Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28114 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28114 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a PORTOGRUARO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a PORTOGRUARO il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME LATISANA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi letta la memoria del difensore dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso e, comunque, per la prescrizione dei delitti contestati al capo A.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 novembre 2023, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva ritenuto NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli dei delitti di bancarotta loro rispettivamente ascritti e in particolare:
NOME COGNOME, quale amministratore unico dal febbraio 2003 all’aprile 2011 della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 7 novembre 2011,
per avere cagioNOME il suo dissesto omettendo, sistematicamente, di versare le imposte ed i contributi dovuti per un totale di euro 7.168.358,47 (capo A n. 1);
per averne tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari (capo A n. 3);
NOME COGNOME e NOME COGNOME, il primo quale amministratore di fatto prima e liquidatore poi, dal 21 giugno 2016, della srl RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 21 ottobre 2016, il secondo quale amministratore unico della medesima dalla costituzione al 30 dicembre 2015,
per averne cagioNOME il fallimento omettendo il pagamento di contributi ed imposte (anche mediante false fatturazioni fra società inserite nel gruppo RAGIONE_SOCIALE) per la somma complessiva di euro 760.000 (capo B n. 1);
per avere tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo da non consentire la corretta ricostruzione del patrimonio della società e del movimento dei suoi affari (capo B n. 3).
1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte di merito osservava quanto segue.
Quanto alla eccezione relativa alla mancata rinnovazione degli atti istruttori a seguito del mutamento della composizione del collegio del Tribunale, i principi di diritto espressi dalla Sezioni unite nella sentenza COGNOME consentivano di superare tutte le obiezioni della difesa, non avendo questa indicato, in quel momento processuale, né le prove testimoniali da rinnovare né le ragioni di tale richiesta.
1.2. Quanto al merito delle accuse, la Corte territoriale ricordava come le due società fallite fossero risultate coinvolte, all’interno del gruppo societario facente capo ai RAGIONE_SOCIALE (del resto gli stessi COGNOME ne erano stati gli amministratori e COGNOME era un loro uomo di fiducia, dipendente di una ulteriore società del gruppo), in un giro di fatturazioni per operazioni inesistenti, accertato dalla Guardia di finanza in due successive occasioni, con i pv di constatazione del 2009 e del 2016.
I debiti fiscali così maturati le avevano condotte al fallimento.
1.3. Quanto, in particolare, alla RAGIONE_SOCIALE, la Corte ricordava come fosse stata costituita nel RAGIONE_SOCIALE, come fosse stata amministrata dal 2003 al 2011 dall’odierno imputato NOME COGNOME e come la documentazione contabile consegnata al curatore si fosse dimostrata ideologicamente falsa a seguito dell’annotazione delle predette fatture, relative ad operazioni inesistenti.
La Corte analizzava, nel dettaglio, le ragioni che supportavano l’accertamento fiscale del 2009, ed in particolare l’interposizione fittizia di RAGIONE_SOCIALE a favore di altr società del gruppo RAGIONE_SOCIALE, con riguardo soprattutto alla società RAGIONE_SOCIALE, che, a detta, del curatore, ne indirizzava anche l’operatività.
Del resto, la RAGIONE_SOCIALE mancava di ogni struttura che le consentisse di operare in proprio.
Analoga attività di fatturazione fittizia da parte della fallita era poi andata a vantaggio di altre società interne o esterne al gruppo, la srl RAGIONE_SOCIALE, la srl RAGIONE_SOCIALE, la srl RAGIONE_SOCIALE, la srl RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, la sas RAGIONE_SOCIALE.
Tutte operazioni che erano già state attentamente ricostruite dal primo giudice e la cui concreta inconsistenza era stata confermata anche in sede di giudizio tributario (avendo le Commissioni tributarie adite confermato le risultanze del pv di accertamento) e dagli organi fallimentari che avevano così ammesso i conseguenti crediti erariali nella misura richiesta (per euro 6,5 milioni a fronte di una massa passiva di complessivi euro 9.5 milioni).
L’accertata frode fiscale, ed il ruolo in essa rivestita dalla fallita, rendeva evidente la piena consapevolezza del suo amministratore, NOME COGNOME, circa l’inevitabile dissesto che ne sarebbe conseguito (a seguito proprio del recupero dei debiti fiscali) e circa la falsità ideologica che ne permeava il compendio contabile.
1.4. Quanto alla RAGIONE_SOCIALE, la Corte milanese ricordava come fosse stata costituita nel 2009 e come il 90 % delle quote fosse intestato al COGNOME che ne era stato anche l’amministratore di diritto.
I testi escussi, dipendenti della fallita, avevano però concordemente riferito come l’amministratore di fatto fosse l’altro odierno imputato, NOME COGNOME (uno degli esponenti del gruppo familiare omonimo a cui anche tale società faceva riferimento). Del resto, era stato proprio NOME COGNOME a riferire al curatore circa le ragioni che avevano condotto la società al fallimento.
E, significativamente, anche tale società era rimasta coinvolta in quel giro di false fatturazioni – in questo caso accertato con il successivo pv di constatazione del 2016 – che aveva caratterizzato, quanto meno in parte, l’operatività del gruppo
NOME, ancorchè RAGIONE_SOCIALE non era risultata essere, come RAGIONE_SOCIALE, una mera “cartiera”.
Accertamento, da parte della competente Guardia di Finanza, che aveva consentito l’ammissione allo stato passivo di un debito erariale di oltre 700.000 euro.
E che costituisce, oggi, il fondamento delle parimenti ritenute bancarotta impropria per effetto delle ricordate operazioni dolose e bancarotta documentale per la conseguente falsità ideologica delle scritture contabili.
1.5. Da ultimo, la Corte di merito riteneva la congruità del trattamento sanzioNOMErio fissato dal primo giudice in considerazione del complessivo danno cagioNOME e della assoluta assenza di resipiscenza, e di ristoro, da parte degli imputati.
Hanno proposto ricorso tutti gli imputati, con unico atto ed a mezzo del comune difensore AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure in otto motivi.
2.1. Con il primo motivo deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al rigetto della eccezione di nullità del primo giudizio derivante dall’omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’intervenuto mutamento del giudice.
All’udienza del 25 gennaio 2021, infatti, mutato il collegio del Tribunale, dopo che nelle precedenti udienze erano stati escussi numerosi testimoni, il difensore degli imputati non prestava il consenso all’acquisizione delle ricordate prove testimoniali ma, ciò nonostante, il Collegio non ne rinnovava l’escussione.
La Corte di merito, respingendo l’analogo motivo di appello, affermava che, alla luce della sentenza delle Sezioni unite COGNOME, l’eccezione era priva di fondamento.
Solo che i principi fissati da detta sentenza, secondo i ricorrenti, non possono essere condivisi perché in contrasto con il chiaro dettato normativo e perché superati dalla cd riforma Cartabia, che ha introdotto, all’art. 495 cod. proc. pen., il comma 4 bis, che impone la richiesta rinnovazione.
2.2. Con il secondo motivo lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione alla valutazione del compendio probatorio con particolare riguardo all’accertamento delle presunte operazioni inesistenti (in relazione al fallimento RAGIONE_SOCIALE e, quindi, alla posizione di NOME COGNOME).
L’unico documento su cui si fonda tale accertamento è il processo verbale di accertamento della Guardia di finanza del 22 dicembre 2009 posto che neppure il curatore aveva offerto elementi di prova nuovi o diversi.
Non si erano così provati i fatti – le fatturazioni per operazioni inesistenti in ipotesi intercorse fra le società del gruppo RAGIONE_SOCIALE – oltre ogni ragionevole dubbio.
Non si erano tenute in considerazione le obiezioni della difesa circa la rispondenza al vero delle contestate fatturazioni (che venivano riportate, nel ricorso, in nota), così non rispettando il principio di autonomia fra il processo tributario e quello penale.
Determinando anche un’evidente inversione dell’onere della prova.
2.3. Con il terzo motivo denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza, in capo a NOME COGNOME, dell’elemento soggettivo dei delitti di bancarotta al medesimo ascritti (capo A nn. 1 e 3).
L’elemento soggettivo dei reati di bancarotta veniva anch’esso tratto dalla ritenuta frode fiscale, non tenendo conto che il debito verso l’erario era sempre derivato dai presunti accertamenti operati dalla Guardia di finanza.
2.4. Con il quarto motivo deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al preteso ruolo di amministratore di fatto ricoperto da NOME COGNOME nella gestione di srl RAGIONE_SOCIALE.
L’imputato era un dipendente della società RAGIONE_SOCIALE presso la quale era depositata la contabilità della fallita (come di altre società del gruppo) e ne aveva così gestito solo gli aspetti contabili e finanziari. Tanto da essere stato assolto, nel presente giudizio, dalle imputazioni relative a RAGIONE_SOCIALE, non essendo stata raggiunta la prova che ne fosse stato l’amministratore di fatto, pur avendo svolto, per RAGIONE_SOCIALE e per RAGIONE_SOCIALE, le medesime attività.
Vero è che l’amministratore, di RAGIONE_SOCIALE, NOME si era dovuto assentare per gravi ragioni di salute ma, nel periodo successivo in cui effettivamente il ricorrente aveva amministrato la società, l’unica operazione era stata quella di risoluzione dei contratti di affitto di azienda.
Le conversazioni intercettate riferite dal teste COGNOME, poi, non potevano essere utilizzate perché raccolte in un diverso processo, ed erano comunque prive di rilevo probatorio concreto posto che attenevano al periodo di tempo NOME COGNOME aveva dovuto sostituire il COGNOME.
2.5. Con il quinto motivo lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento alla utilizzazione della prova dichiarativa della deposizione dell’operante COGNOME nella parte in cui aveva riferito delle conversazioni intercettate nel diverso procedimento.
La Corte di merito aveva errato nel ritenere che non fosse stata sollevata alcuna censura in ordine alla rilevanza delle conversazioni intercettate in riferimento alla prova del ruolo di amministratore di fatto rivestito dall’imputato in RAGIONE_SOCIALE perché, invece, era stata certamente formulata l’eccezione di inutilizzabilità delle conversazioni intercettate così come introdotte nel processo.
Intercettazioni che, nonostante le affermazioni della Corte, erano state ritenute decisive, quantomeno dal Tribunale.
E che non potevano, invece, essere utilizzate, non essendo stato neppure consentito alla difesa di accedere al loro contenuto originale.
2.6. Con il sesto motivo denunciano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla valutazione del compendio probatorio relativo alla presunta emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di RAGIONE_SOCIALE società che vantava un’operatività reale.
Il compendio probatorio si era sostanziato soltanto nelle emergenze del processo verbale di constatazione del 31 maggio 2016 e solo da esso erano derivati i debiti tributari indicati in imputazione ed i supposti falsi contabili.
Anche in questo caso traslando i risultati del processo tributario in quello penale senza operare alcun autonomo accertamento o valutazione.
2.7. Con il settimo motivo deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo dei delitti contestati al capo B della rubrica.
Anche sotto tale aspetto non si erano confutati gli argomenti della difesa e si era tratto l’elemento soggettivo dei contestati reati dalla supposta prova della frode fiscale.
2.8. Con l’ottavo motivo lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzioNOMErio, alla misura della pena ed al dinego delle circostanze attenuanti generiche.
Si era stigmatizzata la scelta dei prevenuti di difendersi dalle accuse loro mosse in ordine alla frode fiscale loro ascritta, come la giurisprudenza di legittimità non consente, dimenticando anche la loro incensuratezza, la leale collaborazione con gli organi fallimentari e la riduzione delle originarie accuse (con le assoluzioni già pronunciate in prime cure).
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Il difensore dei ricorrenti ha inviato memoria con la quale insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso, eccependo l’intervenuta prescrizione dei reati indicati al capo A della rubrica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il comune ricorso presentato nell’interesse degli imputati non merita accoglimento.
Il primo motivo è privo di concreto fondamento perché, come peraltro si riconosce nel ricorso stesso, con la sentenza n. 41736 del 30/05/2019, COGNOME, le Sezioni unite hanno formulato i seguenti principi di diritto:
“l’intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere sia prove nuove sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione di quelle già assunte dal giudice di originaria composizione, fermi restando i poteri di valutazione del giudice di cui agli artt. 190 e 495 cod. proc. pen. anche con riguardo alla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa”;
“in caso di rinnovazione del dibattimento per mutamento del giudice, il consenso delle parti alla lettura degli atti già assunti dal giudice di originaria composizione non è necessario con riguardo agli esami testimoniali la cui ripetizione non abbia avuto luogo perché non richiesta, non ammessa o non più possibile”;
“la facoltà per le parti di richiedere, in caso di mutamento del giudice, la rinnovazione degli esami testimoniali presuppone la necessaria previa indicazione, da parte delle stesse, dei soggetti da riesaminare nella lista ritualmente depositata di cui all’art. 468 cod. proc. pen.”.
Ciò premesso in diritto, deve rilevarsi come il Tribunale, all’udienza del 25 gennaio 2021, avesse dato atto del mutamento del collegio giudicante, concedendo termine alle difese per indicare le prove di cui si richiedeva la rinnovazione. Rinviando all’udienza dell’Il febbraio 2021 per la decisione sul punto.
Prima dell’udienza, la difesa depositava una memoria con la quale, così come nell’atto di appello e nel presente ricorso, contestando gli approdi ermeneutici della sentenza COGNOME, si chiedeva, in principalità, la rinnovazione dell’intero
compendio dichiarativo, insistendo, in subordine, per il rinnovo dell’escussione del solo teste operante COGNOME, che aveva riferito sugli accertamenti riprodotti nei pv di constatazione della Guardia di finanza.
Il Tribunale prima (e la Corte d’appello, poi, nel respingere il motivo di gravame) consideravano, in applicazione della citata pronuncia delle Sezioni unite, che l’istanza avanzata in principalità andava rigettata per la sua evidente genericità, accogliendo invece la richiesta subordinata, tanto che il teste COGNOME veniva nuovamente escusso in una successiva udienza.
Una decisione, quella dei giudici del merito, che si sottrae alle censure ancora del tutto generiche peraltro – mosse nel primo motivo di ricorso, trovando sicuro fondamento nella pronuncia COGNOME in cui si era esclusa la necessità di una generale e generica rinnovazione del compendio dichiarativo a seguito della mera, e non argomentata, istanza della difesa.
Quanto all’assunta novità normativa – derivante dall’introduzione del comma 4 ter nell’art. 495 cod. proc. pen. ad opera della cd riforma Cartabia – giova ricordare che la stessa nel 2021, quando il Tribunale aveva deciso sul punto, non era stata né approvata né era entrata in vigore ed è principio generale che, in tema di regole del processo, si applicano quelle vigenti al momento del fatto o dell’atto del processo che si intenda censurare.
2. I motivi di ricorso, dal secondo al settimo, tutti spesi sulla dichiarata responsabilità dei prevenuti per i delitti di bancarotta (impropria e documentale) loro rispettivamente ascritti (NOME COGNOME in relazione alla fallita RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME e NOME COGNOME, in ordine alla fallita RAGIONE_SOCIALE, il primo quale amministratore di fatto, il secondo come amministratore di diritto) sono interamente versati in fatto e non tengono così conto dei limiti del sindacato di legittimità che è demandato a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali senza che sia consentita la riconsiderazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, e senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, COGNOME, Rv. 207944; ed ancora: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
2.1. In particolare, quanto al fallimento di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello, aveva riportato nel dettaglio le ragioni per le quali la predetta si era trovata ad essere utilizzata come intermediaria fittizia in una serie di operazioni riguardanti le diverse società, interne o esterne al gruppo RAGIONE_SOCIALE (vd pg. 7 e ss e 17 dell’impugnata sentenza), come del resto doveva attendersi trovandosi la società priva di ogni struttura che le consentisse di effettivamente operare.
Così che certo non poteva affermarsi che la Corte, e prima ancora il Tribunale, avessero fatto esclusivo riferimento alle emergenze del pv di constatazione del 2009, che, peraltro, aveva trovato significativa conferma nell’intentato processo tributario e nelle analisi compiute dagli organi fallimentari al fine di ammettere al passivo l’erario.
Ne deriva così la non manifesta illogicità della sentenza di conferma della condanna per il delitto di bancarotta impropria, a seguito delle riprese (a debito) fiscali derivanti dagli illeciti tributari, rinvenendosi l’elemento soggettivo del reato nella consapevolezza dell’imputato di caricare la società, con la realizzata fittizia interposizione, dei debiti fiscali che ne sarebbero derivati.
La consumazione dei medesimi illeciti ha poi costituito anche la ragione dell’ulteriore addebito, a titolo di bancarotta documentale generica, posto che ne era derivata la falsità ideologica del compendio contabile che doveva così considerarsi tenuto in modo da non consentire la corretta ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita. Falsità certamente voluta e, quindi, concretante appunto il dolo generico richiesto nella contestata seconda ipotesi di cui all’art. 216, comma 1 n. 2, legge fall.
2.2. Non diversamente deve ritenersi per le condotte ascritte a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, sempre a titolo di bancarotta impropria, per avere costoro concorso a determinare il dissesto di RAGIONE_SOCIALE dovuto al mancato pagamento dei debiti sorti con l’erario a seguito dell’inserimento della medesima in un analogo giro di false fatturazioni, attuato (anche in epoca successiva a quanto si era già accertato nel 2009) fra le società interne (con la complicità di alcune esterne) al gruppo societario COGNOME e nuovamente disvelato dalla Guardia di finanza con il pv di constatazione del 2016 (per l’analisi di dettaglio vd le pag. 37 e ss della sentenza del Tribunale, richiamate dal giudice del gravame di merito).
Se, in questo caso, la società interessata, RAGIONE_SOCIALE, non era solo una “cartiera”, ciò non escludeva affatto che la sua intraneità nelle reciproche operazioni di emissione e di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti ne avesse aggravato, con il conseguente ingente debito fiscale imputatole, il dissesto.
Analogamente, per la bancarotta documentale generica, risulta evidente come il consumato illecito fiscale comportasse la falsità ideologica del compendio contabile e la sussistenza del richiesto dolo generico, la consapevolezza di tenere le scritture contabili in guisa da non consentire la corretta ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita.
2.3. Quanto al ruolo di amministratore di fatto nella RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, il quadro probatorio si è formato grazie alle deposizioni rilasciate da chi nella società aveva prestato la sua opera (COGNOME e COGNOME in particolare) che ne avevano riferito l’attività di gestione (anche prima che il coimputato COGNOME, amministratore di diritto della società, se ne allontanasse per problemi di salute), riportando (in particolare il Tribunale) in nota le esatte dichiarazioni.
Così formando un quadro complessivo in cui le conversazioni registrate in altro procedimento e riferite dal teste COGNOME non acquisivano un carattere di decisività sul punto, come non illogicamente aveva ritenuto la Corte distrettuale.
3. L’ottavo motivo, sul trattamento sanzioNOMErio, è inammissibile.
La commisurazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
Né appare manifestamente illogica la motivazione afferente il diniego delle circostanze attenuanti generiche in considerazione della particolare gravità della frode fiscale consumata peraltro reiteratamente.
Quanto alla intervenuta prescrizione dei delitti di bancarotta di cui al capo A, si rileva come, in relazione ai medesimi, sia stata contestata e riconosciuta la circostanza aggravante, ad effetto speciale, di cui all’art. 219, comma 1, legge fall. così che il termine, derivante dall’applicazione degli artt. 157 e 161 cod. pen., è pari ad anni 18 e mesi 9, non ancora decorsi dalla consumazione del reato.
Si aggiunge inoltre che sono state le stesse Sezioni unite, con la sentenza n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, ad affermare che, in tema di disciplina della prescrizione a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19, la sospensione del corso della prescrizione, per il rinvio di un’udienza che si sarebbe dovuta celebrare fra il 9 marzo e 1’11 maggio (compreso) 2020, è sempre pari a giorni 64.
5. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso, in Roma il 13 giugno 2024.