Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2918 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2918 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Catania il 22 maggio 1988;
avverso l’ordinanza del 25 luglio 2024 del Tribunale di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 luglio 2024, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania (integralmente confermata dal Tribunale distrettuale), NOME COGNOME veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti
domiciliari in quanto gravemente indiziato dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale post fallimentare (capo A), riciclaggio (capo B.1) e bancarotta impropria da operazioni dolose (capo C).
In particolare, secondo la prospettazione accusatoria, il Messina, unitamente agli COGNOME, nelle loro già evidenziate qualità di gestori di fatto della Tele.net e già concorrenti nella bancarotta relativa al fallimento RAGIONE_SOCIALE (per aver distratto il contratto di subappalto stipulato con la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, i rappo commerciali intrattenuti con la RAGIONE_SOCIALE e il complesso delle attivit produttive, trasferendole di fatto senza alcun corrispettivo alla RAGIONE_SOCIALE) e dopo l’intervenuto sequestro di quest’ultima e la dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto di cessione di ramo d’azienda stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE, sarebbero stati artefici, insieme ad NOME COGNOME (formale titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME NOME), a NOME COGNOME (socio unico e amministratore della RAGIONE_SOCIALE) e ad alcuni dipendenti della RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) e della RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME e NOME COGNOME), della distrazione dei ricavi e dei redditi spettanti alla COGNOME (già dichiarata fallita); condotta realizzata attraverso fraudolenta spoliazione del patrimonio sociale della RAGIONE_SOCIALE (anch’essa successivamente dichiarata fallita) e con essa, indirettamente, di quello della COGNOME, della quale la RAGIONE_SOCIALE era il principale asset della massa fallimentare, distraendo di fatto i lavori in subappalto concessi a quest’ultima dalla RAGIONE_SOCIALE, concorrendo, così, nella causazione del dissesto della RAGIONE_SOCIALE con conseguenti ripercussioni sull’attivo fallimentare della RAGIONE_SOCIALE. Condotte, tutte, finalizzat all’agevolazione del clan mafioso “COGNOME-Puntina”.
All’interno di questo complessivo quadro probatorio, il COGNOME avrebbe partecipato quale dipendente e assistente tecnico della RAGIONE_SOCIALE, concorrendo nella distrazione dei lavori da assegnare, sottratti alla RAGIONE_SOCIALE e destinati ad altre imprese vicine agli interessi del clan.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando cinque motivi d’impugnazione.
2.1. Il primo deduce violazione degli artt. 223 e 216 I. fall., quanto alla sussistenza, in relazione ai reati contestati, dei gravi indizi di colpevolezza richiest dall’art. 273 cod. proc. pen., nella parte in cui, sostiene la difesa, il Tribuna avrebbe ritenuto suscettibili di distrazione “blocchi di lavori” (esecutivi di pregress contratti stipulati con la RAGIONE_SOCIALE) non ancora assegnati dalla committente alla Catania Impianti e quindi mai entrati nel patrimonio della società, in relazione ai quali la RAGIONE_SOCIALE non era titolare che di una mera aspettativa di futura
assegnazione; tant’è che nella prospettazione accusatoria non vi è alcuna quantificazione del valore patrimoniale di queste presunte distrazioni. Dall’altro, continua la difesa, avrebbe omesso di valutare la reale consistenza causale del contributo materiale ipotizzato a carico del ricorrente rispetto al reato di bancarotta, in quanto privo di effettivo potere decisionale, pacificamente detenuto dal solo Lombardo.
2.2. Il secondo deduce violazione di legge (in relazione agli artt. 110 cod. pen., 216 e 223 I. fall.) e vizio di motivazione con riferimento alla valutazione dell’incidenza causale dell’asserita contrazione dei lavori assegnati sul dissesto della Catania Impianti, atteso che: a) il passivo accertato al momento del fallimento preesisteva rispetto alla realizzazione delle condotte contestate (ed era riconducibile al forte indebitamento con l’Erario, oggetto della concorrente contestazione di cui al capo C); b) la contrazione del fatturato persisteva da prima del 2020 (epoca di commissione del reato) ed è riconducibile ad altri fattori, come la revoca dell’autorizzazione al subappalto da parte della Tim s.p.a.
2.3. Il terzo deduce violazione dell’art. 416-bis.1 del codice penale. La difesa sostiene che, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza impugnata, il COGNOME era stato assunto solo da pochi anni (e non quindi non era intraneo alle dinamiche aziendali) e, comunque non era consapevole delle (asserite) finalità delittuose del COGNOME.
2.4. Il quarto deduce violazione di legge (in relazione all’art. 648-bis cod. pen.) in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di riciclaggio. Il Tribunale sostiene la difesa, non avrebbe indicato in che modo sarebbe stata dissimulata la provenienza illecita del trasferimento di somme alle altre società subappaltatrici o, comunque, ne sarebbe stata ostacolata l’identificazione.
2.5. Il quinto, in ultimo, deduce violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. quanto alla ritenuta sussistenza di un pericolo attuale e concreto di recidiva cautelare, fondata su elementi congetturali e privi di concreti riscontri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei limiti di quanto di seguito esposto.
La corretta comprensione delle censure sollevate dal ricorrente presuppone una sintetica ricostruzione degli elementi fattuali sui quali si fonda la prospettazione accusatoria.
Il procedimento, per come evidenziato nell’ordinanza impugnata, trae origine dalla segnalazione trasmessa dall’amministratore giudiziario della Catania RAGIONE_SOCIALE, che evidenziava il progressivo calo di fatturato della società, determinato, secondo la prospettazione offerta, dalla ipotizzata sottrazione, da parte della committente RAGIONE_SOCIALE, degli interventi connessi ai contratti stipulat
dalla RAGIONE_SOCIALE a vantaggio di altre imprese (la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) comunque riconducibili ad NOME e NOME COGNOME e ad NOME COGNOME (già imputati per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale della RAGIONE_SOCIALE).
Si evidenziava, a sostegno della prospettazione offerta, che la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, in particolare: a) era stata costituita il 5 novembre 2020, appena tre mesi dopo il sequestro della RAGIONE_SOCIALE; b) nei sei mesi successivi aveva conseguito ricavi provenienti soltanto da cinque commesse affidatele dalla RAGIONE_SOCIALE; c) tanto la sede di esercizio quanto la sede legale della stessa erano in realtà private abitazioni; d) non disponeva di depositi per i mezzi commerciali o per le attrezzature ed aveva alle proprie dipendenze solo tre lavoratori, peraltro in passato già dipendenti della Catania RAGIONE_SOCIALE
Ebbene, dal mese di marzo 2021, nonostante non avesse i requisiti necessari per l’assegnazione dei lavori, aveva iniziato ad avere rapporti diretti con la RAGIONE_SOCIALE, acquisendo commesse per un totale imponibile pari ad euro 590.518,65 per l’anno 2021 ed euro 971.899,43 per l’anno 2022. Da ciò l’ipotesi che la scelta di far confluire all’interno della neocostituita ditta individuale gli asset prima facent capo alla RAGIONE_SOCIALE fosse, in realtà, frutto di una strategia, avallata e supportata dal management della RAGIONE_SOCIALE, finalizzata allo svuotamento della società sequestrata e alla prosecuzione, da parte dello Zingale e del Messina dell’attività imprenditoriale. Il tutto secondo uno schema consolidato, già utilizzato in precedenza ai danni della Dosian, attraverso la cessione di ramo d’azienda in favore della RAGIONE_SOCIALE (poi dichiarata inefficace, in accoglimento dell’azione revocatoria proposta dalla curatela).
L’esattezza dell’ipotesi investigativa trovava conferma nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia, NOME COGNOMEche riferiva di almeno una riunione a settimana con NOME COGNOME, dirigente della Sielte), negli esiti dell’attività di intercettazione e nelle ulteriori acquisizioni documentali relative subappalti affidati.
In questo contesto, la contestazione della circostanza aggravante (art. 416bis.1 cod. pen.) trovava fondamento, secondo le argomentazioni offerte dal Tribunale, nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, soggetto apicale del clan COGNOME, per anni deputato ad intrattenere in prima persona, quale portavoce del clan, stretti rapporti d’affari con dipendenti e dirigenti della Sielte. Il collaboratore non soltanto chiariva la genesi delle società ocinvolte nell’indagine, la loro piena riconducibilità agli interessi dell’associazione e l connessa attività di riciclaggio del denaro di provenienza illecita del clan, ma spiegava con estrema precisione l’origine e l’evoluzione dei rapporti tra la Sielte ed il clan, improntati ad una logica di reciproca convenienza: la società assumeva
GLYPH
fittiziamente tra i propri dipendenti membri del clan mafioso (erogando loro stipendi e somme aggiuntive, oltre a pagare un tributo periodico all’associazione) e, in cambio, riceveva la “protezione” dell’associazione e la connessa risoluzione di questioni economiche.
Secondo il Tribunale, le dichiarazioni rese dal collaboratore erano caratterizzate da immediatezza, genuinità, reiterazione nel tempo e frutto di esperienza diretta, rimanendo irrilevante tanto la valutazione di inattendibilità resa dalla Corte di Appello (in quanto riferita a fatti inerenti ad un soggetto appartenente ad un clan diverso da quello del Messina, COGNOME NOME, del clan COGNOME), quanto i paventati motivi di astio verso tutti i componenti della famiglia COGNOME derivanti della mancata accettazione della sua nuova relazione sentimentale (mera scaturigine del percorso di collaborazione dello stesso).
Ciò premesso, la valutazione delle censure prospettate dalla difesa presuppone l’indicazione di alcune coordinate ermeneutiche preliminari.
In primo luogo, va ribadito che le diverse condotte nelle quali si sviluppa la bancarotta fraudolenta patrimoniale sono (quanto meno quelle di dissimulazione occultamento, distrazione e dissipazione) diverse modalità di aggressione dello stesso bene giuridico, rappresentato dall’interesse dei creditori alla conservazione della consistenza patrimoniale dell’imprenditore, destinata, dall’art. 2740 cod. civ., a garanzia dei debiti contratti; singole modalità di esecuzione alternative e fungibili di un solo reato (Sez. 5, n. 30442 del 22/06/2006, Preziosa), strutturato intorno al distacco di un bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento patrimoniale in danno dei creditori); evento in cui si concretizza l’elemento oggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che può realizzarsi in qualunque forma e con qualunque modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale utilizzato, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate in favore della curatela (Sez. 5, n. 4739 del 23/03/1999, Rv. 213120). Ciò che qualifica la condotta sanzionata dall’art. 216, comma 1, n. 1, I. fall., in tutte le su alternative manifestazioni, è solo il risultato ultimo, la lesione dell’interesse de creditori alla conservazione dell’integrità patrimoniale conseguente ad un atto di disposizione che abbia determinato una diminuzione economicamente apprezzabile del compendio attivo della società fallita.
Tutto ciò impone, però che la diminuzione della garanzia sia stata effettiva: la bancarotta patrimoniale distrattiva sanziona il vulnus reale che l’atto determina all’integrità del patrimonio destinato (ai sensi dell’art. 2740 cod. civ.) a garanzia dei creditori. E, quindi, l’accertamento, non condizionato da alcuna presunzione, della previa disponibilità in capo all’imprenditore fallito dei beni mancanti (Sez. 5,
GLYPH
(u-
n. 22787 del 12/05/2010, COGNOME, Rv. 247520; conf. Sez. 5, n. 40726 del 06/11/2006, COGNOME, Rv. 235767).
Ebbene, il Tribunale ha dato atto: a) del progressivo calo di fatturato della RAGIONE_SOCIALE e del parallelo aumento del fatturato di altre società ed imprese (la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) comunque riconducibili ad NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME; b) delle anomalie connesse all’attribuzione dei lavori alle predette società; c) delle dichiarazioni rese da collaboratore di giustizia, NOME COGNOMEche riferiva dell’interessamento del clan COGNOME verso attività imprenditoriali lecite verso le quali far confluire i proven delle attività delittuose e dei rapporti con la Sielte strutturati in termini reciproca convenienza: la società non si limitava all’assegnazione dei lavori alle società riconducibili all’associazione, ma assumeva fittiziamente tra i propri dipendenti membri del clan mafioso, erogando loro stipendi e somme aggiuntive oltre ad un tributo periodico all’associazione stessa, ricevendo in cambio la protezione attraverso la risoluzione con il metodo mafioso di questioni economiche nel suo interesse); d) degli esiti dell’attività di intercettazione (dalle qua emergeva: il concreto svolgimento di fatto delle funzioni gestorie da parte degli Zingale e del Messina e il connesso ruolo – di mero prestanome – svolto dall’COGNOME; l’attribuzione alla Telenet e alla A.F. Impianti di lavori “della Catani RAGIONE_SOCIALE“; i tentativi di tenero all’oscuro l’amministratore giudiziario di ta complessiva e sistematica attività di svuotamento). E in forza di ciò, ha ritenuto sussistente (nei limiti della gravità indiziaria) uno sviamento degli interventi connessi ai contratti stipulati dalla RAGIONE_SOCIALE a vantaggio di altre società ed imprese (la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE) comunque riconducibili ad NOME e NOME COGNOME e NOME.
Tanto, però, non può ritenersi attività distrattiva. L’assegnazione dei singoli lavori alle ditte subappaltatrici, infatti, per come emerge dalla stessa ordinanza applicativa, pur essendo rimessa ad un criterio di ripartizione tendenzialmente costante, è frutto di una scelta discrezionale degli operatori dell’area commerciale e, quindi, nella prospettiva dell’impresa subappaltatrice, una mera aspettativa solo teoricamente ipotizzabile (cfr., per una fattispecie sostanzialmente sovrapponibile, Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, Rv. 260689).
È pur vero che la distrazione o l’occultamento di diritti derivanti da un rapporto contrattuale rientra nella previsione di cui all’art. 216 I. fall., ma ciò solo ove t diritti siano già presenti nel patrimonio dell’imprenditore fallito (Sez. 5, n. 12946 del 25/02/2020, Boi, Rv. 278887). Ipotizzare il contrario significherebbe ritenere suscettibile di distrazione la mera aspettativa che in futuro i clienti si rivolgano all’azienda in forza dei rapporti intrattenuti in passato con la stessa. Né può ritenersi che tali condotte si risolvano in una distrazione dell’avviamento
t(–
commerciale dell’azienda, in sé (inteso come capacità di profitto di un’attività produttiva: Cass. civ. 2 agosto 1995, n. 8470, Rv. 493535) non suscettibile di distrazione se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l’avviamento (Sez. 5, n. 5357 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272108; Sez. 5, n. 26542 del 19/3/2014, Riva, Rv. 260689; Sez. 5, n. 9813 del 8/3/2006, COGNOME ed altri, Rv. 234242).
Ciò, però, non significa ritenere lecito una condotta di “sviamento” delle assegnazioni dei lavori. L’acquisizione di un vantaggio competitivo ingiusto (ottenuto svuotando consapevolmente l’organizzazione concorrente di sue specifiche possibilità operative), infatti, rappresenta pur sempre una condotta non conforme allo statuto di correttezza professionale fra imprenditori, che, pur non integrando gli estremi della bancarotta distrattiva (non avendo per oggetto poste attive già presenti nel patrimonio dell’imprenditore), potrà assumere i caratteri dell’illecito civile (ai sensi dell’art.2598 n.3 cod. civ.), se idoneo a danneggiare l’altrui azienda (Cass. civ., n. 94 del 04/01/2017), o penale, laddove qualificabile come atto di disposizione patrimoniale eventualmente rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2634 cod. civ. (Sez. 5, n. 3817/13 del 11/12/2012, COGNOME, Rv. 254774) o secondo lo schema dell’art. 223, n. 2, I. fall., non quale bancarotta distrattiva, bensì in termini di bancarotta impropria da operazioni dolose (Sez. 5, n. 9813 del 08/03/2006, COGNOME, Rv. 234242; Sez. 5, n. 6992 del 08/04/1988, COGNOME, Rv. 178604).
Se, infatti, il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è strutturato intorno al distacco di un bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente lesione dell’interesse dei creditori alla conservazione dell’integrità patrimoniale), il reato di cui al n. 2 dell’art. 223 I. fall. è integra una condotta attiva o omissiva, costituente inosservanza dei doveri imposti ai soggetti indicati dalla legge ed è strutturato intorno ad una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non da una singola condotta, ma da un fatto di maggiore complessità, integrato da una pluralità di atti funzionalmente coordinati nella loro complessiva ed unitaria causa concreta ed eziologicarnente idonei alla causazione del fallimento (Sez. 5, n. 12945 del 25/02/2020, Rv. 279071; Sez. 5, n. 44103 del 27/06/2016, Rv. 268207). Non rileva, né è sempre immediatamente percepibile, il compimento di una singola azione dannosa, ma solo, appunto, una pluralità di atti (astrattamente legittimi nella loro dimensione individuale), tra loro funzionalmente concatenati. Ed è solo dalla valutazione sistematica di questi atti che è possibile cogliere la causa concreta dell’operazione posta in essere e, con essa, il pregiudizio subito dalla società: un’operazione che, concretizzandosi in un abuso o in un’infedeltà nell’esercizio della carica ricoperta o in un atto
intrinsecamente pericoloso per la salute economico-finanziaria della società, determini l’astratta prevedibilità della decozione (Sez. 5 n. n. 45672 del 1/10/2015, Rv. 265510; Sez. 5 n. 38728 del 3/04/2014, Rv. 262207).
Ed è proprio la valutazione complessiva delle plurime assegnazioni di singoli blocchi di lavori (in danno della Catania RAGIONE_SOCIALE ed in favore, per quel che rileva in questa sede, della TeleNet), valutate nella loro unitarietà funzionale e alla luce del fine ultimo perseguito (permettere al Messina e agli COGNOME di proseguire l’attività imprenditoriale sottraendo le commesse alla Catania RAGIONE_SOCIALE) che dà conto della (ipotizzata) configurabilità del reato: una pluralità di atti che, seppur privi di autonoma valenza distrattiva (per le ragioni evidenziate in precedenza), si sostanziano comunque in un abuso o in una infedeltà delle funzioni o nella violazione dei doveri connessi all’esercizio della funzione gestoria (perché diretti a sottrarre l’assegnazione delle commesse alla Catania Impianti), potenzialmente idoneo, attraverso il suo progressivo svuotamento, a causare il dissesto della società, con conseguente pregiudizio dei soci, dei creditori e di tutti i terzi coinvolti nell’attività imprenditoriale e, fra questi, anche la curatella della COGNOME, della quale la Catania RAGIONE_SOCIALE era il principale asset.
E che la Catania Impianti sia il principale asset del fallimento COGNOME discende, quale diretta conseguenza, dall’esito vittorioso dell’azione revocatoria intentata dalla curatela; azione che, pur non travolgendo l’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ne determina l’inefficacia nei confronti del creditore che l’abbia esperita, consentendo allo stesso di esercitare sul bene oggetto dell’atto l’azione esecutiva per la realizzazione del credito (Cass. civ. n. 7127 del 25/05/2001, Rv. 546989): il bene non torna nel patrimonio del debitore, ma resta soggetto all’aggressione del (solo) creditore istante nella misura necessaria a soddisfare le sue ragioni (Cass. civ. n. 1804 del 18/02/2000, Rv. 533999). Quindi, seppure in conseguenza dell’esito vittorioso dell’azione revocatoria il ramo d’azienda (fraudolentemente ceduto dalla COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE) non è rientrato nel patrimonio della società fallita (la COGNOME), il curatore ha comunque acquisito la legittimazione ad agire esecutivamente su di esso per la soddisfazione dei creditori ammessi al passivo fallimentare. Ed in questi termini la fraudolenta spoliazione del patrimonio sociale della Catania RAGIONE_SOCIALE (oggetto diretto dell’azione revocatoria) ha generato una diminuzione dell’attivo fallimentare della società fallita
In ciò la configurabilità del reato di bancarotta impropria (in relazione al fallimento della Catania RAGIONE_SOCIALE) e del reato di bancarotta distrattiva (in relazione al fallimento Dosian). Due reati che ben possono concorrere tra loro in quanto riferite a procedure fallimentari diverse e fondate su condotte radicalmente differenti: lo sviamento della clientela integra l’operazione dolosa causativa del
dissesto della Catania Impianti; mentre lo svuotamento del patrimonio societario di quest’ultima (conseguente alla predetta operazione dolosa) rappresenta il risultato distrattivo conseguito ai danni della COGNOME, della quale la prima era un asset patrimoniale.
Condotte rispetto alle quali diviene assolutamente irrilevante la partecipazione dell’amministratore giudiziario, in quanto poste in essere dall’esterno, non già attraverso la sottrazione di beni esistenti nel patrimonio sociale (condotta per la quale sarebbe stato, logicamente, necessaria la partecipazione di colui che di tali beni aveva la disponibilità), ma attraverso una condotta fraudolenta che di tali beni impediva l’acquisizione e, quindi, mediante il compimento di atti che non necessitano di alcuna cooperazione degli organi della società.
Condotte che, parallelamente, ben possono, in astratto, integrare gli estremi del riciclaggio ove non vi sia stata compartecipazione nel fatto distrattivo (cosicché la condotta del soggetto che riceve somme di denaro provenienti dalla società poi fallita, con la consapevolezza dello stato di dissesto finanziario della stessa ed in mancanza di titolo giustificativo, non può essere qualificata riciclaggio ma concorso dell’extraneus nel reato di cui all’art. 216 legge fall.: Sez. 5, n. 2298 del 21/11/2017, dep. 2018, Lisa, Rv. 272089) o dell’autoriciclaggio, quale lecita vestizione delle somme, dei beni e delle altre utilità provenienti dalla commissione del delitto presupposto (nella parte in cui alla condotta distrattiva di somme di denaro abbia fatto sèguito un’autonoma attività dissimulatoria di reimpiego in attività economiche e finanziarie di tali somme).
Ciò considerato, però, tanto dall’articolato capo d’imputazione, quanto dall’ordinanza impugnata non solo emerge una profonda commistione tra le due procedure fallimentari (non comprendendosi, nelle singole fattispecie, a quale procedura la condotta si riferisca), ma si continua a contestare e a ritenere una condotta distrattiva “di fatto” avente per oggetto “lavori in subappalto concessi dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE” e, quindi, riferendo la distrazione a cespiti estranei al patrimonio della società, dando atto, così, di un’insanabile illogicità della motivazione.
L’ordinanza impugnata, quindi, deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catania, che si atterrà ai principi di diritto in precedenza richiamati.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe, in sé, le altre censure.
4
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata 5?.. rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catania.
Così deciso il 3 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente