Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34462 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34462 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIOIOSA JONICA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/02/2025 della CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, che ha confermato quella del Tribunale di Locri per i delitti di bancarotta societaria fraudolenta patrimoniale e documentale;
Letta la memoria della difesa del ricorrente, depositata in data 4 settembre 2025, con la quale si chiede, argomentando e insistendo nei motivi di ricorso, l’assegnazione ad altra Sezione della trattazione e comunque l’accoglimento del ricorso; rilevato che la memoria è tardiva, in quanto non rispetta il termine dilatorio di quindici giorni previsto dall’art. 611, comma 1, co proc. pen.;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge in ordine alla violazione dell’art. 157 cod. pen. e del principio del tempus commissi delicti – è manifestamente infondato, in quanto prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità. È assolutamente consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui: “Il termine di prescrizione del reato di bancarotta prefallimentare decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento e non dal momento di
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consumazione delle singole condotte distrattive precedenti a tale declaratoria” (Sez. 5, n. 45288 del 11/05/2017, Rv. 271114 – 01; Sez. 5, n. 4400 del 06/10/2017, dep. 30/01/2018, Rv. 272256 – 01; Sez. 5, n. 2899 del 02/10/2018, dep. 22/01/2019, Rv. 274610 – 01); pertanto il termine di prescrizione decorre dalla data del 28 maggio 2013 ed è pari ad anni quindici, sussistendo nel doppio grado l’aggravante del danno di rilevante gravità, da aumentarsi a seguito degli eventi interruttivi;
Considerato che il secondo e il terzo motivo di ricorso – che lamentano violazione di legge in ordine agli artt. 192 e 544 cod. proc. pen. e alla sussistenza dell’elemento psicologico del dolo -non sono consentiti in sede di legittimità.
Rilevato, infatti, che la censura relativa al dolo non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 5), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto; secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, «deve ritenersi sistematicamente non consentita (non soltanto per le violazioni di legge, per le quali cfr. espressamente art. 606, comma 3, c.p.p.) proponibilità per la prima volta in sede di legittimità, con riferimento ad un capo e ad un punt della decisione già oggetto di appello, di uno dei possibili vizi della motivazione con riferimen ad elementi fattuali richiamabili, ma non richiamati, nell’atto di appello: solo in tal modo infatti, possibile porre rimedio al rischio concreto che il giudice di legittimità possa disporr annullamento del provvedimento impugnato in relazione ad un punto della decisione in ipotesi inficiato dalla mancata/contraddittoria/manifestamente illogica considerazione di elementi idonei a fondare il dedotto vizio di motivazione, ma intenzionalmente sottratti alla cognizione del giudice di appello. Ricorrendo tale situazione, invero, da un lato il giudice della legittimità sare indebitamente chiamato ad operare valutazioni di natura fattuale funzionalmente devolute alla competenza del giudice d’appello, dall’altro, sarebbe facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della sentenza d’appello con riguardo al punto della decisione oggetto di appello, in riferimento ad elementi fattuali che in quella sede non avevano costituito oggetto della richiesta di verifica giurisdizionale rivolta alla Corte di appello, ma siano richiamati solo ex post a fondamento del ricorso per cassazione» (così Sez. 2, n. 32780 del 13/07/2021 , COGNOME, Rv. 281813; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062, in motivazione; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279903; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, COGNOME., Rv. 271869; Sez. 2 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, inoltre, che la doglianza di violazione di legge in relazione all’art. 192 cod. pro pen. non è consentita, in quanto inammissibile è la deduzione del vizio di violazione di legge in
relazione all’asserito malgoverno delle regole di valutazione della prova contenute nell’ c.p.p. ovvero della regola di giudizio di cui all’art. 533 dello stesso codice, n l’inosservanza delle suddette disposizioni prevista a pena di nullità, inutil inammissibilità o decadenza, come richiesto dall’art. 606 lett. c) c.p.p. ai fini della della violazione di legge processuale (ex multis Sez. 3, n. 44901 del 17 ottobre 2012, 253567; Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, Rv. 264174; Sez. 1, n. 42207 20 ottobre 2016, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, NOME., Rv. 2 Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027). Né vale in senso contrar qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure della lett. b) dell’art. 606 c.p.p., posto che tale disposizione, per consolidato inse questa Corte, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale, pena, al l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della denunci violazione di norme processuali solo nel caso in cui ciò determini una invalidità (ex mult 3, n. 8962 del 3 luglio 1997, COGNOME, Rv. 208446; Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, P. proc. RAGIONE_SOCIALE, Rv. 268404);
Considerato, inoltre, che il terzo motivo è comunque generico per indeterminate perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. i fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli ele che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazio individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
Considerato anche che il quarto motivo di ricorso – che lamenta violazione di legg ordine agli artt. 24 e 111 Cost. in combinato disposto con l’art. 6 CEDU – è generi indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) pen. e non consente a questa Corte di individuare i rilievi mossi ed esercitare il sindacato;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la con del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese process e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 settembre 2025 Il consigliere estensore COGNOME
Il Presidente