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Bancarotta preferenziale: annullata condanna per pagamenti

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per bancarotta preferenziale a carico dell’amministratore di una S.r.l. La Corte ha ritenuto insufficiente la prova dello stato di insolvenza al momento dei pagamenti contestati a favore di un socio. È stato inoltre criticato il mancato accertamento del reale danno agli altri creditori e della specifica volontà di favorire il socio a loro discapito. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Preferenziale: Non Basta un Pagamento per la Condanna

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 29607/2024, offre un importante chiarimento sui presupposti del reato di bancarotta preferenziale. La Suprema Corte ha annullato con rinvio la condanna di un amministratore accusato di aver favorito il proprio padre, socio dell’azienda, con due pagamenti effettuati prima della dichiarazione di fallimento. Questa decisione sottolinea la necessità di un’analisi rigorosa e completa, che vada oltre la semplice constatazione di un pagamento a un creditore.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda l’amministratore unico di una S.r.l., dichiarata fallita nel settembre 2018. L’accusa era di aver commesso il reato di bancarotta preferenziale per aver effettuato due pagamenti, rispettivamente di 131.000 euro nel luglio 2016 e di 40.000 euro nel novembre 2017, a favore del padre, socio e creditore della società per un finanziamento concesso. Secondo l’accusa, questi pagamenti avrebbero violato la par condicio creditorum, avvantaggiando un creditore a discapito di tutti gli altri.

La Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità dell’amministratore, pur assolvendolo da una diversa accusa di bancarotta fraudolenta. La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando una valutazione parziale e illogica delle prove da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Bancarotta Preferenziale

La Suprema Corte ha accolto le ragioni della difesa, annullando la sentenza di condanna e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Il fulcro della decisione risiede nella critica alla metodologia con cui era stato accertato il reato.

Perché si configuri la bancarotta preferenziale, non è sufficiente provare che sia stato effettuato un pagamento a un creditore in un periodo di difficoltà economica. È necessario dimostrare tre elementi chiave:

1. L’elemento oggettivo: La violazione della par condicio creditorum, ovvero un’alterazione dell’ordine di soddisfacimento dei creditori che causi un danno concreto agli altri.
2. Il presupposto della crisi: Il pagamento deve avvenire in una situazione di insolvenza già conclamata o quantomeno imminente.
3. L’elemento soggettivo (dolo specifico): L’agente deve aver agito con la precisa finalità di favorire quel creditore, accettando il rischio di danneggiare gli altri.

Le Motivazioni

La Cassazione ha rilevato diverse lacune nell’analisi della Corte d’Appello. In primo luogo, la motivazione sulla sussistenza dello stato di insolvenza nel luglio 2016 era contraddittoria, poiché la stessa Corte aveva escluso tale stato solo pochi mesi prima, nel febbraio 2016. Basarsi sui dati di bilancio di fine anno per determinare retroattivamente lo stato di insolvenza a metà anno è stato ritenuto un approccio logicamente debole.

In secondo luogo, la Corte territoriale ha compiuto una “valutazione parcellizzata” dei pagamenti, senza considerarli nel loro contesto complessivo. La difesa aveva documentato che le somme pagate al socio erano state funzionali a ottenere nuove linee di credito dalle banche, poi utilizzate per pagare altri fornitori. Questa prospettiva, se confermata, potrebbe far venir meno sia il danno per gli altri creditori (elemento oggettivo) sia l’intenzione di favorire il singolo socio (elemento soggettivo). L’operazione, nel suo complesso, potrebbe non aver alterato la parità di trattamento, ma aver rappresentato un tentativo di gestire la crisi aziendale.

Infine, la sentenza impugnata si era limitata a “mere proposizioni assertive e generiche” riguardo al danno subito dagli altri creditori, senza individuarli e senza quantificare la minore percentuale di soddisfacimento a loro riservata a causa dei pagamenti contestati.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: nel diritto penale fallimentare, le condanne non possono basarsi su automatismi o presunzioni. La valutazione del giudice deve essere approfondita, logica e basata su prove concrete. Per affermare la responsabilità per bancarotta preferenziale, è indispensabile un’indagine a tutto tondo che chiarisca senza dubbi lo stato di insolvenza dell’impresa, il fine specifico di favoritismo e, soprattutto, il danno effettivo arrecato alla massa dei creditori. Un pagamento, anche se effettuato a un familiare, non è di per sé reato se si inserisce in una più ampia strategia finanziaria che non lede, in concreto, gli interessi degli altri creditori.

Quando un pagamento a un creditore diventa reato di bancarotta preferenziale?
Un pagamento diventa reato di bancarotta preferenziale quando viene eseguito da un’impresa in stato di insolvenza (o di imminente insolvenza) con lo scopo specifico di favorire quel creditore a danno degli altri, violando così il principio della parità di trattamento tra creditori (par condicio creditorum).

Per condannare per bancarotta preferenziale, basta dimostrare un pagamento poco prima del fallimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente. È necessario che l’accusa provi in modo rigoroso e non contraddittorio che al momento del pagamento l’azienda era insolvente, che l’amministratore agiva con il fine specifico di favorire quel creditore e che tale pagamento ha causato un danno concreto agli altri creditori, riducendo la percentuale di soddisfacimento che avrebbero altrimenti ottenuto.

Un’operazione finanziaria complessa, che include un pagamento a un socio, può escludere la bancarotta preferenziale?
Sì. Se il pagamento contestato fa parte di un’operazione finanziaria più ampia (ad esempio, per ottenere una nuova linea di credito poi utilizzata per pagare altri debiti), il giudice deve valutarla nel suo complesso. Se l’operazione, nel suo insieme, non ha alterato la parità di trattamento tra i creditori o non era animata dal fine di favorire il socio, il reato di bancarotta preferenziale potrebbe essere escluso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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