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Bancarotta: il concorso del socio extraneus

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un imprenditore e della socia, sua coniuge. La sentenza chiarisce i presupposti per il concorso del socio extraneus nel reato, ritenendo sufficiente la consapevole partecipazione alle condotte distrattive e di occultamento, anche senza un ruolo formale di amministratore. Rigettati tutti i motivi di ricorso, inclusi quelli procedurali e quelli relativi alla quantificazione del danno e alla concessione delle attenuanti.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Quando il Socio Risponde in Concorso?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale V, n. 2503/2024, offre un’analisi dettagliata sulla responsabilità penale nei reati fallimentari, con un focus particolare sulla figura del concorso del socio extraneus. La pronuncia chiarisce come anche un socio privo di poteri di gestione possa essere chiamato a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta se partecipa attivamente alle condotte illecite dell’amministratore. Esaminiamo i fatti e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti: Distrazione di Beni e Occultamento di Scritture

Il caso riguarda due imputati, un imprenditore e la sua coniuge, entrambi soci di una società di persone operante nel settore del legno, dichiarata fallita. Secondo l’accusa, l’imprenditore, in qualità di socio accomandatario, aveva sottratto beni strumentali di ingente valore dal patrimonio sociale e occultato le scritture contabili per rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. La coniuge, socia accomandante, era accusata di aver concorso in tali condotte.

La Corte di Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità di entrambi per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, rideterminando la pena per l’imprenditore a seguito della prescrizione di un reato minore. Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato diversi motivi di ricorso, tra cui:

1. Questioni procedurali: La presunta violazione delle norme sul concordato in appello.
2. Bancarotta documentale: L’errata valutazione della disponibilità delle scritture contabili.
3. Aggravante del danno patrimoniale: La contestazione sulla quantificazione del danno di rilevante gravità.
4. Mancato riconoscimento delle attenuanti: Per l’imprenditore, la doglianza sul diniego delle attenuanti generiche.
5. Correlazione tra accusa e sentenza: Per la socia, la violazione del principio secondo cui non si può essere condannati per un fatto diverso da quello contestato, sostenendo di essere stata condannata come concorrente esterna (extraneus) pur essendo stata imputata come socia.

Analisi del concorso del socio extraneus

Il punto più interessante della sentenza riguarda la posizione della socia. La difesa sosteneva che la sua condanna come concorrente extraneus nel reato commesso dal marito costituisse una modifica non consentita dell’imputazione originaria. La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, allineandosi a un orientamento consolidato.

Secondo i giudici, la responsabilità per i reati fallimentari di un socio accomandante può configurarsi non solo ai sensi dell’art. 222 della legge fallimentare (per atti di gestione), ma anche secondo le regole generali del concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.). In questo caso, il socio risponde come extraneus, ovvero come soggetto esterno che fornisce un contributo causale alla realizzazione del reato proprio dell’amministratore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi infondati, fornendo motivazioni dettagliate su ciascun punto. In particolare, per quanto riguarda il concorso del socio extraneus, la Corte ha ritenuto che la condotta della socia fosse stata correttamente inquadrata. Le prove raccolte avevano dimostrato il suo pieno coinvolgimento:

* Era a conoscenza della situazione finanziaria critica della società.
* Aveva consentito di occultare documenti contabili e beni aziendali presso la sua residenza e la sede di una nuova società di cui era procuratrice.
* Era cointestataria di conti correnti utilizzati per le operazioni aziendali.
* Partecipava direttamente all’attività sociale, come confermato da testimonianze.

Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano una partecipazione volontaria e attiva al depauperamento del patrimonio sociale, integrando un contributo causalmente rilevante al reato commesso dal marito. La riqualificazione giuridica della sua condotta da parte dei giudici di merito non ha modificato il fatto storico contestato, ma ne ha solo specificato la natura giuridica, senza ledere il diritto di difesa. La Corte ha inoltre confermato la corretta valutazione dell’aggravante del danno patrimoniale, specificando che va calcolato al momento della dichiarazione di fallimento, e ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche all’imprenditore a causa della gravità dei fatti e del suo atteggiamento poco collaborativo.

Conclusioni

La sentenza n. 2503/2024 ribadisce un principio fondamentale in materia di reati fallimentari: la responsabilità penale non si ferma ai soli amministratori. Anche un socio senza poteri formali di gestione può essere condannato per bancarotta fraudolenta se, con la sua condotta, fornisce un contributo consapevole e determinante alla commissione del reato. Questa decisione sottolinea l’importanza di analizzare il ruolo effettivo svolto da ciascun soggetto all’interno della compagine sociale, al di là delle qualifiche formali, per accertare la piena responsabilità penale nelle crisi d’impresa.

Un socio senza poteri di amministrazione può essere condannato per bancarotta fraudolenta?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che un socio, anche se non amministratore, può essere condannato per concorso nel reato di bancarotta fraudolenta (come ‘extraneus’) se partecipa consapevolmente e attivamente alle condotte illecite, come l’occultamento di beni o documenti contabili, contribuendo così al danno per i creditori.

Modificare la qualifica giuridica di un imputato da ‘socio’ a ‘concorrente extraneus’ viola il suo diritto di difesa?
No. Secondo la sentenza, finché il fatto storico contestato rimane invariato, il giudice può attribuirgli una diversa qualificazione giuridica. Nel caso specifico, condannare la socia come concorrente esterna anziché come autrice diretta non costituisce una modifica sostanziale dell’accusa che possa pregiudicare la difesa.

Come si calcola l’aggravante del danno di rilevante gravità nella bancarotta?
Il danno patrimoniale va valutato con riferimento alla diminuzione della massa attiva disponibile per i creditori al momento della dichiarazione di fallimento. Gli eventuali recuperi di beni successivi a tale momento sono considerati ‘post factum’ e non rilevano per escludere o ridurre la gravità del danno già prodotto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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