisfatto in misura inferiore a quella in cui sarebbe stato pagato NOME COGNOME, il quale, creditore di un milione di euro, aveva conseguito, con il pagamento di 131.000 euro, un rimborso del 13,1%.
2.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato per avere la Corte territoriale completamente omesso di considerare che la somma conseguita dal creditore COGNOME era stata, per quanto emerso dalle prove documentali acquisite e secondo quanto rilevato dalla stessa sentenza impugnata, utilizzata per l’acquisto di obbligazioni destinate a essere costituite in pegno a favore del Credito Valtellinese, a garanzia di un’apertura di credito contestualmente rilasciata dalla banca, a sua volta adoperata per pagare altri creditori diversi dal medesimo COGNOME. La Corte territoriale, senza considerare la contestualità logica dell’apertura di credito rispetto al pagamento effettuato in favore del creditore, si era concentrata sul fatto che la prima avesse costituito un debito oneroso per la società, senza considerare che tale dato era del tutto eccentrico rispetto alla necessità di dimostrare che il precedente pagamento era stato operato per avvantaggiare il COGNOME.
2.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità con riguardo al secondo pagamento sopra ricordato di 40.000 euro, avvenuto il 23 novembre del 2017 si osserva: a) che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, era rilevante che, successivamente al rimborso di 40.000 euro, che aveva condotto ad aumentare il debito verso la Banca Popolare di Sondrio di un corrispondente importo, il COGNOME avesse provveduto ad estinguere il debito della società poi fallita verso la banca che alla fine del dicembre 2017 ammontava a più di 300.000 euro; b) che, anche in questo caso, l’operazione, tradottasi nella riduzione dell’esposizione nei confronti della Banca Popolare di Sondrio, che per questa ragione non aveva partecipato ai riparti fallimentari, non aveva
determinato una riduzione dei pagamenti a danno di alcun creditore ammesso al passivo; c) che era da escludere la stessa esistenza dell’elemento oggettivo del reato, non essendo emersa, in difetto di qualunque accertamento sulla consistenza dello stato passivo, alcuna alterazione dell’ordine stabilito dalla legge di soddisfacimento dei creditori effettivamente ammessi al passivo; d) che del pari era insussistente l’elemento psicologico del delitto di bancarotta preferenziale.
2.6. Con il sesto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge per avere la sentenza impugnata ritenuto la sussistenza alla data del 27 novembre 2017 di uno stato di insolvenza della società certamente noto all’imputato, rilevando che la perdita di esercizio non è sinonimo di stato di insolvenza e che dal solo bilancio di fine anno non è possibile ricostruire quando una determinata perdita di esercizio si sia verificata nel corso dell’anno. Osserva il ricorrente che la sentenza riposa, quanto all’accertamento di tale requisito, sulle sole dichiarazioni del curatore senza una puntuale analisi delle basi oggettive dei convincimenti di quest’ultimo, la cui relazione può utilizzarsi come prova nel processo penale solo in riferimento a specifici dati di fatto che il curatore stesso dichiara di avere effettivamente accertato.
2.7. Con il settimo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazioni di legge in relazione alla valorizzazione, da parte della Corte territoriale, ai fini della ritenuta sussistenza elemento psicologico del reato, della ristrettissima base sociale per la RAGIONE_SOCIALE
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, nonché conclusioni nell’interesse della parte civile con le quali si chiede il rigetto del ricorso.
All’udienza del 15 aprile 2024 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
I primi quattro motivi, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.
Occorre premettere, secondo la giurisprudenza di questa Corte, laddove sia dato riscontrare, come nella specie, il requisito della specificità dei motivi di appello (a proposito del quale si vedano Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 – 01), il giudice dell’impugnazione è efficacemente
investito dei poteri decisori di cui all’art. 597, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. ed è tenuto ad affrontare nella motivazione le critiche sviluppate dalla parte, con un grado di analiticità che è correlato a quello dei motivi di impugnazione.
Venendo all’esame delle doglianze, si osserva che, nella lettura della fattispecie incriminatrice in questione, dottrina e giurisprudenza ricavano dal dolo specifico richiesto dal terzo comma dell’art. 216 I. fall., ossia dal fine di favorire taluno dei creditori in danno di altri, la necessità logica di collocare il pagamento in una situazione di insolvenza o quantomeno di imminente e ragionevole verificarsi di una situazione di insolvenza.
Già Sez. 5, n. 35886 del 20/07/2009, Corsano, n. m. sul punto, ebbe a riconoscere in motivazione che la norma incriminatrice non contempla espressamente, come requisito oggettivo del reato, la situazione di insolvenza, che, tuttavia, viene implicitamente sottesa dalla dinamica del precetto. Al riguardo, venne sottolineato che detta situazione può essere accertata giudizialmente anche prima del verificarsi dell’inadempimento, quando le condizioni sia patrimoniali sia economiche sia finanziarie dell’impresa lascino ragionevolmente presagire l’imminente paralisi nei pagamenti.
Accanto a tale profilo, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v., di recente, in motivazione, Sez. 5, n. 54502 del 03/10/2018, Raia Rv. 275235 – 0), ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria, quanto all’elemento oggettivo, la violazione della par condicio creditorum nella procedura fallimentare (espressione del principio inteso ad evitare disparità di trattamento non giustificate dalle cause legittime di prelazione fatte salve dall’art. 2741 cod. civ.) e, quanto all’elemento soggettivo, il dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione dell’eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo). Di conseguenza, la condotta illecita e la conseguente offesa non consistono nell’indebito depauperamento del patrimonio del debitore ma nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori; l’evento giuridico della bancarotta preferenziale è costituito dalla minore percentuale riservata ai creditori a causa degli avvenuti pagamenti, oppure dal fatto che il creditore favorito dal titolo di prelazione simulato lo abbia fatto valere in sede di riparto dell’attivo fallimentare.
Ciò posto, la sentenza impugnata, con riguardo al pagamento del luglio del 2016, ha affrontato il tema della situazione di grave squilibrio nel quale l’erogazione sarebbe avvenuta valorizzando dati, anche documentali, che attesterebbero un maquillage del bilancio al 31 dicembre 2016. E, tuttavia, proprio l’esplicita esclusione, da parte della sentenza impugnata, dell’esistenza di una imminente situazione di insolvenza nel febbraio 2016 conferma, sul piano
logico, che gli aggiustamenti rilevati a chiusura dell’esercizio 2016 non erano tali da rivelare una situazione durata per tutto l’anno, in tal modo incrinando la tenuta argomentativa delle conclusioni raggiunte.
Accanto a tale profilo, si registra una valutazione parcellizzata del rimborso, che non considera in termini complessivi la portata dell’operazione, descritta, secondo la prospettazione difensiva, come funzionale ad un’apertura di credito, poi utilizzata per estinguere altri debiti: ciò che può assumere rilievo, sia sul piano oggettivo, sia su quello psicologico, alla luce della giurisprudenza sopra ricordata, ai fini della ritenuta sussistenza del delitto contestato.
Si giunge in tal modo, peraltro, alla terza, fondamentale questione, che attiene alla individuazione della minore percentuale riservata ai restanti creditori a causa degli avvenuti pagamenti: tema sul quale si registrano, nella sentenza impugnata, mere proposizioni assertive e generiche.
Esaminando ora le doglianze relative al secondo pagamento, si osserva che anch’esse sono fondate, sia quanto ai dati dai quali è stata tratta la situazione di imminente insolvenza della società (sesto motivo), posto che è necessario, al riguardo, considerare tutti i mezzi dei quali essa dispone, anche in relazione ai finanziamenti dei soci (e alla rinuncia al loro rimborso), che pure possono assumere rilievo al fine di elidere, prima della dichiarazione di fallimento, la portata dell’eventuale pregiudizio, sia quanto (quinto motivo) alla sussistenza e alla portata dell’alterazione della par conditio (in questo caso, la sentenza individua dei creditori, ma non aggiunge nulla di più quanto alla lesione del bene giuridico sopra ricordato), sia, in conseguenza, quanto alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato (settimo motivo).
Ne segue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso il 15/04/2024