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Bancarotta impropria: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta impropria. La Corte ha ribadito che il reato sussiste anche se le operazioni dolose hanno solo aggravato un dissesto preesistente, e che il ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello o a contestare valutazioni di fatto.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Impropria: Ricorso in Cassazione Inammissibile se Ripetitivo

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di bancarotta impropria, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso e sulla configurabilità del reato anche in presenza di un dissesto aziendale preesistente. La decisione sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso specifici e critici, e non una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei gradi di giudizio precedenti.

I Fatti del Caso: La Condanna per Bancarotta Impropria

Il caso ha origine dalla condanna di un amministratore per il reato di bancarotta impropria, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello. L’amministratore, ritenuto responsabile di aver causato il fallimento della società attraverso operazioni dolose, ha presentato ricorso per Cassazione basandolo su due motivi principali: la presunta insussistenza del reato e la mancata concessione delle attenuanti generiche in misura superiore a quanto già riconosciuto.

L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile?

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, analizzando separatamente i due motivi proposti e giudicandoli entrambi infondati e non conformi ai requisiti di legge.

Primo Motivo: L’Aggravamento del Dissesto e la Bancarotta Impropria

Il ricorrente sosteneva che le sue azioni non avessero causato il fallimento, poiché la società versava già in una grave situazione di dissesto. La Cassazione ha respinto questa tesi, qualificandola come una semplice ripetizione dei motivi d’appello. La Corte ha ribadito un principio consolidato: ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria, non è necessario che l’operazione dolosa sia l’unica causa del fallimento.

In base all’art. 41 del codice penale sul concorso di cause, il nesso di causalità non è interrotto dalla preesistenza di una crisi. Anche il solo aggravamento di un dissesto già in atto, provocato da una condotta dolosa, è sufficiente a integrare il reato. La nozione di fallimento (un evento giuridico dichiarato con sentenza) è distinta da quella di dissesto (una condizione economica), che è un fenomeno potenzialmente reversibile.

Secondo Motivo: Le Circostanze Attenuanti Generiche

Il secondo motivo di ricorso lamentava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura più ampia. Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva motivato in modo logico e congruo la propria decisione, basandosi sugli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale.

Il tentativo del ricorrente di introdurre elementi di fatto favorevoli (come la vendita di un immobile a un prezzo vantaggioso o il breve periodo di amministrazione) è stato giudicato inammissibile in sede di legittimità, poiché la valutazione di tali elementi spetta al giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova analisi in Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su principi procedurali e sostanziali chiari. Dal punto di vista processuale, un ricorso per Cassazione deve svolgere una funzione di critica argomentata contro la sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese. Dal punto di vista sostanziale, la Corte ha confermato la sua giurisprudenza costante in materia di bancarotta impropria, chiarendo che la responsabilità dell’amministratore sussiste anche quando la sua condotta fraudolenta si inserisce in un contesto aziendale già compromesso, aggravandolo e contribuendo causalmente al fallimento finale.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ha importanti implicazioni. In primo luogo, ribadisce che gli amministratori hanno il dovere di non compiere operazioni dolose che possano peggiorare la situazione di un’azienda in crisi, pena la responsabilità per bancarotta. In secondo luogo, evidenzia la necessità di formulare ricorsi per Cassazione con motivi specifici, che identifichino vizi di legge o di motivazione della sentenza impugnata, evitando di insistere su questioni di fatto già decise. Infine, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende funge da deterrente contro la presentazione di ricorsi palesemente infondati.

L’esistenza di una crisi aziendale prima dell’azione dell’amministratore esclude il reato di bancarotta impropria?
No. Secondo la Corte, la preesistenza di una causa di dissesto non interrompe il nesso di causalità. Il reato sussiste anche se l’operazione dolosa ha cagionato solo l’aggravamento di un dissesto già in atto, contribuendo al fallimento.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, da un lato, reiterava pedissequamente motivi già dedotti e respinti in appello, senza formulare una critica argomentata alla sentenza; dall’altro, tentava di introdurre una valutazione di elementi di fatto, che non è consentita nel giudizio di legittimità.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per colpa evidente?
In caso di inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Se, come in questo caso, l’inammissibilità è ritenuta evidente e quindi colposa, il ricorrente è condannato anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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