Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5109 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5109 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sui ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a EBOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
LOY
che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
Il Difensore COGNOME NOME del foro di SALERNO ri riporta alle conclusioni del ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 maggio 2023, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di giustizia, avendolo ritenuto responsabile dei reati dì bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta impropria per cagionamento del fallimento per effetto di operazioni dolose, consistite nel mancato versamento dei contributi previdenziali e assicurativi e di tributi erariali per gli anni 2018 e 2019, che gli erano state contestate nella qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 21 luglio 2021.
Nell’interesse dell’imputato l’AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, affidando le proprie censure a due motivi, dì seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale omesso di motivare in ordine alla doglianza prospettata con l’atto di appello, con la quale si deduceva che non era stata acquisita la dimostrazione, né nel corso della procedura fallimentare né nel corso delle indagini preliminari, dell’intervenuta nomina di amministratore. Ribadisce il ricorso che il COGNOME si era trovato ad essere indicato a sua insaputa nel registro delle imprese come amministratore della società, mentre egli aveva solo svolto attività di lavoratore dipendente come carpentiere. La sentenza impugnata si era limitata a valorizzare il dato dell’iscrizione nel registro delle imprese che, come detto, non comprova la circostanza indicata, risultando peraltro necessari determinati atti alla base della iscrizione.
Si aggiunge che l’inadempimento degli obblighi verso lo Stato che aveva provocato il fallimento si era verificato negli anni 2018 e 2019, ossia prima che il COGNOME si trovasse, a sua insaputa, iscritto come amministratore nel registro delle imprese. Né era dato intendere, proprio per tali ragioni, quale vantaggio egli avrebbe tratto sia dalla condotta omissiva relativa alle scritture contabili, sia con riferimento al ricordato inadempimento che ne aveva, al contrario, pregiudicato la posizione contributiva.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per non avere la Corte d’appello escluso la sussistenza della bancarotta fraudolenta documentale, sebbene dalla relazione del curatore emergesse che quest’ultimo era stato comunque in grado di ricostruire il patrimonio della società e il movimento degli affari.
Si contesta, inoltre: a) il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, anche alla luce del fatto che la circostanza
aggravante di cui all’art. 219 I. fall. non era stata contestata; b) il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato lim . atamente al reato di bancarotta impropria per operazioni dolose esso e inammissibile nel resto.
1.1. Il primo motivo nella parte in cui contesta la qualifica di amministratore formale attribuita all’imputato è affetto da genericità intrinseca ed estrinseca. Esso si limita a rappresentare, nuovamente, che il COGNOME non abbia avuto contezza della nomina ad amministratore della società RAGIONE_SOCIALE che sarebbe quindi intervenuta a sua insaputa nel 2020, a ridosso del fallimento, quando oramai l’attività era stata sostanzialmente dismessa. Nel rappresentare tale circostanza peraltro non si esclude la presenza del COGNOME nel tessuto operativo della società, ma si afferma di avere egli – solo – svolto l’attività di carpentiere come lavoratore alle dipendenze di essa. Indi si conclude, apoditticamente, che l’imputato sarebbe stato coinvolto a sua insaputa in un progetto criminoso a lui non riferibile, adducendo a sostegno della tesi la generica prospettazione secondo cui non si comprenderebbe quale possa essere stato il vantaggio conseguito con la ipotizzata condotta illecita addebitata, laddove tale circostanza, solo astrattamente ipotizzata, non afferisce ad un elemento – la mancanza di un interesse – che rientra nella qualificazione del ruolo rivestito, quanto piuttosto ad un aspetto sottostante ad esso non idoneo di per sé a mettere in crisi l’assunzione della carica societaria di amministratore. Del tutto inconferente poi è anche l’ulteriore argomento speso attraverso cui si giunge addirittura a sostenere che a fronte di una mera contestazione della conoscenza della nomina ad amministratore della società da parte di chi risultava invece, quanto meno formalmente, amministratore, sarebbe stato onere dell’accusa dimostrare l’esistenza di un atto di nomina ad amministratore del COGNOME, laddove ciò che rileva sono le risultanze del registro delle imprese dal quale risulta la iscrizione della sua designazione quale amministratore della società nel 2020, iscrizione che ha proprio la funzione di “dichiarare” ai terzi l’intervenuta nomina.
D’altra parte, il ricorrente neppure prospetta di aver sporto denuncia nei confronti di colui che indica come l’effettivo dominus della società – COGNOME NOME al quale i reati sono contestati in concorso – al quale implicitamente imputa le falsità che indirettamente assume essere intervenute a suo danno, facendo risultare ciò che non era, né prospetta di avere fatto valere le cause di invalidità della nomina che parimenti, implicitamente, adduce.
Ed invero, premesso che alla società a responsabilità limitata semplificata, quale è la società fallita – che trova il principale riferimento normativo nel!’ art. 2463bis del Codice Civile, aggiunto ad opera dell’art. 3 del Decreto Legge 24 gennaio 2012 n° 1 convertito con modificazioni nella Legge 24 marzo 2012 n. 27 – si applicano, per quanto qui rileva, le medesime disposizioni civilistiche previste per la società a responsabilità ordinaria, si deve considerare che, ai sensi dell’art. 2475, comma 2, c.c. che rimanda all’art. 2383 c.c., entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina (e non dalla loro accettazione) , gli amministratori devono chiederne l’iscrizione nel registro delle imprese , indicando per ciascuno di essi il cognome ed il nome, il luogo e data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali di essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando se disgiuntamente o congiuntamente. E se gli amministratori omettono di chiedere l’iscrizione, essi sono assoggettati individualmente alle sanzioni amministrative previste dal comma 1 dell’art. 2194 c.c. (nel caso della RAGIONE_SOCIALE l’amministratore).
L’incombenza dell’iscrizione della nomina competeva dunque al COGNOME, che peraltro non ha specificamente eccepito che essa fosse stata effettuata da altri, ma solo, genericamente, di non essere stato a conoscenza della nomina; ma un tale assunto presuppone che l’iscrizione sia avvenuta sulla base di atti falsi e/o nulli, rispetto ai quali, tuttavia, non risulta intervenuta alcuna reazione da parte dell’imputato ovvero di chi sarebbe stato così gravemente leso a sua insaputa né una denuncia nè un’ impugnazione – una volta scoperto ciò che era accaduto. Consegue che la tesi difensiva che si limita a contestare genericamente la conoscenza della intervenuta nomina, sebbene essa risulti iscritta nei registro delle imprese, rimane – come adeguatamente già ritenuto dai giudici di merito del tutto apodittica ed inconferente al fine difensivo perseguito.
1.1.1.Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, il motivo in scrutinio si limita a contestarla assumendo l’insussistenza, da un lato, del dolo specifico, e, dall’altro, del fatto. Si rappresenta che il curatore aveva accertato che durante il periodo della presunta gestione dell’imputato, peraltro coincidente con la fase della piena emergenza Covid con sospensione di ogni attività, nessun lavoro era stato svolto dalla società fallita, per cui nessuna scrittura contabile era stata tenuta o formata dall’imputato da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, e che il curatore, in ogni caso, pur in assenza di qualsivoglia scrittura, aveva ricostruito il patrimonio e il movimento degli affari della società come ricavabile dalla relazione ex art. 33 1.f.
Trattasi di aspetti che hanno trovato già adeguata risposta nelle pronunce di primo e secondo grado, che hanno in particolare posto in evidenza – a suffragio della sussistenza del dolo specifico il cui fine non necessariamente deve
consistere in un vantaggio/profitto per l’agente, ben potendo esso, secondo la stessa previsione normativa di cui all’art. 216 n. 2, prima parte, I.f. anche risiedere nel recare pregiudizio ai creditori – come la mancanza riguardasse tutte le scritture contabili e l’imputato si fosse reso irreperibile al curatore che invano aveva tentato di convocarlo, più volte, a mezzo P.e.c. e raccomandata A/R; e che piena dovesse ritenersi la consapevolezza da parte dell’imputato dello stato di decozione in cui versava la società, essendo stato egli indicato, nella stessa impostazione difensiva, non già come soggetto del tutto estraneo alle vicende societarie, ma come lavoratore che aveva operato alle dipendenze della fallita ed era stato quindi, comunque, presente nel contesto dell’attività societaria. D’altra parte, in ricorso si rappresenta, tra l’altro, che le inadempienze societarie aventi ad oggetto soprattutto debiti verso enti pubblici – erano ricadute sullo stesso COGNOME che non aveva visto pagati í contributi previdenziali in suo favore, circostanza questa che rende palese la conoscenza da parte dello stesso della situazione di insolvenza in cui versava al società; circostanza questa del mancato adempimento degli obblighi previdenziali, che, per altro verso, non vale di per sé a dimostrare la mancanza di interesse del COGNOME a compiere le attività illecite addebitategli alle quali potrebbe aver partecipato proprio per perseguire – sia pure diversamente – í propri interessi economici.
Manifestamente infondati sono poi gli argomenti che fanno leva sulla cessazione dell’attività e sulla circostanza secondo cui il curatore avrebbe comunque ricostruito le vicende societari. Ed invero, quanto al primo si osserva che la ricostruzione “aliunde” della documentazione non esclude la bancarotta fraudolenta documentale, atteso che la necessità di acquisire presso terzi la documentazione costituisce la riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari della società (Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014 Ud. (dep. 21/01/2015), Rv. 262588 – 01), laddove peraltro nel caso di specie si verte nella fattispecie dell’omessa tenuta/consegna di tutti i documenti contabili, sostenuta da dolo specifico, come ricostruito sulla base di elementi convergenti nelle conformi pronunce di primo e secondo grado. Quanto al secondo argomento posto dalla difesa, va ricordato che l’obbligo di tenere le scritture contabili viene meno solo quando la cessazione dell’attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, e che integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale l’omessa tenuta della contabilità anche se relativa alla fase finale della vita dell’impresa, e nonostante vi sia stata la consegna di tutta la documentazione al curatore, non potendo trasferirsi su quest’ultimo l’obbligo gravante ex lege sull’amministratore (Sez. 5, Sentenza n.
39808 del 23/09/2022, Rv. 283801 – 01); laddove nel caso di specie, come detto, non risulta depositato alcun documento contabile neppure in relazione
periodo antecedente all’amministrazione del ricorrente.
1.2. Fondato è invece il secondo motivo, per la ragione assorbente che l operazioni dolose consistenti nel mancato versamento dei contributi previdenzial ed assicurativi, e dei tributi erariali sembrano riferibili unicamente agli anni e 2019, secondo l’impostazione difensiva, ovvero al periodo in c amministratore della società era il socio unico NOME COGNOME.
Ne discende che la sentenza merita di essere annullata con rinvio alla Corte Appello di Napoli limitatamente al reato di bancarotta impropria per operazion dolose, trattandosi di valutazione di merito non effettuabile nella presente s assorbite le questioni sul trattamento sanzionatorio; mentre nel resto il ric per tutto quanto sopra osservato, deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di bancarotta impropria per operazioni dolose e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte d’appello Napoli. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 7/12/2023.