LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta impropria: quando è reato e conseguenze

La Corte di Cassazione conferma la condanna di due amministratori per bancarotta impropria, causata dal sistematico omesso versamento di imposte per oltre 20 milioni di euro. La società era usata come ‘cartiera’ in una complessa frode fiscale. La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ribadendo che la responsabilità penale sussiste anche per l’amministratore con un ruolo apparentemente formale e che l’omissione fiscale sistematica costituisce un’operazione dolosa che porta al fallimento, richiedendo solo un dolo generico.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Impropria: La Responsabilità dell’Amministratore per Omissioni Fiscali

La gestione di una società comporta oneri e responsabilità precise, soprattutto per gli amministratori. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi cruciali in materia di bancarotta impropria, chiarendo come anche un ruolo apparentemente formale non esima da gravi conseguenze penali. Il caso analizzato riguarda il fallimento di una società, causato da un’enorme evasione fiscale, e offre spunti fondamentali sulla natura delle ‘operazioni dolose’ e sulla responsabilità degli organi gestori.

I Fatti del Caso

Due amministratori, succedutisi nel tempo alla guida di una società a responsabilità limitata, sono stati condannati per averne cagionato il fallimento. Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, dal 2014 al 2017 i due hanno sistematicamente omesso di versare imposte e contributi previdenziali, accumulando un debito verso l’erario superiore a 20 milioni di euro.

La società non era un’entità operativa autonoma, ma fungeva da ‘società cartiera’ in un complesso meccanismo di frode fiscale. Veniva interposta nell’acquisto di beni da una prima azienda per rivenderli a una seconda, consentendo a quest’ultima di evadere l’IVA. La società fallita, quindi, veniva sacrificata per garantire un ingiusto profitto a un’altra entità. Oltre alla bancarotta, a un amministratore era contestata l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e all’altro la sottrazione della documentazione contabile.

La Decisione della Corte di Cassazione e la bancarotta impropria

Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, di aver avuto un ruolo meramente formale, che le operazioni fossero state ideate e gestite da altri soggetti e che mancasse l’intenzione di provocare il fallimento.

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. I giudici hanno ritenuto le censure generiche e orientate a ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione, la quale può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

Le Motivazioni

La sentenza è di grande interesse perché consolida importanti principi sulla responsabilità penale degli amministratori. Analizziamo i punti chiave delle motivazioni.

La Responsabilità dell’Amministratore non è solo Formale

La difesa degli imputati, basata sull’idea di essere stati semplici ‘prestanome’, è stata respinta. La Corte ha ribadito che la gestione di una società comporta doveri inderogabili, come la tenuta della contabilità e il versamento delle imposte. Queste sono azioni di stretta prerogativa dell’amministratore, che non può sottrarsi alle proprie responsabilità adducendo di non essere stato l’ideatore delle condotte fraudolente. L’aver accettato la carica implica l’assunzione di tutti i doveri ad essa connessi.

L’Omissione Fiscale Sistematica come Operazione Dolosa

Un punto centrale della decisione riguarda la qualificazione del mancato pagamento delle imposte. La Corte ha confermato che l’inadempimento sistematico e prolungato delle obbligazioni fiscali e previdenziali costituisce un’operazione dolosa ai fini della bancarotta impropria. Non si tratta di una semplice difficoltà finanziaria, ma di una scelta gestionale consapevole che aumenta l’esposizione debitoria della società, portandola inevitabilmente al dissesto. Questa condotta, quindi, è una delle modalità con cui si può cagionare il fallimento di un’impresa.

Dolo Generico vs. Dolo Specifico nella Bancarotta

Per configurare il reato di bancarotta impropria da operazioni dolose, non è necessario dimostrare il ‘dolo specifico’, ovvero l’intenzione esplicita di far fallire la società. È sufficiente il ‘dolo generico’: la coscienza e la volontà di compiere le singole operazioni illegali (come l’omesso versamento delle imposte) e la prevedibilità che tali azioni avrebbero portato al dissesto. L’amministratore, in sostanza, deve essere consapevole che la sua condotta antidoverosa è idonea a causare il collasso dell’impresa.

Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte ha colto l’occasione per ricordare che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. I ricorrenti non possono chiedere alla Suprema Corte di riesaminare le prove o di fornire una diversa interpretazione dei fatti. Il suo compito è limitato a verificare la presenza di violazioni di legge o di vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, elementi che nel caso di specie non sono stati riscontrati.

Le Conclusioni

Questa sentenza lancia un monito chiaro agli amministratori di società: la carica non è mai una mera formalità. Anche chi accetta un ruolo di ‘testa di legno’ si assume la piena responsabilità penale per gli obblighi di legge, primo fra tutti quello di una corretta gestione fiscale. L’omesso versamento sistematico delle imposte non è un semplice illecito tributario, ma può integrare il più grave reato di bancarotta impropria se contribuisce a cagionare il fallimento. La decisione rafforza la tutela dei creditori e del corretto funzionamento del mercato, sanzionando le gestioni societarie volte a scaricare i costi sulla collettività per conseguire profitti illeciti.

Un amministratore con un ruolo solo ‘formale’ può essere ritenuto responsabile per bancarotta impropria?
Sì. Secondo la sentenza, accettare la carica di amministratore comporta l’assunzione di doveri inderogabili, come il corretto adempimento degli obblighi fiscali. La responsabilità penale sussiste anche se il soggetto non ha ideato le operazioni illecite, poiché le condotte omissive contestate (mancato versamento delle imposte) sono di stretta prerogativa dell’amministratore.

Il mancato pagamento sistematico delle imposte può essere considerato un’operazione dolosa che causa la bancarotta impropria?
Sì. La Corte ha confermato che l’inadempimento sistematico e consapevole delle obbligazioni fiscali e previdenziali costituisce un’operazione dolosa ai sensi della legge fallimentare, in quanto rappresenta una scelta gestionale che aumenta il debito della società e ne causa il prevedibile dissesto.

Per la condanna per bancarotta impropria è necessario dimostrare che l’amministratore volesse specificamente far fallire la società?
No. La sentenza chiarisce che per questo reato è sufficiente il dolo generico. Ciò significa che non è richiesta l’intenzione specifica di causare il fallimento, ma basta la coscienza e la volontà di compiere le operazioni illecite (come non versare le tasse) con la prevedibilità che tali atti avrebbero potuto portare al collasso della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati