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Bancarotta impropria: anche aggravare il dissesto è reato

La Cassazione annulla una sentenza di assoluzione per bancarotta impropria. Anche se un’operazione dolosa non causa da sola il fallimento, è sufficiente che abbia aggravato un dissesto già esistente. L’omessa riscossione di crediti rilevanti, pur non ‘preponderante’, costituisce nesso causale.

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Bancarotta Impropria: L’Aggravamento del Dissesto è Sufficiente per la Responsabilità

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 15852/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale fallimentare: il nesso di causalità nel reato di bancarotta impropria da operazioni dolose. La decisione chiarisce che per integrare il reato non è necessario che la condotta dell’amministratore sia la causa unica o principale del fallimento; è sufficiente che abbia contribuito ad aggravare un dissesto già in atto.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda l’amministratore di una società a responsabilità limitata, operante nel settore immobiliare, accusato di bancarotta impropria. L’accusa specifica verteva sull’omessa riscossione di canoni di locazione per un importo di circa 67.000 euro, dovuti da un’altra società riconducibile allo stesso imputato.

La Corte d’Appello aveva assolto l’amministratore dall’accusa specifica perché il fatto non sussiste, ritenendo che mancasse un nesso causale diretto tra l’omissione e il fallimento della società. Secondo i giudici di secondo grado, la mancata riscossione di 67.000 euro non poteva essere considerata una causa ‘preponderante’ del dissesto, a fronte di un passivo fallimentare accertato di oltre 1.260.000 euro. La curatela del fallimento, in qualità di parte civile, ha proposto ricorso per cassazione avverso tale decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della parte civile, annullando la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili e rinviando la causa al giudice civile competente per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno ritenuto errata e apodittica la valutazione della Corte d’Appello sul nesso di causalità.

Le motivazioni: il nesso causale nella bancarotta impropria

Il cuore della motivazione risiede nella corretta interpretazione del nesso causale nel reato di bancarotta impropria. La Cassazione ribadisce un principio fondamentale, basato sull’art. 41 del codice penale (concorso di cause): la preesistenza di una causa di per sé sufficiente a produrre l’evento (in questo caso, un dissesto già in atto) non esclude il rapporto di causalità rispetto a una condotta successiva che, pur non essendo la causa principale, ha contribuito all’evento stesso.

In altre parole, non è necessario che le operazioni dolose abbiano cagionato il dissesto dal nulla. È penalmente rilevante anche la condotta che abbia semplicemente concorso a cagionarlo, aggravando una situazione di crisi preesistente. La Corte territoriale ha commesso un errore nel richiedere che il contributo causale della condotta fosse ‘preponderante’. Questo requisito non è previsto dalla norma.

L’omessa riscossione di crediti per quasi 70.000 euro rappresenta una diminuzione oggettiva e non irrilevante del patrimonio sociale. La Corte d’Appello avrebbe dovuto motivare in modo specifico perché una tale condotta non avesse contribuito, anche solo in minima parte, ad aggravare il dissesto e a determinare la definitiva insolvenza, anziché escludere la causalità basandosi su un mero confronto quantitativo con il passivo totale.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

La sentenza ha importanti implicazioni pratiche per gli amministratori di società in crisi. Essi non possono giustificare operazioni dannose per la società sostenendo che questa fosse già destinata al fallimento. Qualsiasi atto doloso che peggiori la situazione finanziaria, anche se non ne è la causa scatenante, può integrare gli estremi del reato di bancarotta impropria. La decisione rafforza la tutela dei creditori, sottolineando come ogni singola azione che depaupera il patrimonio sociale in un contesto di crisi sia potenzialmente idonea a fondare una responsabilità penale e civile per l’amministratore.

Per configurare la bancarotta impropria, l’operazione dolosa deve essere l’unica causa del fallimento?
No, secondo la sentenza, non è necessario che la condotta sia l’unica causa. È sufficiente che abbia concorso a cagionare il dissesto, anche solo aggravando una situazione di crisi preesistente.

Se una società è già in dissesto, l’amministratore è esente da responsabilità per operazioni che peggiorano ulteriormente la situazione?
No. La preesistenza di una causa di dissesto non esclude la responsabilità dell’amministratore. In base al principio del concorso causale, anche una condotta che si limita ad aggravare il dissesto è giuridicamente rilevante per la configurazione del reato.

L’impatto economico dell’operazione dolosa deve essere ‘preponderante’ rispetto al passivo totale per essere rilevante ai fini della bancarotta impropria?
No, la Corte di Cassazione ha specificato che il requisito della ‘preponderanza’ del contributo causale non è richiesto dalla norma. Anche una diminuzione dell’attivo oggettiva e non irrilevante può essere sufficiente a stabilire il nesso di causalità con il fallimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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